(da Punto Informatico del 17 marzo 2008)
Roma - Lo dico senza acrimonia. Fino a qualche anno fa molti danni allo
sviluppo della rete Internet in Italia sono stati prodotti dai giornalisti. Lo
devo aver scritto mille volte del resto, non è una novità. C'è stato un lungo
periodo di transizione, a cavallo della fine degli anni novanta, durante il
quale alla grande maggioranza dei soggetti deputati alla divulgazione
informativa mancavano le competenze minime per spiegare Internet ai propri
lettori e poiché scrivere si doveva scrivere e Internet era percepita
diffusamente (come sempre avviene quando ci si trova di fronte ad uno scenario
nuovo) come qualcosa di incerto e pericoloso, i risultati in termini di
informazione sono stati per lungo tempo discretamente disastrosi. Per un certo
numero di anni ogni articolo di stampa che si occupava di Internet trattava
invariabilmente dei rischi legati all'accesso telematico per grandi e
(soprattutto) piccini e di poco d'altro. Mai o quasi mai simili pezzi
giornalistici servivano a sottolineare i grandi vantaggi per tutti legati alle
nuove frontiere della comunicazione elettronica.
Ora i tempi sono un po' cambiati e fortunatamente il racconto da parte dei
media di cosa sia, come funzioni, quali vantaggi porti e quali pericoli sottenda
Internet, si è andato in buona parte normalizzando.
Oggi le tematiche della rete riempiono le pagine economiche e quelle
culturali dei giornali di tutto il mondo ed anche di quelli italiani, invadono
la comunicazione politica e quella istituzionale, disegnano nuove complesse
mappe sociali che riguardano i giovani ma anche gli adulti, gli adolescenti come
gli anziani. Internet sta insomma, almeno in questo, cambiando il mondo.
Eppure mentre i giornalisti iniziano a riprendere possesso delle loro
prerogative, stiamo assistendo ad un effetto paradosso, anch'esso tipicamente
italiano: la demonizzazione della rete, dal campo giornalistico (dove certo
rimangono a cantarla alcuni soggetti di spicco come Bruno Vespa), si è
trasferita a quello comunicativo in senso lato. Oggi in Italia esistono decine
di soggetti differenti (sociologi, educatori, criminologi, sacerdoti,
psichiatri) che si sono rapidamente sostituiti ai giornalisti nel sostenere e
diffondere una idea della rete esclusivamente deteriore e pericolosa.
Si tratta di un fenomeno tanto imbarazzante quanto legittimo, animato da una
pletora di personaggi differenti, capaci di generare attenzione attraverso
alcuni meccanismi peculiari della emersione mediatica in questo paese, vale a
dire la contiguità politica e l'associazionismo. Nascono come funghi Fondazioni
e Onlus non meglio definite che si dedicano alla tutela dei minori e ad altre
tematiche sensibili. Associazioni tutte uguali, con molti presidenti e pochi
iscritti, capaci di perforare la calotta mediatica a colpi di convegni e
comunicati stampa sulle tematiche più vicine alle nostre corde di adulti e
genitori. Si moltiplicano le consulenze a ministri e politici vari da parte di
soggetti dalle dubbie competenze tecnologiche, novelli esperti di tematiche che
fino a ieri nessuno considerava, forti di una docenza universitaria qualsiasi,
un libro pubblicato, una comparsata televisiva a far da curriculum.
Sulla scia di personaggi come il celebre Don Fortunato di Noto, sacerdote
siciliano dedito da anni alla lotta mondiale alla pedopornografia su Internet, a
suo tempo nominato consulente dal Ministro delle Comunicazioni Gasparri, una
moltitudine di soggetti differenti sgomita oggi sui media e nei talk show per
raccontarci una rete Internet pericolosa e angosciante, fatta di adescatori e
pedofili, minorenni ridotti in dipendenza da foto porno e giochi online ed
adulti malevoli in agguato dietro ad ogni router, agitati da ogni sorta di
imprevedibile perversione.
Qualche giorno fa un gruppo di questi "esperti" (non vale la pena
nemmeno citarne i nomi, sono più o meno sempre gli stessi che si rincorrono di
evento in evento) ha partecipato a Roma all'ennesimo convegno dal titolo
Dignità e diritti dei minori: rischi e abusi su internet durante il quale,
all'unanimità - come ci informa l'Agenzia Ansa - è stato chiesto al prossimo
governo di approntare una legge che consenta l'accesso a Internet solo dopo
l'acquisizione di una licenza.
Non ci sarebbero nemmeno troppi commenti da fare se non fossimo il paese che
siamo. Passata la sbornia dei giornalisti digiuni di Internet ora ci tocca
quella degli educatori monocolore e degli accademici dell'Università di
Vattelapesca, dei Professor Tersilli che ti guariscono dalla dipendenza da
Internet o dei genitori con la G maiuscola, svegliatisi una mattina con chiaro
in testa il compito di rappresentare, loro stessi, senza ulteriori barbose
investiture, tutti i genitori del mondo, meglio se attraverso opportuni
interventi in TV della loro nuova Fondazione patrocinata dalla Presidenza del
Consiglio. Comunicatori "fai da te" che trovano nei media e nella loro
annosa tendenza a dar eco a qualsiasi notizia, anche la più improbabile, a
patto che sia enfatica e in grado di colpire il lettore, un utile acceleratore
alle proprie aspirazioni di protagonismo.
Ora la rete Internet è il luogo del confronto ed ogni presenza è possibile
e persino auspicabile. Nessuno dà fastidio a nessuno da queste parti. Tutto si
somma al tutto. Ufologi e Raeliani possono confrontarsi con i sostenitori della
Chiesa dell'Ultimo Giorno o con la setta degli adoratori di Pippo Baudo e
perfino con gli affossatori di Internet o della mozzarella di bufala senza che
questo possa portare alcun serio disturbo. Nel mondo reale invece le cosa stanno
per adesso un po' diversamente.
E ancora una volta l'arretratezza culturale del nostro paese non fatica a dar
segno di sé, con quella capacità unica che abbiamo da queste parti di dar voce
al peggio del peggio per poi conviverci amabilmente senza il minimo imbarazzo.
|