Camera dei deputati
Commissione per le politiche dell'Unione europea
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14 gennaio 2004
Brevettabilità del software
Come è noto, negli ultimi mesi si è sviluppato un vivace dibattito sui
contenuti della direttiva europea relativa alla brevettabilità delle invenzioni
per mezzo di elaboratori elettronici.
Ritengo opportuno fornire, al riguardo, alcuni chiarimenti per una migliore
comprensione della questione.
La proprietà intellettuale e la protezione del software
Con l'espressione proprietà intellettuale si indica genericamente il
complesso dei diritti di protezione delle opere dell'ingegno umano, anche se nel
linguaggio corrente per "proprietà intellettuale" si intende in
particolare il diritto d'autore.
Per capire le questioni che riguardano la direttiva di cui ci occupiamo è utile
chiarire alcuni concetti sul diritto d'autore e sul brevetto d'invenzione.
a) Il diritto d'autore si applica alle opere dell'ingegno di carattere
creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative,
ecc. qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti
i programmi per elaboratore, equiparati alle opere letterarie, ai sensi della
convenzione di Berna, ratificata e resa esecutiva con legge 399/1978, nonché le
banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono
una "creazione intellettuale dell'autore", come recita la legge n.
633/1941 (Legge sul Diritto d'Autore).
Il diritto d'autore sorge per il solo fatto che l'opera è stata creata e/o
pubblicata. Il deposito dell'opera presso un ente preposto o l'applicazione di
contrassegni influenzano il modo in cui il diritto d'autore può essere fatto
valere, ma non la sostanza.
b) I diritti di brevetto per invenzione consistono nella
"facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto",
secondo il Regio decreto n. 1127/1939.
Il brevetto viene concesso, a pagamento, da appositi enti che valutano la
richiesta, che deve contenere una descrizione dettagliata dell'invenzione e del
suo funzionamento; nulla del genere è invece richiesto per il diritto d'autore.
Non possono essere brevettate le "idee in quanto tali", i princìpi,
gli algoritmi. Anche il software "in quanto tale" è esplicitamente
escluso dalla protezione brevettuale. Tuttavia gli Uffici brevetti di diversi
Paesi dell'Unione, negli ultimi anni, hanno concesso brevetti per programmi
informatici, sollevando forti reazioni soprattutto negli ambienti accademici.
Una fondamentale differenza tra il diritto d'autore e il brevetto è nel fatto
che il primo protegge un'opera dell'ingegno nella sua forma espressiva e chi
acquisisce il diritto ha la possibilità di utilizzare l'opera così com'è;
invece il brevetto concerne un'invenzione che, per essere sfruttata, deve essere
applicata in un processo produttivo o di altra natura.
La protezione del software
Si è discusso a lungo se al software fosse applicabile il regime del brevetto o
quello del diritto d'autore (non è stata mai realmente presa in considerazione
la proposta di creare una forma di protezione specifica per i programmi per
elaboratore). Alla fine degli anni '80 è prevalsa a livello europeo la tesi del
diritto d'autore ed è stata quindi emanata la direttiva 91/250/CEE che è stata
attuata in Italia con il DLgs n. 518/1992, che ha modificato la legge sul
diritto di autore con l'inserimento delle disposizioni relative al software. Un
secondo allargamento del campo di applicazione della legge è stato compiuto con
il DLgs 518/99, che ha introdotto la protezione delle banche dati in attuazione
della direttiva 96/9/CE.
Negli anni, in attuazione di altre direttive comunitarie, vari
provvedimenti legislativi hanno integrato la legge sul diritto d'autore
adeguandone le previsioni non solo alla diffusione di nuove forme di contenuti,
ma anche alle nuove tecniche di violazione dei diritti sui contenuti stessi.
Di fatto oggi la protezione accordata al software è in molti punti diversa da
quella delle opere tutelate dal diritto d'autore.
È da osservare che, se il software fosse considerato un prodotto industriale
(quindi soggetto alla protezione brevettuale, invece che a quella del diritto
d'autore), dovrebbe cambiare anche il regime di tutela degli utilizzatori: per
esempio, il produttore dovrebbe fornire una garanzia di due anni, rispondere dei
danni provocati da software malfunzionanti e assicurare la disponibilità dei
"ricambi" per cinque anni dopo la cessazione della produzione.
La proposta di direttiva europea
Il tema trattato dalla direttiva è complesso e delicato e sull'argomento
si registrano molte opinioni difformi, come testimoniato dalla complessità dell'iter
della discussione in corso di svolgimento presso l'Unione Europea, su cui sto
per fornirvi le indicazioni essenziali.
La stessa proposta di direttiva, nella relazione introduttiva, si pone l'obiettivo
di armonizzare la legislazione esistente in materia "evitando mutamenti
repentini della posizione giuridica e in particolare un'estensione della
brevettabilità ai programmi per elaboratori in quanto tali".
La complessità del tema trattato appare evidente anche dalla natura e dal
numero di emendamenti proposti dal parlamento europeo a tutela della non
brevettabilità del software in quanto tale. Allo stato attuale, la discussione
sull'argomento ha subito una pausa di riflessione.
Per completezza di informazione ricordo che la proposta di direttiva COM
(2002) 92, fu presentata dalla Commissione europea nel febbraio del 2002, e
trasmessa al Consiglio ed al Parlamento europei; nel novembre del 2002 il
Consiglio dei Ministri competente per la materia, cioè il Consiglio Mercato
Interno (oggi rinominato "Consiglio Competitività"), ha espresso una
prima valutazione di massima, sostanzialmente positiva, ma con richieste di
modifica sulla proposta di direttiva.
Successivamente, sulla spinta delle critiche alla originaria proposta di
direttiva, basate sull'eccessivo ampliamento della brevettabilità del
software, in sede di Commissione giuridica e per il mercato interno del
Parlamento europeo, sono stati formulati 129 emendamenti di cui ben 64
approvati, proposti in parte dalla relatrice, la parlamentare inglese Mc Carthy,
ed in parte dagli altri deputati membri della Commissione; tali emendamenti pur
ribadendo la non brevettabilità delle idee in quanto tali, dei principi e degli
algoritmi, sono stati ritenuti insufficienti dai sostenitori dei sistemi di
software libero i quali pongono l'accento sul fatto che il principio della
brevettabilità del software sarebbe incompatibile con l'open source, in
cui tutti concorrono all'evoluzione dei programmi proprio in virtù della
possibilità di impiegare parti di software sviluppate da altri, circostanza che
ha favorito gli alti tassi di sviluppo dell'informatica. Essi, inoltre,
ritengono che si avrebbe comunque un aumento dei costi di sviluppo, che si
rifletterebbe sui prezzi agli utenti finali, rallentando l'innovazione.
I sostenitori della brevettabilità pongono invece l'accento sulla necessità
di garantire, tramite brevetti, idonei ritorni economici rispetto agli
investimenti per la creazione di nuovi software.
Il dibattito non è vivace solo a livello europeo. Negli Stati Uniti, La Federal
Trade Commission ha recentemente segnalato i danni degli eccessi della tutela
brevettuale per la diffusione della conoscenza e il processo di innovazione
tecnologico.
Tornando all'iter della direttiva presso l'Unione europea voglio ancora
sottolineare che siamo ancora ben lungi dall'approvazione finale della
direttiva: il Commissario europeo competente ha ritenuto accettabili da parte
della Commissione solo 22 dei 64 emendamenti parlamentari ed è necessaria una
trattativa tra il Consiglio ed il Parlamento; poiché per la sua complessità,
la trattativa non potrà chiudersi prima dello scioglimento dell'attuale
Assemblea nel prossimo giugno, essa dovrà essere condotta con il nuovo
Parlamento; il problema è quindi rinviato, per la soluzione finale, per un
congruo lasso di tempo.
Siamo di fronte, dunque, non tanto a un mero problema giuridico ma soprattutto
ad una delicata valutazione dell'impatto che una direttiva di questo tipo può
avere sul processo di innovazione tecnologica e, in ultima analisi, sull'intero
sistema produttivo.
In linea di estrema semplificazione si è affermato da parte di alcuni che la
proposta è fortemente voluta dalle grandi case produttrici di programmi per
elaboratore, che possono sostenere gli ingenti costi necessari a ottenere la
protezione brevettuale, mentre è avversata dagli ambienti accademici, che
affermano che la brevettabilità "delle invenzioni attuate per mezzo di
elaboratori elettronici", oltre ad essere contraria al principio della
"non brevettabilità delle idee in quanto tali", costituirebbe un
freno per il progresso e l'evoluzione della tecnologia.
In realtà questa schematizzazione critica, così come quella prima ricordata,
è troppo semplicistica: è infatti riduttivo pensare che sul problema della
brevettabilità del software esista una "semplice" contrapposizione
fra le grandi case produttrici di software e gli ambienti accademici. Si tratta,
invece, di compiere una valutazione complessiva che tenga adeguatamente conto
sia di come tutelare gli investimenti fatti sia di come evitare una eccessiva
rigidità del mercato e del processo innovativo.
Contestualmente, è necessario proporre il processo di armonizzazione
dichiarato dalla direttiva europea, in mancanza del quale la posizione di cosa
si può brevettare e cosa no rimane troppo difforme nei paesi dell'unione per
garantire i principi di piena competitività del mercato.
Infine, è necessario che la direttiva in questione non freni il processo di
utilizzo di open source in cui tutti concorrono all'evoluzione dei programmi
proprio in virtù della possibilità di impiegare parti di software sviluppate
da altri.
Come conciliare tutte queste esigenza in una proposta adeguata? Innanzi tutto
ho già segnalato ai Ministri Marzano e Buttiglione, in qualità di membri del
Consiglio Competitività, l'opportunità di approfondire, sia in sede europea
che a livello nazionale, nei necessari tempi tecnici, la delicata questione
prima di procedere all'approvazione della direttiva. Ritengo inoltre
necessario aprire un tavolo di lavoro sull'argomento, cosa di cui mi sono già
fatto promotore. Il tavolo deve riunire gli attori più significativi e deve
valutare, soprattutto, l'impatto di una disciplina in materia di
brevettabilità del software nell'ambito del sistema Italia, dove
preponderante è il tessuto economico delle piccole e medie imprese.
Il tavolo di lavoro ha lo scopo di produrre entro pochi mesi una fotografia
tecnica, economica e giuridica della situazione italiana sul problema della
brevettabilità del software e una proposta concreta da porre all'attenzione
dell'unione europea. Solo in questo modo è possibile definire un quadro di
intervento, anche normativo, che consenta di evitare pericolose discrasie o
radicalizzazioni nel settore dell'Information Technology.
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