La firma
digitale nellattività forense: linnovazione
necessaria
Daniele Coliva* - 16.10.99
(Sintesi della relazione presentata al seminario e convegno di studi "Firma digitale e libere professioni" - Pontremoli, 15-16 ottobre 1999)
Avevo appena concordato il
titolo del mio intervento e già pensavo ad una piccola
integrazione, dalla quale sono stato dissuaso da chi è
molto più esperto di me in tecnica della comunicazione.
Lelemento mancante a mio avviso era il punto
interrogativo.
Non intendo fare il luddita o il bastian contrario,
tuttavia il giusto entusiasmo per lintroduzione nel
nostro ordinamento della firma digitale non doveva e deve
far perdere di vista alcuni problemi particolari
presentati dalla professione forense.
In primo luogo la firma
digitale non è la panacea dei nostri mali, né sarà lo
strumento decisivo per migliorare lefficienza del
sistema giustizia (quella civile in particolare).
Allinformatica si è spesso attribuita
dallinformazione di massa una capacità di
incisione immediata nella nostra vita in termini
migliorativi, che alla prova dei fatti si è rivelata
illusoria. Chi, tra coloro che hanno avuto i primi home
computer (Commodore 64, Spectrum), non ha cercato di
fornire, o trovare, giustificazioni dellacquisto
quali: mi aiuterà a tenere la rubrica degli indirizzi, a
catalogare le ricette (per cercare di "sedurre"
la consorte), a tenere il bilancio di casa, e poi in
realtà questi usi sono rimasti nel limbo delle buone
intenzioni?
Allo stesso modo, la firma digitale non impedirà i
rinvii lunghissimi, i tempi enormi dei processi civili,
la congestione degli uffici giudiziari (problemi elencati
in ordine sparso e senza pretesa di stabilire una
connessione causale tra gli stessi).
Il legislatore ha più semplicemente creato uno strumento
di lavoro dalle notevoli potenzialità, che lascia
intravedere scenari piacevoli, ma ancora lontani. In
quanto strumento, la firma digitale potrà spiegare i
suoi effetti "benefici", ovvero potrà
costituire veramente uninnovazione fenomenale se e
solo se cambieranno gli elementi di contorno.
E illusorio al
momento pensare che la firma digitale possa essere
risolutiva in quanto tale. La rivoluzione concettuale che
essa rappresenta può avere effetti dirompenti sul
sistema. Riprendendo un concetto già espresso più volte
in questa sede, una cosa e il documento
informatico, altra è la firma digitale.
Il primo è preesistente al d.p.r. 513/97, in quanto si
trova una definizione di documento informatico già
nellart. 491 bis c.p., introdotto dal d. lgs. 547/93, secondo il quale "per documento
informatico si intende qualunque supporto informatico
contenente dati o informazioni aventi efficacia
probatoria o programmi specificamente destinati ad
elaborarli". La definizione è per così dire
ancorata al vecchio schema concettuale, che non riusciva
a staccarsi definitivamente dal supporto. Il documento
era tale in quanto le informazioni fossero incorporate o
comunque inserite in una cosa, pezzo di carta o supporto
magnetico che fosse. Senza res non cera
documento, e quello informatico era il documento, rectius
linformazione, contenuta in un supporto
informatico.
Il d.p.r. 513 (numero magico?) opera il salto di
qualità: il documento informatico è la "la
rappresentazione informatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti" (art. 1, lett. a). Il
supporto è scomparso, e non si ritrova nel resto della
disciplina in questione. In termini sintetici, si è
smaterializzato (o dematerializzato). Alcuni commentatori
hanno immediatamente colto la rilevanza di questa
soluzione di continuità, forse aiutati dalla precedente
esperienza normativa in tema di valori mobiliari (che
poneva problemi di non poco rilievo: come costituire una
garanzia reale come il pegno su una entità
immateriale?).
La firma digitale
rappresenta il vero momento di svolta, lo strumento che
consente di fare funzionare un meccanismo integralmente
smaterializzato.
Il punto è che manca
il meccanismo!
Allo stato attuale la
realtà che abbiamo di fronte è di bilinguismo
imperfetto: tutti sono in grado di formare, leggere,
utilizzare il buon vecchio documento cartaceo. Solo
alcuni invece possono formare, leggere, utilizzare il
documento informatico e ancora meno la firma digitale,
eppure questi ultimi, ed in particolare la seconda, sono
integralmente equiparati alla carta quanto agli effetti
ed alla validità.
Nellattività di tutti i giorni questa diversità
di strumenti linguistici è tollerabile e forse non dà
luogo ad effetti particolarmente dirompenti.
Nel processo, che non va dimenticato è lo strumento
delicatissimo attraverso il quale si perviene alla
soluzione autoritativa di un conflitto tra soggetti
dellordinamento, non tutti i protagonisti sono in
grado di parlare correntemente anche la lingua
dellinformatica, per cui lintroduzione
concreta della firma digitale uscirà dallesercizio
di stile per diventare uno strumento di lavoro a tutto
tondo solo quando linformatica sarà diventata
patrimonio culturale della stragrande maggioranza. Ma
questo è un punto sul quale tornerò più oltre.
In ambito forense e
segnatamente processuale è essenziale lesistenza
di uno standard. Un processo in tanto funziona, in
quanto vi siano regole di comportamento uguali per tutti;
questo è un requisito imposto dalla natura stessa del
processo, e non solo dai principi costituzionali di
uguaglianza e di tutela del diritto alla difesa. Nel
processo vivente, quale è sotto gli occhi di tutti,
questo standard è realizzato in termini grossolani,
ridotto agli elementi strutturali fondamentali del
procedimento. E sufficiente in proposito esaminare
un campione dei fascicoli processuali esistenti in vari
uffici giudiziari per rendersi conto della assoluta
diversità di stili di compilazione degli atti stessi da
avvocato ad avvocato, nonché delle prassi locali dei
diversi tribunali (dubbio atroce: dove si applicano le
c.d. marche scambio? tutte sulloriginale o anche
sulle copie?). A volte le conclusioni sono
allinizio delle citazioni, altre alla fine, le
richieste istruttorie sono disperse nel testo
dellatto, altre volte ancora manca
lindicazione specifica dei documenti prodotti.
Un primo passo possibile
sarebbe imporre1 ladozione di norme di comportamento
assolutamente uniformi ed inderogabili2. Lo strumento informatico, per sua
natura, conduce lentamente ma progressivamente ad una
sostanziale uniformità, anche perché rende più facile
limplementazione di procedure standard automatiche
(ed il risparmio di tempo e fatica è un notevole
incentivo).
La firma digitale, sotto questo profilo, al contempo
impone il ricorso a procedure uniformi e costituisce
unoccasione clamorosa per intervenire organicamente
nella materia.
Lintervista alla dr. Floretta Rolleri pubblicata
sul n. 96 di Interlex contiene le indicazioni delle linee
guida sulle quali si sta muovendo il Ministero di Grazia
e giustizia. Nella stessa si accenna al Tribunale di
Bologna. In questo Foro sta prendendo corpo un progetto
(Polis) che potrà costituire il futuro nucleo del
processo telematico.
Limportanza di Polis
sta prima di tutto nel fatto che è il frutto di un
lavoro di analisi congiunto di magistrati, avvocati e
cancellieri, sulla base della considerazione, forse non
troppo ovvia nella realtà dei fatti, che il
"Tribunale" non è un luogo in cui ciascuna
categoria opera autonomamente o addirittura in reciproco
conflitto, ma ciascuna nellambito della rispettiva
professionalità fornisce una prestazione ed usufruisce
di un servizio essenziale dello Stato.
Con estrema chiarezza il Collega Mario Jacchia ha
illustrato allavvocatura bolognese quanto si sta
realizzando3, soffermandosi su un fatto apparentemente semplice, ma che è il fulcro dellinnovazione, e
cioè che lintroduzione del processo telematico non
può e non deve limitarsi alla mera predisposizione di
procedure informatiche che traducano alla lettera le
procedure preesistenti.
La virtualità che
caratterizza il mondo dellinformatica cozza
sonoramente con la complicazione e la farraginosità del
mondo cartaceo4, e limitarsi alla mera trasposizione su
elaboratore della realtà conosciuta ad oggi significa
"linformatizzazione di tutte le disfunzioni
e le sovrastrutture di unorganizzazione totalmente
superata ed agonizzante: era necessario, invece,
affrontare il processo civile con una nuova filosofia,
non informatizzare il processo esistente".
La conseguenza è stata lanalisi estremamente
approfondita dello schema procedimentale del processo in
tutti i suoi aspetti, dal momento che la mera
introduzione della firma digitale non avrebbe determinato
altro che la necessità di integrare la struttura
esistente al fine di potere trattare i documenti e gli
atti informatici parallelamente a quelli ordinari.
La firma digitale in questo progetto ha costituito
appunto lelemento catalizzatore, in quanto per sua
natura consente ladozione di strumenti informatici
e processuali diversi e nuovi. Certo si sarebbe potuto
procedere nel modo indicato più sopra, ma il risultato
sarebbe stato di nulla utilità, dal momento che non
avrebbe avuto efficacia risolutiva dei vecchi problemi.
Tornando alla mia
considerazione iniziale, il punto interrogativo che
suggerivo quale integrazione del titolo, cautelativamente
rimane. La firma digitale non è tanto, a mio avviso, una
innovazione ex se5, quanto piuttosto lo strumento
fondamentale per intervenire seriamente su un sistema
dalle risorse cronicamente scarse, affinché queste siano
utilizzate nel modo migliore possibile.
Il collega Rognetta nel
suo intervento telematico ha giustamente posto
laccento sul profilo/problema culturale, ed è
questo che deve essere risolto, perché la recente
normativa serva a qualcosa e non sia invece uno dei tanti
esercizi di stile.
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* Avvocato in Bologna
1 Il verbo è usato non a caso: per
ammissione degli stessi protagonisti, lavvocato e
il giudice sono "pigri", nel senso che le
modifiche a protocolli operativi consolidati sono il più
delle volte posti nel nulla mediante il rifiuto puro e
semplice delle stesse. Perché le variazioni possano
andare a regime occorre un intervento per così dire
pedagogico: luso del vecchio sistema deve essere
reso più scomodo o meno vantaggioso, in termini di tempi
o comodità, rispetto al nuovo.
2 Ad esempio nel regolamento di
procedura della Corte Suprema degli Stati Uniti è
fissato il tipo di carattere utilizzabile nella stesura
degli atti ed il numero massimo di pagine degli stessi.
3 Unutopia che rischia di
realizzarsi: il processo telematico, in Bologna
Forense, n. 1/99, leggibile su http://www.ordine-forense.bo.it/bofo/1999901/07-progettopolis/
4 Si pensi ai registri di
cancelleria: lart. 30 delle disposizioni di
attuazione del c.p.c. prevedeva diciannove registri in
Tribunale.
5 Dal punto di vista tecnico è il
prodotto inevitabile dello sviluppo tecnologico ed
economico della scienza e dellindustria
informatica.
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