Fatture elettroniche, da gennaio i
problemi?
di Manlio Cammarata - 09.10.03
L'invio delle fatture attraverso la posta elettronica, invece che con i mezzi
tradizionali, è una pratica sempre più diffusa. Non ci sono norme specifiche
in proposito, ma diverse circolari del Ministero dell'economia e delle finanze
ammettono la trasmissione di questi documento in formato digitale, a condizione
che le copie conservate dal mittente e da destinatario siano uguali.
Ma il problema è proprio quello della conservazione su supporti informatici, ed è spesso oggetto di
richieste di chiarimenti da parte dei nostri lettori. La risposta è sempre la
stessa: aspettiamo le disposizioni che devono essere emanate dal Ministero
dell'economia e delle finanze, in attuazione degli articoli 10 e 12
del DPR 445/2000 (testo unico sulla documentazione amministrativa). La norma
risale al DPR 513/97 e sono sei anni che
aspettiamo inutilmente.
Ma ora si avvicina una scadenza importante: entro il 1. gennaio 2004 deve
essere attuata la direttiva
2001/115/CE "che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di
semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste
in materia di imposta sul valore aggiunto" (la direttiva originale si può
trovare qui, con tutte le modifiche precedenti l'ultima). Il
provvedimento comunitario contiene importanti disposizioni in materia di fatture trasmesse
per via elettronica, disposizioni che potrebbero comportare non pochi problemi a chi è
abituato a inviare le fatture come semplici allegati di messaggi di posta
elettronica.
Ecco le norme, contenute nell'art. 2, paragrafo 2, della direttiva:
c) Le fatture emesse a norma della lettera a) possono essere trasmesse su carta oppure, previo accordo del destinatario, per via elettronica.
Le fatture trasmesse per via elettronica sono accettate dagli Stati membri a condizione che l'autenticità della loro origine e l'integrità del loro contenuto siano garantite:
- mediante una firma elettronica avanzata, ai sensi dell'articolo 2, punto 2), della direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme
elettroniche; gli Stati membri possono tuttavia esigere che la firma elettronica avanzata sia basata su un certificato qualificato e sia creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 6 e 10, della citata direttiva,
- mediante la trasmissione elettronica di dati (EDI) quale definita all'articolo 2 della raccomandazione 1994/820/CE del 19 ottobre 1994, relativa agli aspetti giuridici della trasmissione elettronica di
dati della Commissione, qualora l'accordo per questa trasmissione preveda l'uso di procedure che garantiscano l'autenticità dell'origine e l'integrità dei dati; gli Stati membri possono tuttavia, salve condizioni da essi stabilite, prevedere l'esigenza di un ulteriore documento riassuntivo cartaceo.
Le fatture possono tuttavia essere trasmesse per via elettronica secondo altri metodi, previo accordo dello Stato o degli Stati membri
interessati.
Lasciamo da parte lo standard EDI, caduto in disuso prima ancora di essere
adottato su larga scala, in seguito alla "esplosione" dell'internet
nella seconda metà degli anni '90. La sostanza delle nuove norme è che non si
potrà più inviare una fattura senza la firma digitale. Ma da quando?
Il recepimento della direttiva è previsto dalla legge 3 febbraio 2003, n. 14
(legge comunitaria 2002) entro 18 mesi dalla pubblicazione delle legge stessa, e cioè entro il 22
agosto 2004. Ma la direttiva deve essere attuata dagli Stati membri entro il
primo gennaio e se il Governo non provvederà nel frattempo,
le fatture inviate secondo le vecchie regole non saranno conformi alla normativa
comunitaria.
Le conseguenze potrebbero essere pesanti per le aziende italiane che hanno
rapporti commerciali con altri Stati della UE:
C'è da osservare che le disposizioni della direttiva 2001/115 rientrano con
ogni probabilità nelle norme comunitarie self executing, cioè efficaci e
applicabili anche se non formalmente accolte nel nostro ordinamento, in
quanto appaiono incondizionate e sufficientemente precise, e
nell'ordinamento italiano sono già presenti le disposizioni sulle firme
"elettroniche" (vedi Gli
"effetti diretti" delle direttive comunitarie di
Lucilla Margherita).
Dunque chi si adeguerà al regime della "fattura elettronica europea"
e invierà documenti firmati digitalmente (almeno con firma elettronica "avanzata") sarà certamente in
regola, anche in assenza di disposizioni nazionali. E chi continuerà con
documenti digitali non firmati? Non sarà perseguito dal fisco italiano, ma
comunque prima o poi dovrà adeguarsi al nuovo sistema.
Ora qualcuno potrebbe osservare che il nuovo regime rende più oneroso
l'impiego della fattura elettronica, rispetto a quella cartacea: infatti per
questa non è prevista una firma (anzi, la direttiva ne esclude esplicitamente
l'obbligatorietà) né l'invio con posta raccomandata. Di fatto, quando il
sistema sarà completamente a regime, la gestione di una fattura elettronica si
rivelerà più semplice di quella cartacea: questa infatti
viene prodotta, registrata e archiviata con procedure che hanno ancora la carta come
supporto finale e la sostanza non cambia se il documento viene spedito come
allegato a una e-mail: il mittente e il destinatario lo stampano e lo trattano come
un documento trasmesso con la posta tradizionale.
Però una fattura "smaterializzata", il cui trattamento sia svolto
interamente con mezzi elettronici, può essere soggetta ad alterazioni (dolose o
accidentali) che non sono successivamente rilevabili: la previsione della firma
digitale è quindi sostanzialmente corretta.
Ma, questo è il problema, la firma digitale non è ancora abbastanza diffusa
tra le aziende e i professionisti. Questo significa che nel prossimo futuro
potremmo assistere a un ritorno alla spedizione con busta e francobollo, con
aggravio di costi e allungamento di tempi: invece di favorire il progresso,
le nuove norme potrebbero in un primo tempo provocare un ritorno al passato.
Vengono al pettine i nodi che tante volte abbiamo richiamato: è
sempre più urgente un'azione incisiva di diffusione della firma digitale, sia
attraverso un'informazione corretta e chiara sia con la messa a disposizione
degli utenti di applicazioni affidabili e semplici da installare e da usare, oltre
che in regola con la normativa (a proposito, quanto dovremo ancora aspettare le
nuove "regole tecniche", indispensabili per applicare le disposizioni modificate proprio per l'attuazione
della direttiva 1999/93/CE?).
Sempre che la direttiva 2001/115 e il suo recepimento non restino nel
cassetto delle buone intenzioni, come è accaduto per la 2000/35, attuata con il
decreto legislativo 9 ottobre 2002 n. 231 e
rivolta alla "lotta contro
i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali": praticamente
ignorata, soprattutto dalle pubbliche amministrazioni italiane.
A questo punto, però, è
inevitabile la solita domanda: emessa da una parte, e ricevuta dall'altra, una fattura
"europea" con firma elettronica, come deve essere archiviata per
soddisfare gli obblighi fiscali? Ritorniamo al punto di partenza e all'attesa di
istruzioni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (vedi
l'articolo di un anno fa Una proposta per
l'archiviazione ottica).
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