Vedi anche
Un decreto per i padroni delle idee
Numerose sono le critiche e i rilievi mossi nei confronti delle disposizioni
previste dal decreto Urbani. Dal confronto di
queste con le dichiarazioni rilasciate dallo stesso ministro in conferenza
stampa e soprattutto con i lavori in sede comunitaria sulla direttiva IP
enforcement, ne emergono altre non meno importanti.
Facciamo un passo indietro: il 30 gennaio 2003 la Commissione europea pubblica
sul suo sito una serie di informazioni relative alla proposta di direttiva sull'IP
enforcement. L'obiettivo della proposta è ambizioso: estendere sul piano
della tutela effettiva l'armonizzazione dei diritti di proprietà
intellettuale faticosamente raggiunta nel corso degli ultimi anni.
Chiaramente, tale direttiva copriva le ipotesi più recenti di violazione dei
diritti d'autore, come quelle rese possibili dai network di file sharing.
La Commissione, stimolata anche dalle prese di posizione di soggetti, quali IP
Justice, si affrettava a chiarire la portata delle norme attinenti tale
problematica, pubblicando una articolata FAQ sul sito della DG Mercato interno:
Will this Directive mean that young people using file swapping software
via their PCs will be held liable for IPR infringement?
The proposed Directive would not introduce tougher sanctions against
individuals downloading the odd track for non-commercial purposes, though it
would not stop Member State authorities from introducing and applying tougher (le
FAQ sono qui).
La direttiva in questione, dunque, non prevede sanzioni di nessun tipo,
neanche "simboliche", nei confronti degli utenti "domestici"
di sistemi di file sharing. Ciò non rientra nel piano di armonizzazione
perseguito.
Il riferimento operato dal ministro Urbani alla direttiva sull'IP enforcement,
dunque, non può essere esteso alle ipotesi di scambio di opere protette
effettuato senza fini di lucro, per le quali il decreto prevede sanzioni
amministrative non così "simboliche" (2.000 euro di multa; oltre al
sequestro degli "strumenti" e la pubblicazione del provvedimento su
testate nazionali generaliste e specializzate).
Nell'atteggiamento "pilatesco" della direttiva, che lascia alla
discrezione degli Stati membri l'introduzione di tali "leggi più
dure", oltre che l'assenza di un obbligo in tal senso, si può scorgere
una contraddizione delle premesse della stessa direttiva sull'IP enforcement
in particolare e della società dell'informazione in generale.
Nella scelta di non prevedere tali sanzioni, l'Unione europea ha
implicitamente stabilito che esse non sono necessarie al raggiungimento dello
scopo (la tutela effettiva degli IP rights a livello comunitario), e
questo è perfettamente coerente con il principio di sussidiarietà.
Tuttavia, in materia di società dell'informazione e diritti di proprietà
intellettuale, iniziative autonome da parte dei singoli Stati membri
difficilmente sono compatibili con un quadro giuridico omogeneo la cui
necessità è evidente a tutti, Commissione inclusa.
Infatti, i diversi Stati membri ben potrebbero seguire diversi approcci, con
sanzioni veramente simboliche, o addirittura senza sanzioni. Alcuni
paesi, ad esempio, potrebbero ritenere che le tecnologie di file sharing (se
usate per fini non commerciali), non solo stimolano l'uso della rete, ma
addirittura non provocano un calo delle vendite di CD e DVD, emanando quindi
norme che sappiano tutelare sia i titolari di diritti di opere protette che lo
sviluppo di questa tecnologia.
La dichiarazione del Governo canadese richiamata nell'analisi
di ALCEI ne è un esempio.
Già l'introduzione della EUCD ha sollevato e solleva, in tutta Europa,
numerosi problemi: è il caso delle misure tecniche di protezione e dell'eccezione
di copia privata. Si rinvia per una visione d'insieme alla poderosa guida
realizzata dalla FIPR (Foundation
for Information Policy Research) .
Le disposizioni in materia di P2P contenute nel decreto Urbani non lasciano
il minimo spazio a tale eccezione, come ha attentamente rilevato l'associazione
ALCEI nella sua analisi appena citata.
Vi è quindi il dubbio che questo decreto non sia perfettamente il linea con le
direttive del mercato interno e dello sviluppo della società dell'informazione,
oltre che con le strategie di armonizzazione della proprietà intellettuale.
|