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Diritto d'autore

Perché il software libero è un fenomeno giuridico
ovvero: it's still the license, stupid !

di Carlo Piana* - 06.10.05

 
Nessuno mi ha mai posto una tra le tante domande legittime che si possono fare. Perché voi giuristi parlate tanto di software libero, open source e compagnia cantante? Non è il software una materia tecnica, ingegneristica, economica? Voi occupatevi delle licenze, perché parlate di cose che non vi competono?

Pensavo si trattasse di condiscendenza, o per alcuni cristiana rassegnazione, verso gli sconfinamenti amatoriali del tuttologismo tipico del giurista (in primo luogo degli avvocati, categoria cui mi onoro di appartenere). Ripensandoci, direi invece che si tratta del riconoscimento che il software libero è una creazione legale, e che tutto il movimento si basa su un'intuizione fondamentale di Richard M Stallman: la GNU GPL. Una licenza, concepita da un informatico del MIT, ma che un professore di legge e avvocato ha messo a punto: Eben Moglen, un genio che merita di essere ricordato al pari del bizzarro fondatore della Free Software Foundation e del progetto GNU.

Il software libero nasce infatti quando il software tout court cambia aspetto. Originariamente vige un regime pubblico e aperto, quello tipico dell'ambiente universitario in cui viene prodotto, nel quale il valore di una realizzazione intellettuale è dato da quanto questa viene usata e citata, per cui è naturale che il ricercatore A metta mano al lavoro di B, migliorandolo o prendendone spunto. A un certo punto diventa un bene commerciale, protetto da due formidabili strumenti giuridici: il copyright e il segreto. Cosa si inventa il nostro amico barbuto, all'epoca giovine di bottega all'MIT? Un modo di sfruttare il copyright (un regime legale) cosicché il software distribuito sotto tale licenza rimanga liberamente utilizzabile e giammai segreto. Chi vuole usare il software libero paga una tassa di libertà: non può trasformarlo in software proprietario. Più tardi un altro avvocato e professore universitario, Lawrence Lessig, trasporterà gli stessi concetti sulle opere creative, fondando le Creative Commons.

Come tutte le chiese, anche quella del software libero ha i suoi eretici. L'eretico più famoso è Eric S. Raymond, che nel suo libro “La cattedrale e il Bazaar” e negli interventi successivi ha affermato che il software libero (open source, nella sua versione) funziona perché è tecnicamente superiore, in quanto si basa su uno sforzo collaborativo di migliaia di sviluppatori i quali prendono un po' di qui, un po' di là, rilasciano il codice presto e spesso. La magia del mondo fa il resto. L'open source diventa perciò un modello di sviluppo del software. Roba da ingegneri ed economisti, dunque. Tanto che, secondo il simpatico musicista americano prestato al software, la GPL è ormai inutile, un relitto del passato, in quanto l'open source vincerà per la sua intrinseca vitalità, come i mammiferi (qui il bazaar) hanno spodestato i dinosauri (qui la cattedrale).

Eric S. Raymond sbaglia.

L'errore di Raymond non è nel predire un futuro roseo al software libero, non è nell'analizzare e descrivere un modello di sviluppo che funziona (il modello “inventato” da Linus Torvalds nello sviluppo di Linux). E' nel dire che il software libero è un modello di sviluppo del software. Il software libero è un modello di distribuzione del software, e la licenza è il suo profeta.

Se prendiamo del software libero e del software proprietario e li confrontiamo, tecnicamente vediamo che il software proprietario non ha codice sorgente allegato. È questa la differenza? Neanche per sogno: avere il codice a disposizione non ha nessun effetto sullo sviluppo di quello o di altro software, se non in senso molto generico, se quel codice non può essere modificato e redistribuito. Il software libero è migliore del software proprietario? Può darsi, ma non necessariamente è così.

Scelgo due campioni da contrapporre in singolar tenzone per illustrare meglio il mio caso. Opera e Firefox. Opera è gratis, Firefox è gratis. Opera è fatto bene, ha caratteristiche innovative, è velocissimo e sicuro. Anche Firefox, forse un po' meno ricco e più lento. Opera è disponibile per molte piattaforme, anche Firefox. Opera non rilascia il codice, Firefox sì. Ma la domanda è: quanti di coloro che installano i due prodotti ne hanno mai scaricato (non dico letto) il codice sorgente?

Opera è software proprietario, Firefox è software libero. La differenza è la licenza. La differenza è l'uso che posso farne. L'uso che possono farne coloro che sviluppano plugin, che si accorgono di insicurezze e possono rimediarvi, coloro che inventano usi diversi e portano il prodotto su piattaforme non interessanti, coloro che se il produttore fallisce possono prendere un progetto morto e ridargli vita senza dover litigare con il curatore del fallimento, coloro, infine, che studenti di informatica vogliono sapere come si realizza un browser internet o una parte di esso, e magari farne uno da zero o quasi.

Se ci concentriamo solo sull'aspetto tecnico, la messa a disposizione del codice sorgente, sbagliamo di grosso. Tanto per citare i soliti noti, Microsoft mette a disposizione il codice sorgente di larga parte del proprio software. Non ci credete? Si chiama Shared Source Initiative, da cui si evince che ogni tanto la fantasia difetta anche dalle parti di Redmond, WA. Anch'esso concede a chi lo vuole (a determinate condizioni) l'accesso al proprio codice sorgente. Anch'esso concede di modificare (a determinate condizioni) il codice sorgente. Anch'esso consente di avere “sufficienti occhi” affinché i “bug” vengano a galla (i maligni diranno che sono comunque troppi, ma è ovviamente pura malignità). Il problema è legale. A volte in tali licenze non viene concesso nemmeno il diritto di modificare il codice, altre volte viene concesso, ma il prodotto derivato diventa parte ufficiale del prodotto principale. Altre volte ancora il prodotto derivato può essere addirittura rilasciato, ma come parte del prodotto principale e non può essere usato separatamente. Un programma per far funzionare un microonde, per esempio, non potrà mai diventare parte di un programma per far funzionare un telefonino o un razzo interplanetario. Se lo stesso programma venisse rilasciato sotto licenza di software libero, lo potrebbe. La differenza è tecnica o legale?

Per cui dico: il valore del software dipende sia dal merito tecnico intrinseco, sia dai diritti che vengono concessi all'utilizzatore finale. Il software libero è indubitabilmente superiore, a parità di merito tecnico, da questo ultimo punto di vista. Ecco perché noi giuristi, a ragione e con cognizione, ne parliamo.

“It's the license, dummies”!
 

* Avvocato - Studio Legale Tamos Piana & Partners - http://www.avvocatinteam.com

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