"Key
escrow", una questione molto delicata
di Manlio Cammarata - da MCmicrocomputer n. 168, novembre
1996
Un mese fa, nell'articolo
dedicato alla censura e al controllo di Internet, ho
introdotto un tema molto importante, quello
dell'affidamento a un'autorità della chiave di
crittazione della corrispondenza telematica. Da più
parti si cerca di far passare questa limitazione della
libertà di espressione come soluzione obbligata per
consentire alle forze dell'ordine di intercettare, su
disposizione dell'autorità giudiziaria, le comunicazioni
delle organizzazioni malavitose e terroristiche.
L'argomento viene riproposto dalla bozza di articolato
predisposta dall'AIPA per il documento elettronico: la
previsione non appare chiaramente dal testo, ma Enrico
Maccarone ne parla esplicitamente nell'intervista. In
sostanza, si propone di affidare all'Autorità notarile
le due chiavi, quella pubblica e quella privata,
limitatamente ai contrassegni che servono per la stipula
di atti di particolare rilevanza, appunto quelli che
richiedono l'intervento del notaio.
È necessario tener
presente che negli algoritmi di cifratura a chiave
asimmetrica le due chiavi sono complementari, come le due
parti di una banconota tagliata: l'una non vale nulla
senza l'altra. Quindi ai fini della certificazione
dell'autenticità di un documento basta la chiave
pubblica. La conoscenza della chiave privata serve invece
a decifrare il contenuto del documento cifrato. Dal punto
di vista del progetto dell'AIPA (al quale, lo ricordiamo,
hanno partecipato i notai), lo "escrow" della
chiave privata di un soggetto costituisce una sorta di
"prova suprema" della sua identità e della sua
capacità di contrarre atti di particolare rilevanza.
Dal punto di vista giuridico si può dire che il soggetto
che consegna la sua chiave privata a un'autorità,
comunque costituita, accetta una limitazione potenziale
alla segretezza dei suoi scritti. Si tratta quindi di un
fatto eccezionale, di una sorta di "clausola
vessatoria" imposta a tutela di un interesse che si
ritiene superiore. Il problema consiste quindi nella
impossibilità di conciliare due interessi contrastanti:
da una parte l'interesse pubblico a una forma di
certificazione di particolare valore, dall'altra
l'interesse del singolo alla segretezza delle sue
comunicazioni. Uno dei due interessi deve essere
sacrificato, almeno in parte.
Sul piano della certificazione di atti pubblici mi sembra
che si possa accettare il key escrow, più come fatto
simbolico (una sorta di "giuramento digitale")
che come fatto sostanziale. Ma, una volta passato questo
principio, diventa più facile introdurre il divieto di
usare chiavi non depositate nella corrispondenza privata,
nella posta elettronica di tutti i giorni.
La prospettiva non cambia:
l'interesse pubblico della prevenzione e repressione del
crimine contrapposto a quello privato della riservatezza.
Quale deve prevalere? Si tenga presente che una delle
argomentazioni avanzate dai fautori del deposito delle
chiavi private è che di fatto il cittadino onesto non ha
nulla da temere, perché la chiave può essere rivelata
solo in seguito a un provvedimento motivato
dell'autorità giudiziaria.
La questione è di importanza fondamentale, perché può
segnare il confine tra lo "stato di diritto" e
lo "stato di polizia". Posta la questione in
questi termini, il key escrow per la corrispondenza
privata è inaccettabile in un paese democratico. Ma ci
sono considerazioni pratiche più banali che portano alla
stessa conclusione.
Primo: i delinquenti
possono continuare a usare chiavi non depositate (se no,
che delinquenti sarebbero?) e quindi a sottrarsi ai
legittimi controlli.
Secondo: la certezza
assoluta della segretezza delle chiavi private depositate
non esiste, anzi, l'esperienza anche recentissima nel
nostro paese insegna che tutto ciò che è segreto (stavo
per scrivere "segretato"...) viene a conoscenza
di molta gente e spesso viene addirittura pubblicato sui
giornali.
Terzo: se il key escrow
serve a rendere possibile l'intercettazione delle
comunicazioni di soggetti sottoposti a indagine penale,
come la mettiamo con il diritto dell'indagato di non
rispondere o anche di mentire alle domande del
magistrato? Di fatto, il key escrow potrebbe essere
considerato come limitativo del diritto alla difesa,
anche perché un indagato che abbia usato una chiave
"illegale", cioè non depositata, potrebbe
rifiutarsi di rivelarla. E d'altra parte nessuno potrebbe
essere sottoposto a procedimento penale per il solo fatto
di aver usato una chiave non depositata, perché nessuna
autorità potrebbe accertare questo illecito se non in
seguito a un'indagine avviata per altra causa. Questo
significa che il cittadino onesto potrebbe depositare una
chiave e usarne tranquillamente un'altra, e nessuno
potrebbe lecitamente accertare la violazione della norma,
che diverrebbe quindi pressoché inutile. L'uso di una
chiave non depositata, accertata in seguito a un'indagine
penale, potrebbe solo dar luogo a un'ipotesi aggravante
del reato principale.
Conclusione: il key escrow
non serve a nulla, se non a mettere a rischio la libertà
di comunicazione delle persone oneste. E mette in
pericolo il principio della libertà della Rete, che
viene presa come paradigma e modello della libertà di
comunicazione. Questo principio, a mio avviso, dovrebbe
essere considerato preminente di fronte a tutte le altre
esigenze immaginabili. E quindi anche nei confronti di
quell'esigenza di maggiore efficacia probatoria che il
progetto dell'AIPA prospetta per gli atti di
amministrazione straordinaria di competenza dei notai.
Quindi, se nel testo definitivo si rinunciasse al
deposito della chiave privata per questa categoria di
documenti, si darebbe un segnale molto forte di
attenzione per il principio della libertà di
comunicazione, per la libertà della Rete.
Nessuno, dopo un precedente di questo livello, potrebbe
avanzare proposte di key escrow per la corrispondenza
privata, con il pretesto della pubblica sicurezza. Al
contrario, se la proposta venisse mantenuta, si creerebbe
un pericoloso precedente.
C'è una terza via? Forse
si potrebbe mantenere la previsione del key escrow per
gli atti pubblici di particolare rilevanza, ma inserendo
nel testo della legge l'esplicito riconoscimento
dell'eccezionalità della disposizione. In questo modo si
conferirebbe all'uso della chiave digitale depositata un
valore particolare, motivato dall'importanza degli atti
per i quali è richiesto il deposito, e nello stesso
tempo si rafforzerebbe il principio della segretezza
della corrispondenza, sulla base del principio che
"l'eccezione conferma la regola".
|