Interrogazione a risposta scritta :
Ai Ministri per l'Innovazione e le Tecnologie e per le Politiche
Comunitarie
Per sapere, premesso che :
- il DPR 513/97 (poi trasfuso nel testo unico sulla documentazione
amministrativa) aveva posto il nostro Paese all'avanguardia nel mondo nel
difficile campo dell'accoglimento delle innovazioni tecnologiche
nell'ordinamento giuridico e aveva il grande merito di disegnare un sistema
coerente, basato su un assunto innovativo, riconoscendo l'efficacia legale di
processi tecnologici capaci di garantire un livello di sicurezza almeno pari a
quello delle procedure tradizionali, fondate sul vecchio armamentario delle
firme autografe, dei timbri, sigilli e punzoni e di quant'altro la burocrazia
aveva saputo inventare nel corso dei secoli;
- il vanto italiano era proprio quello di avere costruito un sistema di
elevatissima attendibilità, e soprattutto polifunzionale, idoneo cioè ad
essere utilizzato de plano in tutti i settori della vita della comunità,
sia essa pubblica o privata. Si pensi al processo telematico, in cui si
intersecano i profili della prova documentale, dello scorrere del tempo, al di
fuori del processo (il tempus in cui un determinato atto giuridico è
stato compiuto) e dentro al processo stesso (le decadenze da diritti e facoltà
processuali sono legate a termini);
- nell'attuazione delle direttive si segue solitamente lo strumento della
legislazione delegata, cioè della attribuzione al governo, ai sensi dell'art.
76 Cost., del potere legislativo che appartiene originariamente e solamente al
parlamento. Tale deviazione dalla schema costituzionale tipico è ammessa solo a
condizione che la delega sia attuata entro un termine definito, e soprattutto
sulla base di principi direttivi fissati dal parlamento stesso. La violazione
dei limiti da parte del governo si traduce in illegittimità costituzionale
della norma delegata.
- nel caso di recepimento di direttive comunitarie il Parlamento può
utilizzare quale criterio-guida il contenuto della direttiva stessa e ciò è
puntualmente avvenuto nella legge comunitaria del 2000 (l. 29 dicembre 2000, n.
422), il cui art. 2, comma 1, lett. b) prevede inoltre la possibilità di
introdurre modifiche o integrazioni alle discipline interessate dalla direttiva
da attuare, allo scopo "dichiarato" di evitare disarmonie con le
discipline vigenti, significando che il legislatore non è delegato ad
"introdurre" disarmonie o stravolgimenti del sistema esistente;
- alcuni elementi dello schema di decreto legislativo conducono al contrario
a ritenere che i limiti della delega, pur generici e poco incisivi, siano stati
superati: come l'art. 6, che sostituisce l'art. 10 del TU 445/2000,
affermando che qualsiasi firma elettronica, quindi anche quella carente dei
requisiti di sicurezza e certificazione, è idonea a conferire ad un documento
informatico il carattere di atto a forma scritta e che, tuttavia, sul piano
probatorio il documento è "liberamente valutabile, tenuto conto delle sue
caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza".,;
- in fase di recepicemento si è un po' troppo disinvoltamente trasposto il
testo della direttiva, senza badare alla applicabilità, alla effettiva portata
ed e al significato ampio di quanto, appunto, trasposto; cito ad esempio l'art.
2.1.b) dello schema, che recita: ". si intende per .
"certificatori" coloro che prestano servizi di certificazione delle
firme elettroniche o che forniscono altri servizi connessi alle firme
elettroniche;" la definizione qui data di "certificatori" può
ingenerare una grossa confusione, se applicata anche a chi fornisce altri tipi
di servizi, quali il time stamping, la registrazione degli utenti, ecc.
Per assurdo una lettura isolata di tale definizione porterebbe a considerare
come "certificatori" anche gli autori del software di firma, poichè
fornitori di servizi, e con essi gli enti di registrazione tipicamente legati da
rapporto organico o contrattuale con i "veri" certificatori;
- è giuridicamente scorretto usare il termine "autenticazione" per
le firme elettroniche, in quanto nel nostro ordinamento e nelle previsioni del
vigente codice civile esso indica un particolare istituto, che richiede
l'intervento di un pubblico ufficiale; il termine corretto è
"validazione", come nelle definizioni attuali del DPR 445/2000;
- il DPR 445/2000 all'art. 38.2 recitante: "Le istanze e le
dichiarazioni inviate per via telematica sono valide se sottoscritte mediante la
firma digitale o quando il sottoscrittore è identificato dal sistema
informatico con l'uso della carta di identità elettronica"; è sostituito
dall'art. 9 dello schema che recita: "2. L istanze e le dichiarazioni
inviate per via telematica sono valide:
a) se sottoscritte mediante la firma digitale, basata su di un certificato
qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato, e generata mediante un
dispositivo per la creazione di una firma sicura;
b) quando l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della
carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi. (L)".
Qui si introduce un nuovo documento, la carta nazionale dei servizi, non ancora
presente nell'ordinamento, né, tanto meno, previsto dalla delega legislativa.
- in questo modo si conferma l'errore, già presente nel DPR 445/2000,
consistente nel fatto che le dichiarazioni inviate alle pubblica amministrazione
con l'identificazione del mittente mediante l'uso della CIE (carta d'identità
elettronica) o della CNS (carta nazionale dei servizi) non danno alcuna garanzia
che il documento non venga alterato dopo la spedizione, contrariamente a quanto
si ottiene con la firma digitale.
- all'allegato II, lettera L), terzo punto, la direttiva comunitaria dispone
che i prestatori di servizi di certificazione debbano fare in modo che "i
certificati siano accessibili alla consultazione del pubblico soltanto nei casi
consentiti dal titolare del certificato". Invece lo schema di decreto
presidenziale non ha modificato in tal senso gli articoli, del DPR 445/2000, che
dispongono obbligatoriamente la pubblicazione integrale da parte del
certificatore dei certificati emessi.
- lo schema di recepimento viola la direttiva perché estende il pieno valore
legale del documento informatico anche ai documento con firma leggera,
equiparandolo alla "forma scritta", mentre la direttiva, art. 5, comma
1, lo prevede solo per la firma "avanzata". Per il documento con firma
leggera la direttiva prevede solo che non possa essere rifiutato come prova. Si
potrebbe addirittura ipotizzare una violazione della direttiva, perché se un
altro Stato membro accoglie la direttiva nel suo testo originario, i documenti
firmati in Italia con firma leggera (con pieno valore legale) non avrebbero lo
stesso valore nell'altro Stato;
- il riconoscimento del pieno valore giuridico del documento informatico
munito di firma digitale "leggera" ( e per ciò stesso
"insicura") non solo mina alla base il sistema di certezze
tecnico-giuridiche disegnato dal DPR 445/2000, ma comporta gravissime disarmonie
nell'intero diritto processuale civile;
- lo schema di decreto legislativo viola la delega perché contiene
disposizioni estranee e non necessarie per l'armonizzazione, come quella
relativa alla Carta Nazionale dei Servizi, ancora inesistente, e perché il
confuso sistema di definizioni non è coerente con l'ordinamento esistente e,
invece di armonizzare, "disarmonizza".
Inoltre viola la delega soprattutto perché non interviene sull'unica
disposizione con forza di legge (art. 15, c. 2 della l. 58/97), ma sulle
disposizioni regolamentari, trasformandole per di più in norme di legge.
L'incostituzionalità di questa soluzione, per vizio di delega, salta all'occhio
anche di un giurista alle prime armi;
Chiede ai Ministri per l'Innovazione e le Tecnologie e per le Politiche
Comunitarie come intendano procedere per :
a) evitare che lo schema di recepimento cosi configurato crei disarmonia nella
legislazione italiana in materia di Firma Digitale, azzerando gli sforzi del
lavoro dell'AIPA che era riuscita a produrre una legge di straordinaria
modernità.
b) fare in modo che la delega e le disposizioni comunitarie vengano accolte
con i minimi cambiamenti possibili nell'ordinamento esistente, considerando che
basterebbe un decreto di un solo articolo che modifichi il secondo comma
dell'art. 15 della legge 58/97, che mantenga definizione di documento
informatico valido e rilevante a tutti gli effetti di legge per i documenti con
firma digitale sicura formati dalla PA e dai privati e stabilisca
l'ammissibilità come mezzo di prova per i documenti firmati dai privati con
firma elettronica leggera, rimandando poi ad appositi regolamenti, separati per
il pubblico e per il privato, per i dettagli applicativi.