Va di male in peggio la legislazione italiana
sul diritto d'autore
Comunicato di ALCEI
- 25. 07.2000
Schedature,
"pentiti" e sequestri di computer contro chi copia software. La futura legge
sul diritto d'autore tratta chi usa programmi non licenziati allo stesso modo
dei trafficanti di droga.
A
più di un anno di distanza dal comunicato Alcei "Modifiche
ingiuste e incivili alla legge sul diritto d'autore" (15 marzo 1999)
non solo la situazione non sta migliorando ma sono in discussione al parlamento nuove
norme che peggiorano gravemente il quadro normativo.
In
tutto il mondo c'è un intenso dibattito sull'accettabilità di norme antiquate
che favoriscono solo grandi imprese (editoriali, "discografiche", di
spettacolo o di software), non giovano agli autori e vanno contro l'interesse
generale. Le leggi italiane, ancora
più retrive e repressive, sono in fase di assurdo e ingiustificato
inasprimento.
Un
errore fondamentale sta nel fatto che comportamenti sostanzialmente definibili,
al massimo, come violazioni di rapporti privati siano trattati come illeciti
perseguibili penalmente. All'interno
di questa fondamentale stortura c'è un problema terminologico che puo' sembrare
un oscuro dettaglio formale ma crea una rilevante differenza.
Secondo
la legge in vigore, è penalmente perseguibile chi fa uso di software non
registrato "per fini di lucro". Alcune
sentenze avevano determinato una interpretazione "intelligente" di
quella norma: cioè per "fine di lucro" si intende il commercio ma non
il semplice utilizzo del software. Le
nuove proposte di legge contengono il termine "per trarne profitto",
con l'obiettivo di forzare una definizione più estesa e perversa: cioè la
perseguibilità penale del semplice utilizzo.
Occorre
ricordare che le pene indicate dalla legge, per fatti che al massimo potrebbero
giustificare un risarcimento in denaro, sono assurdamente pesanti.
Da sei mesi a tre anni di carcere - quando un omicidio colposo plurimo
puo' essere punito con sei mesi di reclusione.
Nella
nuova legge potrebbe essere previsto qualche alleggerimento delle pene, ma
comunque rimangono esagerate rispetto alla realtà dei fatti - e al
fondamentale principio che non c'è alcun ragionevole motivo per sottoporre
queste materie alla disciplina penale.
Occorre
anche ricordare che queste assurde norme sono il pretesto più diffuso per
quelle barbare ondate di sequestri di computer che resero infame l'Italia nel
mondo nel 1994 e che, nonostante la dimostrata inutilità e perversità di
quella procedura d'indagine, continuano a fare migliaia di vittime (spesso del
tutto innocenti) anche sei anni più tardi.
È
preoccupante che tutte le forze politiche, così sollecite nel mettersi al
servizio delle lobby di grandi interessi privati, siano perennemente disattente
nell'evitare ai cittadini inutili e ingiustificate persecuzioni.
Le
richieste di ALCEI
A
fronte di tutto questo, ALCEI torna a chiedere delle modifiche normative che
rendano la futura legge più flessibile e in grado di incidere effettivamente
sui comportamenti veramente illeciti, evitando di limitare ingiustamente i
diritti della persona.
Siamo
convinti che una misura fondamentale sia l'abolizione della sanzionabilità
penale di queste fattispecie, ma in via subordinata, sarebbe ragionevole almeno
stabilire:
o
la sanzionabilità penale
solo per le ipotesi di duplicazione a scopo di lucro (cioè punire chi vende le
copie)
o
la perseguibilità del
reato di duplicazione abusiva a querela (vale a dire consentire le indagini
penali solo su istanza di parte e non automaticamente
o
la possibilità di
accedere all'oblazione (e quindi estinguere il reato con il pagamento di una
somma)
o
la depenalizzazione delle
ipotesi minori di duplicazione a fine di lucro (punire con una sanzione
amministrativa i fatti di minore rilevanza)
o
la decriminalizzazione
dello scambio di informazioni tecniche e di apparati non diretti alla
commissione di atti illeciti. (non considerare illecito penale il semplice
interesse culturale per il funzionamento di apparati tecnici e sistemi software)
o
l'esplicito divieto di
sequestrare computer
o
la limitazione dei poteri
della SIAE alle sole opere prodotte da operatori che ne fanno parte
o
l'obbligo di
applicazione del bollino SIAE soltanto per le opere prodotte da operatori che ne
fanno parte
o
l'eliminazione di
qualsiasi forma di "schedatura preventiva
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