Giustizia e anno 2000: è
veramente colpa del bug?
di Andrea Monti - 06.01.2000
Il problema della gestione del cambio di data dal
31 dicembre 1999 al 1 gennaio 2000 (che, giova ripeterlo, è l'ultimo anno del
XX secolo e non il primo del XXI) non è stato un flop come molti si sono
affrettati a sostenere, specie per quanto riguarda la gestione di quella che si
trasformerà in RUG (Rete Unitaria della Giustizia).
Nell'indifferenza pressoché totale, alcuni
uffici giudiziari (almeno di tre, Napoli, Venezia e Pescara, si ha notizia
certa) hanno avuto problemi con il cambio di data, affrontati solo con la buona
volontà degli operatori e i "vecchi sistemi" manuali. Addirittura
sembrerebbe che i guai dipendano da software usati all'insaputa dell'amministrazione
centrale, il che evidenzia da un lato l'insufficienza del "patrimonio
informatico" centrale (che spinge gli operatori a "fare da sé"),
dall'altro il fatto che chiunque è libero di usare programmi di qualsiasi
tipo all'insaputa dei responsabili gerarchici.
Tutto questo è molto grave ed evidenzia netti
ritardi nell'adeguamento dei sistemi del Ministero della giustizia. Ma anche
stavolta si è manifestato l'effetto "anestetico" dell'informazione
superficiale e la responsabilità dell'accaduto (o di quello che poteva
accadere) è stata scaricata sul "baco". Il malefico animale che
sarebbe sfuggito a tutti gli insetticidi elettronici, annidandosi dentro le
macchine che - absit iniuria verbis - "fanno funzionare" la
giustizia italiana.
Proviamo a guardare le cose da una prospettiva
meno romanzesca e vediamo cosa succede:
1 - il "baco" non è un virus o un corpo estraneo, ma una scelta di
programmazione certificata e approvata da sviluppatori e clienti, almeno da vent'anni;
2 - l'industria dell'ICT, per i motivi più disparati, dalla pigrizia alla
malafede, non ha corretto i propri prodotti;
3 - la PA ha continuato ad acquistare software e apparati "viziati"
o comunque non rispondenti pienamente allo scopo;
4 - nessun controllo relativo alla conformità Y2K è stato esercitato su
queste spese;
5 - l'AIPA, che pure aveva avvertito con anticipo dei potenziali problemi,
è stata vox clamantis in deserto;
6 - il Comitato Anno 2000 è stato istituito con clamoroso ritardo rispetto
ad altri Paesi;
7 - idem dicasi per l'inizio dei lavori;
8 - non è comunque oggettivamente pensabile che in così poco tempo siano stati
risolti tutti i problemi.
Mi viene in mente che ci sarebbe da lavorare ad
esempio per il Garante dei dati personali, il quale potrebbe domandarsi come sia
stato possibile che soggetti pubblici abbiano effettuati dei trattamenti senza
garantire la sicurezza e l'integrità dei dati. Oppure per la Corte dei conti,
che potrebbe chiedere conto - passatemi il gioco di parole - delle somme
spese per software viziati e per il loro adeguamento, e forse anche per la
magistratura ordinaria, che potrebbe interrogarsi sul come mai punti nevralgici
della Pubblica Amministrazione siano stati dotati di apparati oggettivamente
malfunzionanti.
Non so dire se in questa situazione prevalgano le
responsabilità politiche o quelle giuridiche, fatto sta che come si dice dalle
mie parti, "passata la festa, gabbato il Santo".
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