Presidente, e la società
dell'informazione?
di Manlio Cammarata - 28.04.2000
Questo numero di InterLex esce con un giorno
di ritardo rispetto alla data di copertina, a causa di un problema tecnico che
fra il 26 e il 27 ha fatto sparire per diverse ore il dominio interlex.it da
molti Domain Name Server. Forse anche l'hardware e il software della Rete
protestano contro la proposta legislativa che riguarda appunto la registrazione
dei nomi a dominio...
Scherzi a parte, il ritardo consente di aggiornare tempestivamente le note
sull'esordio del Governo Amato, per quanto riguarda il campo che ci interessa.
Il programma che il nuovo Presidente del
Consiglio dei Ministri ha presentato al Parlamento - tempestivamente pubblicato
sul sito di Palazzo Chigi - non contiene una sola parola sulla società
dell'informazione e sullo sviluppo della nuova economia. Eppure, in qualche
intervista rilasciata prima della nomina, Giuliano Amato aveva indicato la
questione come fondamentale per la crescita del Paese e per creare nuovi posti
di lavoro.
Non può essere una semplice dimenticanza. Le ragioni di questa strana omissione
risiedono probabilmente nelle misteriose ragioni della politica e quindi
sfuggono alle nostre indagini. Però ci piacerebbe sapere che cosa si intende
fare per mettere l'Italia al passo con gli altri paesi industrializzati nello
sviluppo dell'internet. Non è concepibile un completo disinteresse, anche
perché il Presidente più di una volta ha dato chiari segnali di
attenzione a questa materia e ha anche formulato proposte non peregrine.
Può essere utile considerare alcuni fatti degli
ultimi giorni. Quando si è messo al lavoro per formare il nuovo Governo, Amato
ha detto ai segretari dei partiti: "Mandatemi via e-mail le vostre
proposte". Sarebbe stato bello se avesse aggiunto: "Chi non è capace,
non entra nella lista"...
Non è difficile immaginare lo sgomento che deve essersi diffuso in molte stanze
del potere. E-mail? Mah, deve essere quella cosa di Internet... Cercate qualcuno
pratico, i ragazzi sono in vacanza...
E mentre i politici cercavano di venire a capo
del POP3 e dello SMTP, rispuntavano quelli di Puntoit
a reclamare un ministro per l'internet, da invitare a cena.
Difficile immaginare una proposta meno opportuna, sia per l'esigenza di
diminuire, anziché aumentare il numero dei segretari di Stato, sia perché
l'altra volta gli hanno dato un sottosegretario che ha combinato abbastanza guai
da far passare a chiunque la voglia di avanzare richieste del genere. Meno male
che la lista finale dei ministri e dei sottosegretari non contempla alcuna
carica in funzione dell'internet (o dell'innovazione tecnologica, o qualsiasi
altra definizione equivalente), sicché si può tirare un respiro per lo
scampato pericolo.
D'altra parte i possibili convitati ministeriali
ai banchetti dell'internet non sono pochi. Ci sarebbe il Ministro delle
comunicazioni, che nel precedente governo per la Rete non ha fatto nulla e (per
questo?) è stato confermato alla guida della diocesi. Poi si dovrebbe invitare
il Ministro dell'università e della ricerca, dal quale dipendono, fra l'altro,
il CNR e quindi lo IAT, con tutti i problemi della registrazione dei domini .it.
Andrebbe invitato anche il Ministro della pubblica istruzione, che si spera
segua le orme del suo predecessore, per quanto riguarda l'introduzione delle
tecnologie nella scuola. Si dovrebbe aggiungere la Ministra dei beni culturali,
anche lei confermata, non avendo fatto nulla per l'internet nel precedente
Gabinetto. Non è finita: dovrebbe essere più che interessato allo sviluppo
della rete anche il Ministro del lavoro, viste le opportunità offerte dalla new
economy, mentre il Ministro delle finanze avrebbe molto da dire, dato che il
suo predecessore è stato il più attivo nello sviluppo della Rete (guarda caso,
il settore più avanti degli altri è proprio quello delle tasse). Senza
dimenticare che ha voce in capitolo anche il Ministro della funzione
pubblica, impegnato con la Rete unitaria della pubblica amministrazione...
Si potrebbe andare avanti con la lista, tra il
serio e il faceto, per concludere che l'intero Governo ha buone ragioni per
occuparsi dello sviluppo della società dell'informazione, in tutti i suoi
aspetti: dalle condizioni dell'accesso alla Rete ai contenuti, dal commercio
elettronico all'istruzione a distanza, dalla formazione dei tecnici al
telelavoro.
Con una buona dose di ottimismo, si potrebbe dire
che l'assenza di indicazioni sulla società dell'informazione nel discorso
programmatico dipende semplicemente dal fatto che la questione è talmente
scontata che non vale la pena di dibatterne in Parlamento. Ma, nel dubbio, il
Presidente del Consiglio potrebbe dare qualche segnale rassicurante.
Per esempio, potrebbe chiamare qualcuno pratico dell'internet per mettere
in ordine il Web della Presidenza, affinché collegarsi a www.palazzochigi.it
non sia la stessa cosa che andare di persona nel palazzo medesimo. Sarebbe un
segnale molto importante, che dovrebbe essere valutato dai responsabili di molti
altri siti della pubblica amministrazione.
Poi sarebbe bello se mettesse in prima pagina un bel mailto:amato@palazzochigi.it,
e poi via via tutti gli indirizzi e-mail dei ministri.
Lo sappiamo bene che non sarebbero loro ad aprire
la posta e a leggere i messaggi, ma le rispettive segreterie. Però la voce
della Rete - che è sempre di più la voce della gente - arriverebbe comunque ai
Palazzi, nel modo più semplice e diretto, fino a diventare una cosa
normale. Dovrebbero arrivare delle risposte, magari all'inizio evasive e
burocratiche. Ma prima o poi il dialogo on-line costringerebbe gli uffici a
cambiare la "prassi" dei rapporti con i cittadini e renderebbe tutti i
ministri veramente "competenti" in materia di internet: un
investimento a costo zero, ma con possibili ritorni di eccezionale valore.
Non servono leggi, non servono comitati o fabbriche di chiacchiere, che
elaborino piani d'azione che non possono neanche essere pubblicati, perché i
ritmi ai quali vengono elaborati sono più lenti di quelli della naturale
evoluzione della realtà.
Forse non servono neanche dichiarazioni
programmatiche. Servono azioni concrete e immediate, affinché la società
dell'informazione, la nuova economia e lo sviluppo sociale che può essere
generato dalla diffusione delle tecnologie dell'informazione non diventino un
malinconico elenco di occasioni perdute. |