La
rivoluzione elitaria del documento informatico
di Giorgio Rognetta* - 23.11.98
Non appena la bozza del
regolamento tecnico dellAIPA è stata messa on line, ripetuti sussulti hanno scosso la comunità
telematica ansiosa di recepire la lieta novella: ciò
perché si tratta di un testo obiettivamente
"antipatico", che già ad una prima lettura
causa la visione di pesanti catene ai diffidenti
navigatori abituati al regno della libertà virtuale.
Daltro canto, avendo la nostra comunità già
espresso, in conseguenza di tale indigesto approccio al
neo-regolamento tecnico, numerose critiche di natura sia
tecnica che giuridica, proverò a cimentarmi in un
esercizio diverso.
Una delle critiche
ricorrenti consiste nellimputare allAIPA di
aver partorito un regolamento tecnico con talune non
trascurabili connotazioni di natura eminentemente giuridico-normativa: può essere tollerato tale mostruoso
ibrido su un organismo che dovrebbe viceversa mantener
pura la sua natura tecnica? Rispondo con altri
interrogativi: ma siamo certi che il DPR 513/97 abbia
compiuto sino in fondo il suo dovere, cioè quello di
esaurire la disciplina normativa della materia, rinviando
quindi solo per gli ulteriori aspetti tecnici al futuro
regolamento? Oppure assistiamo a questa presunta
invasione di dati non propriamente tecnici nel
regolamento perché sono venute improvvisamente fuori
delle lacune che occorreva colmare?
Agli albori della nostra
storia digitale, quando ancora si discuteva su ciò che
poi sarebbe diventato il DPR 513, in una conferenza
telematica promossa da Enrico Maccarone paventai il
rischio di una eccessiva delega al settore tecnico di
aspetti che potevano conservare invece una sia pur minima
dignità giuridico-normativa: questo ricordo è tornato
istintivamente tra i miei pensieri, non appena letto il
nuovo testo dellAIPA, e lo propongo
allattenzione dei pazienti lettori.
Pertanto, anche se la nuova fatica dellAIPA pare
che susciti la stessa rassegnata ed affettuosa
considerazione di cui godeva il brutto anatroccolo,
occorrerebbe domandarsi se landamento claudicante
di tale neo-nato in casa AIPA non sia il frutto di una
incolpevole "malattia ereditaria" risalente al
genitore (DPR 513) che lo concepì.
Se non si percepisce tale
"ereditarietà", si finisce con ladditare
al telematico ludibrio anche la fumosità del regolamento
tecnico riguardante la disciplina della responsabilità
del certificatore: ma lindividuazione del tipo di
responsabilità del certificatore è da ritenersi un
naturale passo del regolamento tecnico? Ho
limpressione che si contesti il regolamento tecnico
da un lato per la presunta ingerenza in una sfera che
dovrebbe restare puramente giuridico-normativa, e
dallaltro per talune carenze che dovrebbero
viceversa essere colmate in una sede non propriamente
tecnica: questa ambiguità di fondo forse è dovuta
proprio alla mancanza di un esauriente substrato
normativo sul quale il regolamento dovrebbe essere
costruito per sviluppare solo la sua indole tecnica.
Ritengo tuttavia che il
problema principale del sistema, che si sta ormai
completando con la bozza sulle regole tecniche, non sia
affatto quello sopra accennato, bensì quello della sua
effettiva fruibilità da parte della comunità
telematica. Fatico ad immaginarmi lanarchico
navigatore di Internet sottoporsi alle gravose procedure
del Certificatore, sopportarne le spese ed i disagi (non
dimentichiamo che occorrerà comunque una identificazione
"fisica" del richiedente, e quindi sarà
indispensabile recarsi presso gli uffici del Certificatore), acquistare il software necessario
allimpresa, e il tutto magari per effettuare
qualche modesta operazione commerciale. E credibile
che un sia pur volenteroso cittadino telematico che
intenda stipulare qualche contrattino on line sia
disponibile ad affogare sotto un tale diluvio di norme?
Con la necessità, inoltre, di doversi aggiornare
continuamente, in quanto la revisione periodica delle
norme tecniche probabilmente imporrà ulteriori
adempimenti ai malcapitati utenti del commercio
telematico. E ovvio che un tale triste fardello
sarà sopportato solo da coloro che avranno la necessità
di affrontare importanti e frequenti operazioni
commerciali (ovviamente a patto che costoro ne traggano
effettivo giovamento); il comune cittadino telematico,
invece, sarà inevitabilmente escluso dalla rivoluzione
telematica che, proprio per questo, finirà con
lassumere forma elitaria, priva di essenziali
componenti di democraticità, in quanto diretta solo alle
amministrazioni pubbliche e ad una fascia assai ristretta
di utenti privati.
Poteva lAIPA,
allora, nella redazione delle regole tecniche, recuperare
la "democraticità" del sistema? Non credo che
ciò sarebbe stato possibile, in quanto già dalla
lettura del DPR 513 si desumeva la tendenziale
"anti-democraticità" del sistema stesso. In
sostanza le esigenze di certezza del diritto impongono un
funzionamento complesso del sistema al quale solo una
elite tecnocratica può facilmente adattarsi;
daltro canto il timore di provocare traumatici
sconvolgimenti nella maggioranza giuridico-sociale,
abituata a convivere con radicati e tranquilli istituti
civilistici, ha spinto lAIPA ad una minuziosa
ricerca di appigli tecnici per fugare qualsiasi dubbio
sulla ineccepibilità del nuovo sistema telematico.
Ed allora qual è la
strada che linternauta potrà percorrere per
conquistare i suoi spazi di democratica cittadinanza
telematica? Ritengo che egli potrà riferirsi ad agili
"certificatori convenzionali", slegati dagli
impicci burocratici-tecnologici creati (non per sua
colpa) dallAIPA, e capaci di garantire celerità e
sicurezza alle operazioni telematiche sulla base di
meccanismi certificativi già ampiamente rodati: mi
riferisco alle procedure di certificazione del PGP,
certamente estranee ad un sistema che si affida ad una
forse sin troppo autorevole Trusted Third Party come
quella che si è ormai delineata nel nostro ordinamento,
ma non per questo immeritevoli di fiducia. Il programma
PGP si basa su una forma di certificazione
"democratica", in quanto attuata senza
particolari difficoltà dagli stessi utenti i quali, per
ovviare alle difficoltà di identificazione della
titolarità delle chiavi asimmetriche, potrebbero
stabilire di affidarsi ad un "certificatore
convenzionale" (ad es. il provider, che già dispone
dei dati identificativi degli utenti, e che potrebbe
ricevere in deposito le rispettive chiavi pubbliche).
Certo questa procedura non
sarebbe sufficiente ad integrare i requisiti del
documento informatico come previsti dallart.2 del
DPR 513, in quanto verrebbe meno la conformità alle
disposizioni del DPR stesso nonché alle future regole
tecniche, con tutte le immaginabili conseguenze in caso
di contestazione sulla titolarità di una firma apposta
tramite PGP. Ma daltro canto non vè altro
modo per consentire a tutti i cittadini telematici di
appropriarsi della rivoluzione, altrimenti elitaria, del
documento informatico.
* Avvocato - Curatore edizione
telematica di Zaleuco
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