Nessuno mi ha mai posto una tra le tante domande legittime che si possono fare.
Perché voi giuristi parlate tanto di software libero, open source e compagnia
cantante? Non è il software una materia tecnica, ingegneristica, economica? Voi
occupatevi delle licenze, perché parlate di cose che non vi competono?
Pensavo si trattasse di condiscendenza, o per alcuni cristiana rassegnazione,
verso gli sconfinamenti amatoriali del tuttologismo tipico del giurista (in
primo luogo degli avvocati, categoria cui mi onoro di appartenere).
Ripensandoci, direi invece che si tratta del riconoscimento che il software
libero è una creazione legale, e che tutto il movimento si basa su
un'intuizione fondamentale di Richard M Stallman: la GNU GPL. Una licenza,
concepita da un informatico del MIT, ma che un professore di legge e avvocato ha
messo a punto: Eben Moglen, un genio che merita di essere ricordato al pari del
bizzarro fondatore della Free Software Foundation e del progetto GNU.
Il software libero nasce infatti quando il software tout court cambia
aspetto. Originariamente vige un regime pubblico e aperto, quello tipico
dell'ambiente universitario in cui viene prodotto, nel quale il valore di
una realizzazione intellettuale è dato da quanto questa viene usata e
citata, per cui è naturale che il ricercatore A metta mano al lavoro di B,
migliorandolo o prendendone spunto. A un certo punto diventa un bene
commerciale, protetto da due formidabili strumenti giuridici: il copyright
e il segreto. Cosa si inventa il nostro amico barbuto, all'epoca giovine
di bottega all'MIT? Un modo di sfruttare il copyright (un regime legale)
cosicché il software distribuito sotto tale licenza rimanga liberamente
utilizzabile e giammai segreto. Chi vuole usare il software libero paga una tassa
di libertà: non può trasformarlo in software proprietario. Più tardi un
altro avvocato e professore universitario, Lawrence Lessig, trasporterà gli
stessi concetti sulle opere creative, fondando le Creative
Commons.
Come tutte le chiese, anche quella del software libero ha i suoi eretici.
L'eretico più famoso è Eric S. Raymond, che nel suo libro “La
cattedrale e il Bazaar” e negli interventi successivi ha affermato che il
software libero (open source, nella sua versione) funziona perché è
tecnicamente superiore, in quanto si basa su uno sforzo collaborativo di
migliaia di sviluppatori i quali prendono un po' di qui, un po' di là,
rilasciano il codice presto e spesso. La magia del mondo fa il resto. L'open
source diventa perciò un modello di sviluppo del software. Roba da ingegneri ed
economisti, dunque. Tanto che, secondo il simpatico musicista
americano prestato al software, la GPL è ormai inutile, un relitto del passato,
in quanto l'open source vincerà per la sua intrinseca vitalità, come i
mammiferi (qui il bazaar) hanno spodestato i dinosauri (qui la cattedrale).
Eric S. Raymond sbaglia.
L'errore di Raymond non è nel predire un futuro roseo al software libero,
non è nell'analizzare e descrivere un modello di sviluppo che funziona (il
modello “inventato” da Linus Torvalds nello sviluppo di Linux). E' nel dire
che il software libero è un modello di sviluppo del software. Il software
libero è un modello di distribuzione del software, e la licenza è il
suo profeta.
Se prendiamo del software libero e del software proprietario e li
confrontiamo, tecnicamente vediamo che il software proprietario non ha
codice sorgente allegato. È questa la differenza? Neanche per sogno: avere il
codice a disposizione non ha nessun effetto sullo sviluppo di quello o di altro
software, se non in senso molto generico, se quel codice non può essere
modificato e redistribuito. Il software libero è migliore del software
proprietario? Può darsi, ma non necessariamente è così.
Scelgo due campioni da contrapporre in singolar tenzone per illustrare
meglio il mio caso. Opera e Firefox.
Opera è gratis, Firefox è gratis. Opera è fatto bene, ha caratteristiche
innovative, è velocissimo e sicuro. Anche Firefox, forse un po' meno ricco e
più lento. Opera è disponibile per molte piattaforme, anche Firefox. Opera non
rilascia il codice, Firefox sì. Ma la domanda è: quanti di coloro che
installano i due prodotti ne hanno mai scaricato (non dico letto) il codice
sorgente?
Opera è software proprietario, Firefox è software libero. La differenza è
la licenza. La differenza è l'uso che posso farne. L'uso che possono farne
coloro che sviluppano plugin, che si accorgono di insicurezze e possono
rimediarvi, coloro che inventano usi diversi e portano il prodotto su
piattaforme non interessanti, coloro che se il produttore fallisce possono
prendere un progetto morto e ridargli vita senza dover litigare con il curatore
del fallimento, coloro, infine, che studenti di informatica vogliono sapere come
si realizza un browser internet o una parte di esso, e magari farne uno da zero
o quasi.
Se ci concentriamo solo sull'aspetto tecnico, la messa a disposizione del
codice sorgente, sbagliamo di grosso. Tanto per citare i soliti noti, Microsoft
mette a disposizione il codice sorgente di larga parte del proprio software. Non
ci credete? Si chiama Shared
Source Initiative, da cui si evince che ogni tanto la fantasia difetta anche
dalle parti di Redmond, WA. Anch'esso concede a chi lo vuole (a determinate
condizioni) l'accesso al proprio codice sorgente. Anch'esso concede di
modificare (a determinate condizioni) il codice sorgente. Anch'esso consente di
avere “sufficienti occhi” affinché i “bug” vengano a galla (i maligni
diranno che sono comunque troppi, ma è ovviamente pura malignità). Il problema
è legale. A volte in tali licenze non viene concesso nemmeno il diritto di
modificare il codice, altre volte viene concesso, ma il prodotto derivato
diventa parte ufficiale del prodotto principale. Altre volte ancora il prodotto
derivato può essere addirittura rilasciato, ma come parte del prodotto
principale e non può essere usato separatamente. Un programma per far
funzionare un microonde, per esempio, non potrà mai diventare parte di un
programma per far funzionare un telefonino o un razzo interplanetario. Se lo
stesso programma venisse rilasciato sotto licenza di software libero, lo
potrebbe. La differenza è tecnica o legale?
Per cui dico: il valore del software dipende sia dal merito tecnico
intrinseco, sia dai diritti che vengono concessi all'utilizzatore finale.
Il software libero è indubitabilmente superiore, a parità di merito tecnico,
da questo ultimo punto di vista. Ecco perché noi giuristi, a ragione e con
cognizione, ne parliamo.
“It's the license, dummies”!
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