La tentazione del monitoraggio
di Paolo De Andreis - 11.10.01 (da Punto
Informatico)
09/10/01 - Commenti - Roma - Il Parlamento americano in queste ore
così difficili e pericolose sta dando il suo peggio. Nei due rami del Congresso
vengono infatti portati avanti due paralleli provvedimenti anti-terrorismo
fondati sull'illusione che controllare montagne di informazioni elettroniche
equivalga a prevenire.
Un'illusione che può costare cara ai sostenitori di una rete libera, della
privacy e del diritto all'anonimato e può costare molto anche ai sostenitori
dell'anti-terrorismo. Ecco i tre problemi centrali.
Primo: più si monitorano le comunicazioni più elevato è il numero dei dati in
circolazione nei sistemi di controllo. Il principio con cui il Parlamento
americano sta facendo passare le nuove normative è apparentemente chiarissimo:
se si controlla tutto allora tutto è sotto controllo. Nulla è più falso.
Pensiamo agli aeroporti, tirati in ballo proprio dagli eventi di New York e
Washington. Pensiamo ad un mondo nel quale a tutti i passeggeri in tutti gli
aeroporti vengano controllati tutti i bagagli. Un mondo che oggi siamo disposti
ad accettare, perché anzi ci sentiamo più sicuri nel volare. Ma cosa
accadrebbe se tutto quello che viene visto in tutti i bagagli o nei vestiti dei
passeggeri venisse registrato? Chi o cosa, quale mostro informatico sarebbe mai
in grado di trovare in questo bailamme proprio quel paio di calzini blu che
nasconde un detonatore atomico? E quali speranze avrebbe mai questo mostro di
trovare il detonatore se questo assomigliasse in tutto e per tutto a uno
qualsiasi dei milioni di calzini blu in circolazione negli aeroporti del mondo?
Eppure questo è il principio su cui si lavora, la falsa premessa, l'illusione
della prevenzione attraverso la registrazione a tappeto di tutto il
controllabile. E si cercano mediazioni, affinché da controllare ci sia molto ma
non proprio tutto, senza alcuna possibilità di trovare però un "giusto
mezzo" in una lotta che non accetta compromessi.
Nel caso di internet e degli altri mezzi di comunicazione, il Parlamento USA
ritiene che raccogliere email, log di accessi, registrazioni di telefonate
costituisca una misura preventiva utile. Non è così: servirà soltanto a
modificare e reprimere i comportamenti sociali dei controllati il cui numero, se
passano le nuove leggi, è destinato ad aumentare esponenzialmente. E i cui
dati, compresi quelli relativi al colore dei calzini, saranno immessi nel grande
sistema di ricerca del Giusto Mezzo, che comprende senza saperlo anche ciò che
è sospetto o una parte di esso.
Secondo problema. Chi preleverà questi dati? Cosa ne farà? Per quanto tempo li
conserverà? Chi ne avrà accesso? Per quali scopi potrà accedervi? Eh già,
perché seppure non serve a prevenire, qualcuno potrebbe essere indotto a
ritenere che una "registrazione di massa" sia almeno uno strumento
che, dopo un evento terroristico, possa consentire di "ricostruire"
certi passaggi, di svelare raccapriccianti legami di una rete di squadroni della
morte. Di fare qualcosa.
Ma è davvero così? Se si pensa ai sistemi di decifrazione, agli algoritmi
capaci di scovare i percorsi della steganografia ci assale il dubbio che, in
fondo in fondo, a qualcosina un monitoraggio a tappeto possa servire. Ma se si
considera che le informazioni chiave possono circolare anche al di fuori della
rete o del telefono - o semplicemente rimanere celate al sistema di controllo -
il senso stesso della registrazione di massa si fatica a trovare.
Di converso vi saranno archivi senza controllo, gestiti senza alcuna trasparenza
da servizi segreti come quello americano, che nega risolutamente l'esistenza di
uno snodo di intercettazione globale come Echelon la cui attività è però
stata dimostrata dal Parlamento europeo... A rischio saranno tutti, cioè tutti
coloro sui quali, attorno alle cui abitudini, gusti, frequentazioni, affari,
email, navigazioni internet, acquisti sarà costruito un dossier. Una
"cartellina personale" che potrebbe fare il giro di mezzo mondo senza
che l'unica persona detentrice di diritti sui suoi contenuti sia in alcun modo a
conoscenza non solo della "circolazione" delle informazioni su di sé
ma neanche dell'esistenza di quei dati.
Terzo problema. Se così tante speranze e investimenti vanno in una direzione
tanto pericolosa come quella del monitoraggio globale, allora quanta parte della
costosissima intelligence occidentale verrà davvero fruttuosamente dedicata
alla lotta al terrorismo e alla piaga della criminalità organizzata
internazionale? Il problema è un rischio, quello di sbagliare soluzione, di
confondere un'illusione e spacciarla, a sé stessi e ad interi continenti, come
un solido elemento del reale.
Perseguire un nemico con l'arma sbagliata non solo significa non colpirlo, ma
significa anche consentirgli di avanzare. Se colpendo a vuoto ci si fa anche del
male, molto male, c'è da chiedersi se davvero quella che il Congresso brandisce
sia un'arma di cui abbiamo bisogno o un "nuovo" nemico da combattere.
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