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Microsoft e antitrust UE: fatte le sanzioni, bisogna fare il mercato

di Carlo Piana* - 20.021.05

Le sanzioni antitrust rischiano di essere inutili o inefficaci

La storiografia e l'agiografia di Garibaldi riportano questa frase "L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani". Non diversamente, l'ordine con cui il presidente del tribunale di prima istanza della Corte di giustizia delle Comunità europee ha negato la sospensione delle sanzioni imposte dalla Commissione UE a Microsoft lascia aperte numerose questioni (ordine 22/12/2004 nel caso T-201/04R).

Sinora gli attori principali le avevano abbandonate per fare fronte comune contro la minaccia che un'ipotetica sospensione le rendesse inefficaci, quale che fosse l'esito della causa di merito. Sinora, infatti, la storia delle "epiche" battaglie di Microsoft contro i sistemi legali dei vari paesi riporta una serie di sconfitte impressionanti, ma la "guerra" è sinora nelle salde mani della società di Bill Gates.

Onore al merito, gli strateghi legali di Redmond, WA (sede di Microsoft Corp.) hanno una visione molto più lungimirante dei singoli governi o delle autorità che cercano di mettere freno alle avanzate - secondo alcuni poco ortodosse - che la loro società effettua su sempre più mercati. La strategia è vincente, sinora, in quanto le autorità pensano secondo schemi vecchi e debbono muoversi in un sistema di diritto consolidato, modellato su realtà totalmente differenti. Sino a che non si sarà capito che abbiamo a che fare con un mercato con logiche nuove, con una serie di interconnessioni e di effetti di rete diretti e indiretti senza eguali e senza precedenti, non riusciremo mai a venire a capo della questione.

La stessa potenza finanziaria ed economica di Microsoft è di per sé un impedimento verso qualsiasi ragionevole sanzione pecuniaria. Una sanzione che avrebbe messo in ginocchio qualsiasi società privata, pari a quasi mezzo miliardo di euro, non ha avuto praticamente nessun riflesso sul corso delle azioni della Microsoft, che ha versato l'importo della sanzione in un conto fiduciario della Commissione in pochi giorni. E si trattava della più alta sanzione antitrust di sempre nella storia del diritto europeo, ma poco più di un centesimo delle sole riserve di cassa della società afflitta. Non essendo pensabili (né probabilmente auspicabili) sanzioni penali personali, l'unico modo per assicurare effettività ai rimedi è quello di imporre misure riequilibratrici. Questa è la seconda sponda su cui ha giocato la Commissione, ciò che veramente interessa il mercato e gli utenti.

Sospensione delle sanzioni non accordata

Microsoft, nella sua azione legale presso le corti europee, allegava il diritto di ottenere la sospensione delle sanzioni in quanto:
1. sussisteva un prima facie case, ovvero sosteneva che le proprie ragioni avessero una ragionevole aspettativa di risultare vittoriose nel giudizio di merito;
2. sussisteva un pericolo nel ritardo, grave e irreparabile;
3. il bilanciamento degli opposti interessi propendeva verso la sospensione.

L'azione dunque rispettava nelle allegazioni i rigidi standard per accordare la sospensione imposti dall'art. 104 delle regole di procedura, come specificate dal caso Austria contro il Consiglio (caso C-445/00). Il giudice, rilevato sussistere un prima facie case - nel senso che non era possibile rigettarle - per quasi tutte le allegazioni di Microsoft (due invece sono state rigettate già da subito) ha valutato che non sussistesse o non fosse sufficientemente argomentato (e nemmeno provato) un pericolo nel ritardo che fosse di natura non semplicemente economica o non meramente "speculativo". Via libera dunque alle sanzioni, senza nemmeno discutere sul terzo punto.

Cosa accadrà delle sanzioni

Le sanzioni sono di due ordini:
1. per il mercato dei sistemi di workgroup (sistemi client/server in ambito di ufficio), Microsoft è condannata a fornire a chiunque ne faccia richiesta e sulla base di condizioni ragionevoli e non discriminatorie complete e tempestive informazioni per consentire di raggiungere l'intercompatibilità con Windows nei servizi di rete.
2. per il mercato delle applicazioni che forniscono funzionalità multimediali (il mercato di Windows Media Player - per brevità WMP -, RealAudio, iTunes ecc.), di rilasciare una versione di Windows XP senza la parte applicativa di WMP (ma che abbia comunque la possibilità di riprodurre contenuti multimediali).

Per quanto riguarda la seconda, quella che ha fatto più notizia sui giornali (ma sempre poca, in Italia), la sanzione è puntuale e verrà probabilmente rispettata da Microsoft in tempi assolutamente brevi. Anche perché mi chiedo se avrà una efficacia di un qualunque tipo, ma me lo chiedo su basi assolutamente diverse da quelle che la maggior parte degli interventi assumono, visto che Windows non viene venduto sugli scaffali, ma alle società che costruiscono i computer (OEM).

Dunque non vedo affatto la signora Maria costretta a scaricarsi un media player da Internet (cosa che comunque la gente fa nonostante ne abbia già uno "gratis", come dimostra il fatto che iTunes o RealAudio hanno comunque una fetta di mercato) perché gli OEM ne installeranno comunque uno, solo che non sarà necessariamente il WMP, o non sarà il secondo media player dopo WMP. Comunque gli OEM troveranno due versioni di Windows XP con e senza WMP allo stesso prezzo, senza offrire particolari incentivi ad acquistare la versione "diminuita".

Il rimedio veramente efficace sarebbe stato invece quello di vietare la commercializzazione dei due prodotti uniti, lasciando che fosse comunque l'OEM a decidere quale media player installare su basi di assoluta parità a priori. Che poi sarebbe stato né più né meno che vietare un comportamento vietato perché abusivo (tying). Tale comportamento consiste nell'incorporare due prodotti, di cui per uno si ha una posizione dominante e per l'altro esiste un mercato a parte, con il rischio di eliminare la concorrenza sul secondo.

Le sanzioni in tema di intercompatibilità sono timide e ancora da elaborare

Se per quanto riguarda i media player le sanzioni sono state timide, per quanto riguarda i protocolli di rete esse sono state addirittura reticenti. Sgomberando subito il campo dalla fantasia di alcuni commentatori poco e male informati, Microsoft non è stata affatto condannata a rivelare parte del proprio "prezioso" (senza ironia) codice sorgente. Essa deve invece documentare le particolari implementazioni dei protocolli di rete da essa usati in modo da consentire ai produttori di altri sistemi di creare prodotti autonomi che però possano comunicare in maniera efficace con i prodotti di Microsoft.

Si parla dunque di "linguaggi", non della capacità di parlare. Si consideri (e questa è stata la più importante allegazione del Samba Team, rappresentato dalla parte da me difesa, ovvero la Free Software Foundation Europe che in realtà si tratta di protocolli di rete conosciuti o addirittura standard, ai quali Microsoft ha aggiunto estensioni che hanno avuto come effetto (se non come obiettivo) quello di renderli non interoperabili con gli standard originali. Stiamo parlando fondamentalmente di:

1. SMB/CIFS, uno standard sviluppato in collaborazione con IBM per la condivisione di risorse su rete. Tale standard veniva definito "aperto e intercompatibile" dalla stessa Microsoft, che ne ha fornito approfondite specifiche al Samba Team fino a pochi anni fa.
2. LDAP, uno standard per la creazione di servizi di directory (in pratica uno standard per la creazione di database gerarchici di utenti e di risorse), che è divenuto la parte informativa di Active Directory Services (ADS).
3. Kerberos, uno standard creato al MIT per l'autenticazione e l'autorizzazione all'accesso alle risorse tramite lo scambio di gettoni di autenticazione (single sign on).

Il fatto è che la tecnologia per creare un servizio simile agli Active Directory Services, esisteva prima dell'avvento di Windows XP (che anzi ha dovuto inseguire per svariati anni) ed è possibile anche senza XP, sfruttando gli standard appena citati. Un sistema che consenta la condivisione di risorse in ambienti di workgroup anche su diverse sedi, con replica delle informazioni di autenticazione/autorizzazione, che consentano ad un utente di registrarsi su un membro di un sistema per sfruttare tale registrazione per autenticarsi e ottenere le autorizzazioni su altri sistemi facenti parte della stessa struttura, ma magari in località diverse, era già contenuto nella versione 4 e successive di Novell Netware (Novell Directory Services, oggi eDirectory) ed era compatibile con Windows NT. Esistono casi di studio di implementazione di servizi simili con piattaforma Linux. Perché allora è cosÏ necessario assicurare l'interoperabilità?

Tutte le soluzioni ipotizzabili (esistenti e future) si trovano a fare i conti con un mondo in cui i sistemi di Workgroup, per ragioni che sarebbe lungo indagare, ma che non sono del tutto estranee alla nostra materia, sono tutti (almeno per il 95% delle macchine) impostati su client o server Windows, e sempre di più nelle versioni Windows 2000/XP, ovvero quelli che portano tecnologie "chiuse". Non è dunque possibile o facile installare la ennesima macchina in un sistema in cui enne macchine sono Windows 2000/XP, perché o non si parlerebbero, o si parlerebbero (ad esempio grazie a Samba) usando solo una parte dei linguaggi utilizzabili.

Ciò non perché i programmi concorrenti siano meno capaci di parlare, ma perché chi detiene le informazioni sul linguaggio che debbono parlare le conserva gelosamente, e anzi ogni tanto le cambia a suo piacimento, cosa che sarebbe pienamente lecita, se non fosse perché si tratta del comportamento di un operatore in posizione dominante che innalza artificialmente le barriere all'entrata. E questo accade non solo per le strutture interne ai sistemi di workgroup, dunque sul versante della concorrenza tra produttori di software: anche fornitori di servizi esterni (ad esempio, fornitori di servizi di workgroup interaziendale) si trovano nell'impossibilità di utilizzare soluzioni proprie e innovative per l'impossibilità di interconnettersi con i client di workgroup esistenti, e debbono affidarsi a più macchinose soluzioni via web.

Alcune considerazioni, però, confermano l'affermazione d'esordio secondo cui le misure sarebbero "reticenti". Intanto esse lasciano a Microsoft la possibilità di presentare un progetto di implementazione, su un campo in cui tutto, ma proprio tutto, è dibattibile e in cui è difficile distinguere ciò che è protocollo e ciò che è implementazione. Inoltre, Microsoft è il soggetto che deve inventarsi le "condizioni ragionevoli e non discriminatorie", ovvero farsi il contratto che le sta bene, salvo presentarlo per approvazione alla Commissione. In tale contratto Microsoft ha già annunciato che richiederà ai firmatari di sottoscrivere accordi di riservatezza (e fin qui ci siamo), contratti di licenza di copyright (e qui si dibatte se possa esistere un copyright sui protocolli di comunicazione), contratti di licenza di brevetto.

Non staremo a riprendere l'annosa questione sui brevetti software, brillantemente trattata da questa rivista in numerosi articoli anche recentemente. Notiamo invece come molti dei brevetti che sono stati richiamati in causa sono assolutamente generici, palesemente non innovativi, non descrivono il trovato in modo che un tecnico esperto del ramo possa riprodurli. In poche parole, appaiono nulli. Costringere altri a ottenere licenze per brevetti che si sa essere nulli (magari costringendo a rinunciare all'impugnativa) è una delle clausole più abusive nella giurisprudenza comunitaria, e sarebbe ben strano che tale tipo di clausola venisse utilizzata... in esecuzione di una misura antitrust.

Ma non è tutto. Secondo le stime più accurate, ricavate da esperienze simili, per avere sul mercato un prodotto che sfrutti le informazioni cosÏ ottenute occorreranno un paio d'anni, dunque serve qualcosa che sia competitivo oggi. L'unico prodotto che si interfacci in maniera "nativa" con i prodotti di Microsoft nel settore, potendo dunque convivere in un ambiente di workgroup Windows (anche se limitatamente ai servizi tipo "NT" e non utilizzando gli ADS) è Samba. Nessun altro prodotto ha le stesse caratteristiche. Samba però è licenziato sotto la GNU GPL, la stessa licenza di GNU/Linux, che è incompatibile con un sistema di royalty, e comunque non consente di controllare il numero di installazioni effettuato, in quanto le libertà concesse comprendono il diritto di redistribuire e modificare il prodotto.

Dunque un accordo che preveda licenze "per copia" sarebbe di per sé discriminatorio per Samba, ma è evidente che tale tipo di licenze è quello che Microsoft cercherà di imporre. Sarà dunque materia di litigio ed eventualmente (secondo quello che il presidente Vesterdorf ha già annunciato essere possibile) una nuova richiesta di sospensiva basata sull'implementazione delle misure. L'alternativa è dunque quella tra imporre condizioni più creative (e rischiare una sospensione), o ripetere l'esperienza dell'MCPP, il programma che Microsoft ha offerto al Dipartimento di giustizia americano a seguito della condanna nel famoso processo antitrust statunitense, e dunque ripetere lo stesso tipo di fallimento.

Conclusioni

Nel mondo del software libero (ma non solo) ci si interroga sul fatto che questo risulti essere un conflitto di religione. Non lo è, si tratta di una posizione tanto etica quanto "economicistica". Pertanto una vittoria morale che confermi il merito delle accuse di anticoncorrenzialità non sarebbe né la prima, né sufficiente. Occorre che le condizioni di libero mercato siano ristabilite, la qual cosa, a mio modesto parere, farebbe bene anche a Microsoft: se non alle sue casse, almeno ai suoi prodotti. Un esempio. All'epoca della guerra dei browser contro Netscape (l'espressione non è mia, vedi ad esempio su informit) Microsoft si impegnò realmente per portare sul mercato un prodotto competitivo, e sfornò Internet Explorer, che avrà tanti difetti, ma che poteva competere senza troppo sfigurare con il concorrente.

Vinta la guerra dei browser, con Explorer vittorioso e quasi unico prodotto sul mercato, lo sviluppo si è arrestato. Oggi con Mozilla Firefox nasce un concorrente credibile (guarda caso, software libero...), e Microsoft già annuncia sostanziali novità con la prossima versione del proprio prodotto, che si è fatta attendere per anni (ovvero secoli, nella scala dei tempi del software). A ben vedere, è questo l'effetto che ci attendiamo per tutto il mercato dei sistemi operativi, e non solo: una concorrenza sulla qualità dei prodotti, e non basata sullo sfruttamento di rendite di posizione.
 

* Avvocato, studio legale Tamos Piana & Partners
Difensore della Free Software Foundation Europe nella causa T-201/04R 

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