di Giancarlo Livraghi* - 13
giugno 2001
Il "fatto del giorno" è l'incredibile intrico di errori e di
difficoltà procedurali in cui si arenano alcuni processi derivanti dalla tanto
conclamata indagine di un procuratore di Torre Annunziata che l'anno scorso
aveva avuto una spropositata, quanto male informata, eco sui grandi mezzi di
informazione. Ma prima di parlare degli errori commessi dall'accusa in quei
processi è necessario fare "un passo indietro" e osservare, ancora
una volta, il panorama generale.
La "crociata" scatenata contro l'internet nel settembre 2000 è
palesemente un fiasco, come lo era stata quella, altrettanto strombazzata, di
due anni prima. Non è difficile saperlo, perché è evidente che se avessero
ottenuto qualche risultato rilevante (cioè fossero riusciti davvero a risalire
alle fonti di maltrattamento e sfruttamento di bambini e di adolescenti) i
protagonisti di queste discutibili iniziative, assetati come sono di
visibilità, non avrebbero mancato di scatenare un'altra ondata di clamore.
Invece... nulla.
Intanto qualcun altro indaga su problemi più seri e reali. È triste che ci
siano voluti diciassette anni per individuare e incriminare un circolo di
malfattori a Roma. Ma almeno (se dobbiamo credere a ciò che dicono i giornali)
questa volta si è andati a incidere davvero là dove c'è davvero il
problema: nelle famiglie, negli ambiti locali, nelle comunità più
pericolosamente vicine alle vittime. Sarebbe desiderabile che indagini analoghe
andassero finalmente a scoprire i nodi che si annidano, purtroppo, in molte
altre parti del territorio.
Intanto non mancano personaggi politici e altre voci cosiddette
"autorevoli" che perfino in circostanze come queste tirano in ballo,
totalmente a sproposito, l'internet. Ovviamente con mire e obiettivi che nulla
hanno a che fare con la "tutela dei minori" - facile e perverso
pretesto per proporre, ancora una volta, censure e controlli sulla libertà
della rete.
Sono poche le notizie precise sulle indagini a proposito di
"pedofilia" online, ma è evidente che (ancora una volta) si sono
tradotte in allucinanti persecuzioni di persone innocenti o tutt'al più
responsabili di qualche imprudenza nell'accedere a siti che sarebbe stato
meglio evitare. Fra l'altro una stortura incredibile in questa situazione è
che spesso si tratta di "siti civetta" costruiti ad hoc... di
cui almeno uno organizzato dalla Microsoft, che a quanto pare non perde
occasioni per rendere la vita difficile agli italiani in rete (e probabilmente
non si rende conto delle complicazioni cui andrebbe incontro se fosse chiamata a
rispondere delle conseguenze del suo operato).
La "ciliegina sulla torta" in questo quadro, comunque allucinante,
è l'incompetenza dimostrata dalla Procura di Torre Annunziata in sede
processuale. Un caso, di cui ho la fortuna di conoscere i dettagli, è
"esemplare". Per ovvi motivi di privacy non so chi sia l'imputato
né quale sia la sua situazione (potrebbe essere innocente o colpevole di
violazioni "minori" - è questo, per quanto ci è dato sapere, il
caso della maggioranza delle persone "incriminate" in questa
indagine). Mai fatti sostanziali sono questi.
Sono stati sequestrati (con una procedura in sé ingiustificata e abusiva)
alcuni computer in cui non risulta, allo stato degli atti, che si sia trovato
alcunché di rilevante per l'indagine. Sono passati sette mesi prima che i
giudice disponesse di dissequestro.
Il PM chiede un'udienza preliminare; un adempimento previsto per reati
"gravi" ma non applicabile nel caso specifico (che è di competenza
del "giudice monocratico"). Di conseguenza il giudice restituisce gli
atti al PM e non dà seguito al dibattimento.
Il PM "riprende le carte" e procede a fissare direttamente l'udienza
per il processo ma omette alcune formalità d'obbligo e così ne rende
impossibile la "celebrazione".
Senza entrare nei dettagli... la sostanza è che per errori di procedura e di
merito il processo si allunga a tal punto che si rischia la prescrizione.
Cosicché se l'imputato fosse colpevole resterebbe impunito, se fosse
innocente si prolungherebbe inutilmente l'agonia derivante da accuse infamanti
quanto infondate. E tutto ciò non per manovre o cavilli della difesa, ma per il
modo improprio in cui la procedura è impostata dall'accusa.
Insomma... gli "eroi" tanto elogiati dalla televisione e dai
giornali non solo hanno impostato male tutta l'indagine (come spiegato in vari
articoli pubblicati all'epoca) ma hanno trascurato anche le più elementari
prescrizioni di metodo e di procedura. Credo che ogni commento sia superfluo
sull'ennesima dimostrazione di quanto si sia badato alle luci della ribalta e
quanto poco alla sostanza - compresa quella "tutela dei minori" che
queste sciagurate campagne di persecuzione dell'internet non hanno in alcun
modo contribuito a realizzare.