Testo unico:
nell'archivio c'è un morto vivente
09.11.2000
Lo schema di
testo unico sulla documentazione amministrativa, del quale parliamo da due
mesi su queste pagine, è uno strumento fondamentale
per adeguare il funzionamento degli uffici pubblici alla società
dell'informazione. Infatti riunisce in un corpus unico la secolare
stratificazione di norme che regolano il traffico di documenti, aggravata dalla
continua emanazione di nuove regole scritte all'insegna della semplificazione.
Un testo unico ha la funzione di raccogliere e coordinare tutta la normativa
esistente su una specifica materia, eliminando tutto ciò che non è coerente
con il nuovo schema. Compito non facile, perché ci possono essere vecchie
disposizioni che non sono facilmente conciliabili con le più recenti,
anche se non si verifica un contrasto formale.
Questo è il caso dell'articolo
6, che al primo comma recita:
Le pubbliche amministrazioni ed i privati
hanno facoltà di sostituire, a tutti gli effetti, i documenti dei propri
archivi, le scritture contabili, la corrispondenza e gli altri atti di cui per
legge o regolamento è prescritta la conservazione, con la corrispondente
riproduzione fotografica o con altro mezzo idoneo a garantire la conformità
agli originali [...]
C'è da rilevare, in primo luogo, che in tutto il
testo unico non appare in primo piano l'archiviazione ottica, un elemento
essenziale del nuovo schema dei flussi documentali; anche in questo comma
l'argomento rientra nella definizione residuale di "altro mezzo idoneo a
garantire la conformità agli originali". Inoltre manca il requisito
essenziale (richiamato altrove nell'articolato) dell'inalterabilità della
registrazione, possibile solo con il supporto ottico o con la firma digitale.
Ancora, la rubrica stessa dell'articolo appare inadeguata, perché parla di
"riproduzione" e non anche di "conservazione" dei documenti.
Ma il vero problema sollevato da questa norma è
la sopravvivenza della "riproduzione fotografica", in pratica la
microfilmatura, dei documenti. Una tecnologia dispendiosa e poco flessibile, che
mal si adatta alla gestione informatica dei flussi documentali, fondata sulla
produzione e riproduzione digitale.
Si pensi, per esempio, alla differenza che c'è
tra lo spedire la copia di un documento fotografico e quella di un documento
digitale: nel primo caso occorre andare a cercare materialmente una microfiche
nell'archivio, inserirla nel lettore, stamparla, chiuderla in una busta,
scriverci sopra l'indirizzo e finalmente spedirla al destinatario. Nel secondo
bastano pochi clic per trovare e aprire un file da un CD e farne un attach
da spedire via e-mail. In più con questo sistema si può generare
automaticamente la registrazione di protocollo, che nel caso della spedizione
"fisica" è un'operazione aggiuntiva. Senza considerare, infine, la
maggiore complicazione che si verifica se la copia deve essere validata: con un
documento informatico apporre la firma digitale è affare di pochi
secondi.
Dunque, nell'insieme delle disposizioni che prevedono la progressiva totale
informatizzazione dei flussi documentali, la riproduzione fotografica è un
ingombrante zombie, un "morto vivente" per il quale sarebbe
bene prevedere un termine di sepoltura definitiva.
(M. C.) |