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Diritto d'autore

Gli orientamenti internazionali sul diritto d’autore

di Eugenio Prosperetti* – 03.11.05

 
L’attuale sistema del diritto d’autore – come è noto – è stato ottenuto attraverso progressive evoluzioni di un meccanismo pensato per soddisfare logiche in cui la stampa era il mezzo di diffusione del pensiero principale e la rivoluzione digitale era impensabile.
E’ un sistema pensato per gli editori più che per gli autori in quanto è degli editori la preoccupazione di tutelare il prodotto, ad elevato costo unitario, dell’attività di stampa. Il fattore “costo di riproduzione zero” non esisteva nella mente del regolatore dell’epoca.
In poche parole, il nucleo fondante la normativa sul diritto d’autore tende ad assicurare sistemi accurati di controllo sul “numero di originali prodotti”. Tale sistema, che aveva retto nel momento in cui fare copie “costava” e deteriorava la qualità aveva retto ancora di più nel momento in cui la copia era il risultato di un’attività equivalente alla produzione di un’originale (le prime stampe), è andato in crisi nel momento in cui è stato possibile produrre copie dematerializzate a costo zero e qualità perfetta.

Ciò ha aperto il dibattito, pluriennale ed irrisolto, su come riformare il diritto d’autore.
Sulla necessità di una riforma tutti convengono, sulle modalità esistono molte idee.
In queste poche righe, lungi dall’offrire soluzioni definitive ad un dibattito così complesso e che ha visto una consistente mole di produzione scientifica internazionale e nazionale, vorrei effettuare alcune riflessioni sul ruolo nel sistema che occupa la normativa sul diritto d’autore e sul perché sia di particolare attualità l’argomento della sua riforma.
L’attuale legge sul diritto d’autore è una delle norme più longeve esistenti nell’ordinamento e attraverso tale norma vive uno dei settori economici più importanti di ogni paese: l’industria culturale e dell’intrattenimento. Tale normativa, sin dalla data della sua introduzione, è stata progressivamente aggiornata agli sviluppi del diritto d’autore internazionale (convenzioni e direttive) e, oggigiorno, incorpora ancora la totalità della disciplina del diritto d’autore.

Il costante lavoro di aggiornamento ha tuttavia messo in secondo piano la riflessione sul ruolo che la legge sul diritto d’autore riveste nel sistema: fenomeni come
- i contenuti televisivi su piattaforme diverse da etere/cavo/satellite,
- la musica prelevata da Internet (con pagamento dei diritti o meno),
- l’emergere continuo di nuovi supporti,
- l’open source,
- i format televisivi
- la fotografia digitale
hanno trovato regolamentazioni esterne alla legge sul diritto d’autore (per esempio la “legge Urbani”) ovvero hanno trovato regolamentazioni convenzionali (per contratto o con riferimento a normativa straniera) ovvero non ne hanno trovato affatto.

Oggi il richiamo internazionale a fare di più, e meglio, nell’ottica della competitività e dell’innovazione è forte.
Innazitutto si può citare il rapporto PWC sull’attuazione dell’Agenda di Lisbona con l’ormai notissimo richiamo alla convergenza: “Any content, anytime, anywhere”. Soltanto un moderno diritto d’autore, che introduca strumenti di gestione flessibile dei contenuti e dei diritti (es. riforma dei diritti connessi, tutela dei format, più piattaforme definite in normativa) consente l’attuazione razionale di tale programma di sviluppo.
In secondo luogo, si può citare il Rapporto WIPO dell’Online Forum on Intellectual Property in the Information Society (WIPO/CRRS/INF/1).
Dei dieci punti affrontati da tale documento, gli ultimi due riguardano proprio come affrontare la rivoluzione digitale. Si discute di temi quali il peer-to-peer, i nuovi modelli di business della musica online, la distribuzione digitale di contenuti, gli audiovisivi digitali e altro.

Tali temi vengono introdotti dalla WIPO in un interessante contesto di dibattito che si interroga:
1) sulle eventuali opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi modelli di business;
2) sul come recuperare il rapporto tra creazione, tutela e apertura, dopo un certo periodo di tempo al dominio pubblico (logica originale del diritto d’autore, ormai persa).
In effetti, sviluppare il dibattito portato avanti dalla WIPO su tali temi nel documento citato potrebbe portare interessanti spunti.
Il documento porta infatti come dato che nel 2005 dal 60 all’80% della totalità del traffico Internet internazionale è da mettere in relazione al file sharing (di tutti i generi).
Dal documento WIPO emergono due dati:
1) il 10% del materiale scaricato con file sharing è legale.
2) le imprese che hanno appoggiato alle tecnologie di file sharing valore aggiunto (accordi per il pagamento forfettario di quanto scaricato, pubblicità commerciale, registrazione a pagamento, ecc.) ne hanno sempre tratto profitto.

Questo tuttavia, come si diceva, avviene in contesti che, almeno a livello nazionale, sono esterni alla normativa sul diritto d’autore – per così dire – trovano pochi riferimenti nella medesima.
L’invito che sembra venire dal WIPO è di lavorare, anche a livello regolamentare, sui nuovi modelli digitali di distribuzione nell’ottica dello sviluppo e a considerare il peer-to-peer come “parte della rete” trovando soluzioni regolamentari appropriate per integrarlo nella legalità e nella gestione collettiva dei diritti. Non vi è insomma una penalizzazione del fenomeno.
E sulla gestione collettiva dei diritti viene in mente la recentissima raccomandazione della Commissione Europea del 30.9.2005 che inizia ad affrontare il complesso problema della concessione di licenze in ambito multinazionale per lo sfruttamento dei diritti d’autore e della competenza per la musica online delle società di gestione colletiva dei diritti (Commission Recomendation on collective cross-border management of copyright and related rights for legitimate online music services).

La sostanza di quanto affermato dalla Commissione, che anticipa le linee future della sua azione normativa, è che il diritto d’autore per la musica online (ma il discorso secondo chi scrive vale per qualunque audiovisivo online) è un diritto d’autore da gestire con nuovi strumenti ed istituzioni transnazionali e che a ciò gli ordinamenti dovranno adeguarsi. In mancanza si paralizza il mercato creando una serie di colli di bottiglia e moltiplicando gli accordi necessari ad autori e titolari di diritti per mettere sul mercato un certo contenuto. Poiché ciò implica costi di gestione alti, l’utente pagherà molto per il contenuto e ciò fomenta la quota di illegalità del mercato.
La Commissione ha dunque previsto tre livelli alternativi di intervento:
1) incentivare la cooperazione tra le società di gestione collettiva europee;
2) consentire licenze in ambito europeo;
3) arrivare ad un gestore collettivo dei diritti.

A seguito della raccomandazione, i titolari dei diritti potrebbero eliminare le restrizioni territoriali alla distribuzione che attualmente si ritrovano nei contratti di licenza. La conseguenza sarebbe la progressiva creazione di cataloghi musicali a livello comunitario. Un tale strumento, lo si ribadisce, necessiterebbe di normativa interna adeguata a supportarne le dinamiche.
Un grande passo avanti sarebbe la creazione di norme volte a “normalizzare” e a riportare nella legalità le piccole infrazioni al diritto d’autore. L’esistenza di pesanti sanzioni penali, spesso non applicate, crea una barriera insormontabile al dialogo sulle riforme ed assimila il singolo utente alla grande organizzazione criminale (quest’ultima da punire con massima severità).
A ciò si dovrebbe accompagnare il riconoscimento di nuove categorie di opere dell’ingegno, quali quelle che comunemente circolano nel mercato dei mezzi di comunicazione digitali e delle corrispondenti tecniche di tutela.

L’alternativa è navigare a vista come si fa al giorno d’oggi: la legge sul diritto d’autore viene da molte imprese vista come un testo che non contiene le risposte ai loro problemi, non contiene cioè strumenti di tutela efficaci per le loro opere digitali innovative, proteggibili solo con tecniche “di importazione”, mentre contiene una pluralità di mezzi di repressione schierati a difesa di un fortino ormai (quasi) vuoto.
 

* Consulente, Portolano Colella Cavallo Studio Legale – eprosperetti @ portolano.it

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