Napster, una vittoria di Pirro
di Andrea Monti - 14.03.01
Riassunto delle puntate precedenti.
Scandalizzate dalla scoperta di un crimine efferato - un gigantesco scambio di
file musicali on line realizzato tramite un sistema di file sharing - le major
della discografia decisero di dare inizio a quella che, secondo loro, doveva
rappresentare un esempio per tutti. Un'azione di stampo maoista (ucciderne uno
per terrorizzarne diecimila) che però, non traendo alcun utile dal rivalersi
sui tantissimi (e non solvibili) adolescenti che usavano Napster, doveva essere
diretta contro la società che offriva il servizio di "gestione" degli
scambi.
Ottenuto un primo successo, con un provvedimento che decretava la chiusura di
Napster, le discografiche hanno visto la vicenda processuale ingarbugliarsi
progressivamente.
La Court of Appeals for the Ninth Circuit, infatti ha ridimensionato
sensibilmente la decisione del giudice Patel, che in prima istanza aveva tout
court deciso per la chiusura di Napster.
Sotto il profilo della responsabilità - rilevano i giudici - il comportamento
di Napster può rientrare nei casi di contributory infringement (più o
meno "concorso nella violazione") per avere messo a disposizione un
sistema privo delle adeguate funzionalità di monitoraggio dell'utenza, e di vicarious
infringement (una sorta di "responsabilità sussidiaria"),
sussistente perché non è possibile individuare gli autori materiali delle
azioni (dati i limiti strutturali della progettazione del sistema).
Nello stesso tempo, però, i giudici hanno stabilito che il sistema tecnico in
sé non è illecito, tanto che può essere utilizzato anche per lo scambio
autorizzato di file musicali e che pertanto non è corretto impedirne il
funzionamento.
Pertanto, segnalano al giudice Patel di riemettere il provvedimento richiesto
dalle case discografiche, modificandolo secondo le indicazioni formulate.
E' quanto accaduto il 5 marzo scorso, con un sintetico provvedimento di
cinque pagine che si può riassumere in questo modo: viene vietata la
distribuzione di opere coperte da copyright tramite Napster, ma viene ingiunto
alle case discografiche di:
- versare una cauzione a favore di Napster;
- indicare uno per uno i file che conterrebbero musica coperta da copyright;
- provare di esserne i "proprietari" e che questi file siano stati
effettivamente scambiati dagli utenti.
In pratica, una vittoria di Pirro per le discografiche, costrette a spendere
tempo e denaro per dimostrare di avere il diritto di ottenere il blocco di
determinati contenuti.
Al di là degli aspetti giuridici, però, ci sono alcune considerazioni più
generali sulle quali riflettere rispetto alla necessità di "cambiare
qualcosa" nel modo in cui si intende il diritto della proprietà
intellettuale.
Come spesso accade, quando si parla di legge e di rete bisogna partire da un
dato tecnico che, nel caso specifico, riguarda il funzionamento di Napster.
Contrariamente all'opinione comune, Napster non è una biblioteca di
Alessandria della musica, ma "soltanto" un enorme crocevia nel quale
si incontrano persone che, letteralmente, passano da quelle parti per caso e che
scambiano reciprocamente - senza alcun intervento esterno - dei file dai
contenuti non preventivamente controllati.
Una situazione certamente atipica, a fronte della quale i giudici americani
sono riusciti comunque ad applicare correttamente le leggi vigenti. "Ma in
queste loro decisioni - come ho scritto in un articolo per il quotidiano
PuntoCom - c'è una nota stonata. Il coro delle voci di milioni di persone che,
decretando il successo di Napster, hanno messo di fatto in discussione il
modello tradizionale dello sfruttamento
economico del diritto d'autore. Che poco o nulla lascia a chi crea un'opera
dell'ingegno, molto esige da chi ne vuole fruire e tutto riversa nelle casse dei
"padroni del vapore".
Il comportamento degli utenti che hanno dimostrato di non ritenere più
"praticabile" un "certo modo" di trarre utili economici dal
lavoro degli autori dovrebbe far prendere atto che bisogna cambiare qualcosa. E
questo qualcosa non è di sicuro - in nome della tutela di una ristretta e
potente lobby - condannare penalmente i milioni di persone che hanno
ascoltato musica tramite Napster. Rivolgendosi a questa società solo perché
non è stato possibile "fare causa", uno per uno, a tutti gli utenti.
O spingere per l'emanazione di leggi inutilmente repressive.
Sarebbe ora , più semplicemente, di cambiare modello di business." |