Una notizia ai limiti
dell'incredibile
di Manlio Cammarata - 24.02.03
Venerdì 21 la prima disclosure sulla lista sikurezza.org, sabato 22 Il
Messaggero mette addirittura la notizia in prima pagina. Ma tra gli addetti
ai lavori si mormorava da tempo del "baco" dell'applicazione
"Firma e cifra" di PosteCom (l'ente certificatore delle Poste
italiane): sarebbe possibile far accettare al sistema il certificato di un falso
certificatore e quindi verificare come valida una firma falsa (qui il testo del messaggio).
La questione è molto grave. Secondo le prime valutazioni di tecnici
indipendenti che è stato possibile raggiungere nel fine settimana, c'è una
falla impensabile in un software che dovrebbe essere così sicuro da consentire
la firma di documenti "validi e rilevanti a tutti gli effetti di
legge": l'area in cui sono archiviati i certificati delle chiavi dei
certificatori non sarebbe trusted. Sarebbe quindi possibile inserirvi un
falso certificato senza che il sistema segnali una anomalia; quindi si potrebbe
verificare come valida una firma falsa, basata sul falso certificato.
Per capire la sostanza del problema è necessario riassumere come funziona in
pratica l'operazione di verifica di una firma digitale. Lo schema teorico
prevede che l'utente che riceve un messaggio firmato si colleghi al sito del
certificatore, prelevi la chiave pubblica del firmatario e con questa decifri
l'impronta allegata al documento: se l'impronta decifrata è identica a quella
calcolata sul momento a partire dal testo, la firma è valida.
Naturalmente è necessario essere sicuri che il certificatore sia a sua volta
"sicuro": per questo si deve controllare la sua firma, che deve essere
certificata da un altro soggetto di cui sia nota l'affidabilità.
Il meccanismo è lento, e potrebbe diventare lentissimo nel momento in cui le
firme in circolazione diventassero milioni. E' stata quindi scelta una soluzione
pratica che consente di compiere una prima verifica off line, senza il
collegamento al certificatore (si vedano le Linee
guida per l'interoperabilità dei certificatori, circolare
AIPA/CR/24). Funziona così: il documento informatico è inserito in una
"busta elettronica", secondo lo standard PKCS#7. Nella busta è
presente, oltre all'impronta cifrata del documento, anche il certificato della
chiave pubblica corrispondente alla chiave privata con cui è stata generata la
firma (che consiste, appunto, nell'impronta cifrata), firmato dal certificatore.
L'applicazione per la verifica della firma preleva quindi la chiave pubblica
dal certificato contenuto nella "busta", che è contraddistinta
dall'estensione ".p7m". Ma come si fa a verificare che il certificato
sia stato effettivamente emesso dal certificatore "apparente"? E'
necessario controllare la firma del certificato stesso con la chiave
pubblica del certificatore, pubblicata dall'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione. Però questo controllo, di solito, non avviene con il
collegamento diretto al sito dall'Autorità, ma su una copia del certificato
archiviata in un'apposita area del sistema. Periodicamente è necessario
verificare e aggiornare il contenuto di quest'area, anche se non dovrebbero
essere frequenti le sostituzioni delle chiavi dei certificatori.
Ora è chiaro che l'acquisizione dei certificati dei certificatori deve
avvenire in condizioni di sicurezza e che l'archivio deve essere ultra-protetto,
perché costituisce di fatto la "root", la radice della sequenza di
verifica. Se un mascalzone abbastanza abile riesce a inserire un certificato
falso, ecco che qualsiasi firma falsa, certificata dal falso certificatore,
viene verificata come "vera".
Il "baco" del software PosteCert appare quindi di enorme gravità, ai
limiti dell'incredibile, anche perché il problema dell'affidabilità dell'area
certificati è ben noto agli esperti (vedi l'articolo del 19 dicembre 2002 I dubbi sulla validità dei documenti informatici, in
cui Roberto Baudizzone dedicava all'argomento un paragrafo specifico).
Occorrono accurate verifiche. Aspettiamo poi un commento dello stesso
certificatore, anche perché le risposte pubblicate dal Messaggero sono
state forse riportate con qualche inesattezza.
Pubblicheremo tempestivamente nei prossimi giorni ogni novità sulla questione. |