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 Firma digitale

Lo schema governativo stravolge il processo civile
di Gianni Buonomo* - 24.01.02

Lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 1999/93/CE sulle firme elettroniche, approvato dal Consiglio dei ministri dello scorso 21 dicembre 2001 e non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale potrebbe stravolgere l'intero sistema delle prove che regola il nostro sistema processuale civile.

E' noto, non solo ai giuristi, che un documento può assumere valore di prova nel processo solo se esso è attribuito con certezza assoluta al suo autore. In altri termini, ciò che determina il convincimento del giudice sul valore probatorio di uno scritto, prima ancora del suo contenuto, è la certezza che le espressioni di volontà in esso rappresentate siano state effettivamente volute da colui che figura come autore del documento.
La prassi inveterata (e tipica del diritto civile continentale) di far proprio (anche successivamente alla sua formazione) uno scritto con la firma ha fatto, così, assurgere a massima d'esperienza il fatto che il documento sottoscritto appartiene (cioè: può essere attribuito) a colui che figura come firmatario e che ne assume, conseguentemente, su di sé le conseguenze giuridiche.

Se, ad esempio, voglio provare in giudizio che ho pagato il mio debito posso esibire in giudizio la quietanza con cui il mio creditore dichiara per iscritto di aver ricevuto la somma dovuta.
Perché una scrittura privata abbia valore di prova nel giudizio è necessario, dunque, che sia stabilita con certezza la paternità del documento.

Se, dunque, il sistema con cui l'autore del documento si dichiara autore dello scritto dichiara di condividerne il contenuto è costituito dalla sottoscrizione autografa, l'attuale sistema processuale prevede che la scrittura privata "fa piena prova, sino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni di chi l'ha sottoscritta" (art. 2702 cod. civ.) solo se, e nella misura in cui, lo scritto è attribuibile con certezza al suo autore. Ciò si verifica,
1. se colui nei cui confronti la scrittura viene prodotta in giudizio non la disconosce;
2. se la firma è stata autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato dalla legge (ad esempio il cancelliere, il segretario comunale, l'ufficiale di stato civile nei casi previsti dalla legge);
3. se la sottoscrizione viene accertata in giudizio attraverso il processo di verificazione della scrittura privata (art. 216 e ss. cod. proc. civ.).

Veniamo, dunque, alla firma digitale.
L'articolo 10 del testo unico sulla documentazione amministrativa (DPR 28.12.2000, n. 445, che ha recepito il testo del DPR 513/1997) attribuisce al documento informatico, se sottoscritto con firma digitale, "efficacia di scrittura privata ai sensi dell'articolo 2702 del codice civile".
Ciò significa che - attualmente - il documento informatico, redatto secondo le regole tecniche e munito di firma digitale secondo le norme legislative e regolamentari raccolte nel citato testo unico, ha in giudizio lo stesso valore della scrittura redatta e sottoscritta sul foglio cartaceo.

Il "parallelismo" esistente tra scrittura su supporto informatico e scrittura su supporto cartaceo è rafforzato, inoltre, dalla previsione di un documento informatico munito di firma (digitale) autenticata secondo le forme dell'articolo 24 del predetto TU ("Si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile, la firma digitale, la cui apposizione è autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato").
Attualmente - dunque - il documento informatico, redatto secondo le regole tecniche e munito di firma digitale secondo le norme legislative e regolamentari raccolte nel citato testo unico, ha in giudizio lo stesso valore della scrittura redatta e sottoscritta sul più tradizionale foglio cartaceo.

Ora, va rilevato che l'articolo 6 dello schema del decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria (andando ben oltre il semplice recepimento della direttiva) modifica sostanzialmente l'articolo 10 del d.P.R. 445 introducendo una rivoluzionaria innovazione.
Il terzo comma viene così sostituito:
3. Il documento informatico, quando è sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica avanzata, e la firma è basata su di un certificato qualificato ed è generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa piena prova, fino a querela di falso, delle provenienza delle dichiarazioni di chi l'ha sottoscritto.

Ciò significa - se il testo pubblicato da Interlex coincide con quello licenziato dal Consiglio dei ministri per la definitiva emanazione e per la pubblicazione sulla GU - che il valore probatorio di un documento informatico sottoscritto con firma digitale sarà (dall'entrata in vigore del provvedimento) equipollente a quello di una scrittura con firma autenticata dal notaio poiché essa non dovrà essere riconosciuta da colui contro il quale viene utilizzata e farà "piena prova" in giudizio sino ad impugnazione di falso.

Per il documento cartaceo, tuttavia, la "piena prova" viene assicurata dal fatto che ad autenticare la sottoscrizione è un pubblico ufficiale (ad esempio, un notaio) tenuto all'osservanza della legge professionale e soggetto al controllo pubblico sul suo operato (uso del sigillo e dei registri, responsabilità disciplinare); nel caso della firma digitale, invece, il cosiddetto certificatore è un soggetto privato che, proprio a causa della direttiva comunitaria 1999/93, può esercitare l'attività liberamente e senza autorizzazione preventiva (art. 3 dello schema), con il solo obbligo di adempiere gli obblighi non ancora precisati, che discenderanno dal regolamento da emanarsi a norma dell'articolo 13 dello stesso decreto.
E tutto questo, per attribuire fede privilegiata al documento informatico, sembra veramente poco.