La marca temporale per l'e-mail
"raccomandata"
di Manlio Cammarata - 28.05.99
Attenzione!
Con la pubblicazione delle nuove regole tecniche (gennaio 2004), questi articoli
non sono più attuali.
Il titolo
III delle regole tecniche è
dedicato ai sistemi di validazione temporale. E' un aspetto molto importante,
perché la firma digitale certifica l'identità di chi ha formato o trasmesso il
documento, nonché l'integrità del documento stesso, ma non offre
un'indicazione sicura sul momento in cui è stato firmato. Infatti è troppo
facile alterare la data e l'ora del sistema informatico usato per generare la
firma, senza considerare i casi non infrequenti in cui le indicazioni temporali
sono del tutto errate, per difetti del sistema o incuranza dell'utente
Quindi, ogni volta che è necessario certificare il momento in cui il documento
informatico è stato formato o spedito occorre un'indicazione della data e
dell'ora apposta (meglio, "associata") da un sistema
"sicuro". Questa indicazione è definita dalla normativa come
"marca temporale" (time stamping) che viene generata da un
soggetto certificatore.
Vediamo, come al solito, le disposizioni più significative:
Art. 52
- Validazione temporale
1. Una evidenza informatica è sottoposta a
validazione temporale con la generazione di una marca temporale che le si
applichi.
2. Le marche temporali sono generate da un
apposito sistema elettronico sicuro in grado di:
- mantenere la data e l'ora conformemente a
quanto richiesto dal presente decreto;
- generare la struttura di dati contenente le
informazioni specificate dall'articolo 53;
- sottoscrivere digitalmente la struttura di
dati di cui alla lettera b).
Art. 53
- Informazioni contenute nella marca temporale
1. Una marca temporale deve contenere almeno
le seguenti informazioni:
- identificativo dell'emittente;
- numero di serie della marca temporale;
- algoritmo di sottoscrizione della marca
temporale;
- identificativo del certificato relativo alla
chiave di verifica della marca;
- data ed ora di generazione della marca;
- identificatore dell'algoritmo di hash
utilizzato per generare l'impronta dell'evidenza informatica sottoposta a
validazione temporale;
- valore dell'impronta dell'evidenza
informatica.
2. La marca temporale può inoltre contenere
un identificatore dell'oggetto a cui appartiene l'impronta di cui alla
lettera g) del comma 1.
3. La data e l'ora contenute nella marca
temporale sono specificate con riferimento al Tempo Universale Coordinato UTC.
In sostanza, la marca temporale è una firma
digitale che viene apposta a una "evidenza informatica" e contiene una
serie di indicazioni, le più importanti delle quali sono la data, l'ora di
generazione della marca stessa e il valore dell'impronta del documento. E'
importante notare che l'evidenza informatica alla quale si applica la marca può
essere costituita sia dall'intero documento, sia dal valore della sua impronta,
cioè del suo "riassunto" calcolato con la "funzione di hash"
(per le definizioni si veda l'articolo
1). Gli altri requisiti sono, in
sostanza, gli stessi richiesti per le firme digitali. E' interessante la
previsione del secondo comma dell'articolo 53, che permette di aggiungere
"un identificatore dell'oggetto" al quale la marca è associata.
Questo facilita le operazioni di controllo nel caso in cui la marca temporale
non sia spedita o conservata insieme al documento.
Le disposizioni successive sono rivolte
soprattutto agli aspetti della sicurezza, anche qui ridondanti fino
all'ossessione:
Art. 54
- Chiavi di marcatura temporale
1. Ogni coppia di chiavi utilizzata per la
validazione temporale deve essere univocamente associata ad un sistema di
validazione temporale.
2. Al fine di limitare il numero di marche
temporali generate con la medesima coppia, le chiavi di marcatura temporale
debbono essere sostituite dopo non più di un mese di utilizzazione,
indipendentemente dalla durata del loro periodo di validità e senza revocare il
corrispondente certificato.
3. Per la sottoscrizione dei certificati
relativi a chiavi di marcatura temporale debbono essere utilizzate chiavi di
certificazione diverse da quelle utilizzate per i certificati relativi alle
normali chiavi di sottoscrizione.
La disposizione del primo comma va letta in
funzione del prevedibile schema operativo che dovrà essere adottato dal
certificatore, come vedremo tra poco. Quella del secondo comma è motivata da
esigenze di sicurezza, perché più alto è il numero di firme (o di marche
temporali, che tecnicamente sono la stessa cosa) generato con una coppia di
chiavi, maggiore è il rischio di rottura del cifrario da parte di esperti
decrittatori, dotati di sistemi abbastanza potenti.
Anche la disposizione del terzo comma va vista in funzione della sicurezza:
l'eventuale rottura delle chiavi di certificazione delle firme non deve
compromettere i certificati della marcatura temporale, e viceversa.
Con un piccolo salto avanti andiamo a vedere come
funziona la validazione temporale dei documenti:
Art. 58
- Richiesta di validazione temporale
1. Il certificatore stabilisce, pubblicandole
nel manuale operativo, le procedure per l'inoltro della richiesta di
validazione temporale.
2. La richiesta deve contenere l'evidenza
informatica alla quale le marche temporali debbono fare riferimento.
3. L'evidenza informatica può essere
sostituita da una o più impronte, calcolate con funzioni di hash previste dal
manuale operativo. Debbono essere comunque accettate le funzioni di hash di cui
all'articolo 3.
4. La richiesta può specificare l'emissione
di più marche temporali per la stessa evidenza informatica. In tal caso debbono
essere restituite marche temporali generate con chiavi diverse.
5. La generazione delle marche temporali deve
garantire un tempo di risposta, misurato come differenza tra il momento della
ricezione della richiesta e l'ora riportata nella marca temporale, non
superiore al minuto primo.
Quest'ultima disposizione deve essere correlata a
un articolo precedente:
Art. 55
- Precisione dei sistemi di validazione temporale
1. L'ora assegnata ad una marca temporale
deve corrispondere, con una differenza non superiore ad un minuto secondo
rispetto alla scala di tempo UTC(IEN), di cui al Decreto del Ministro dell'Industria,
del Commercio e dell'Artigianato 30 novembre 1993, n. 591, al momento
della sua generazione.
Dunque si richiede una precisione molto alta: il
sistema deve essere regolato "al secondo" con un tempo di riferimento
standard e deve rispondere alla richiesta entro un minuto. Ma che cosa succede
se arrivano troppe richieste?
Qui dobbiamo immaginare il funzionamento di un sistema di validazione temporale.
L'interessato, dopo aver formato il documento e averlo firmato, lo invia al
certificatore, presumibilmente attraverso il "canale sicuro"
predisposto dal certificatore stesso, cioè dopo averlo cifrato con la chiave
pubblica che questo gli ha fornito. Il sistema riceve il documento, lo decifra e
appone la marca temporale. A questo punto possono verificarsi due ipotesi: 1) il
sistema rispedisce il documento (o anche la sola marca) al titolare, nel caso
che questi abbia chiesto la certificazione solo allo scopo di precostituire una
prova, oppure 2) il sistema inoltra il documento al destinatario, come un
ufficio postale dal quale viene spedita una raccomandata.
A questo punto è evidente che la procedura si svolge in maniera del tutto
automatica, con un server dedicato specificamente alla marcatura
temporale. Naturalmente, se si prevede che le richieste siano in numero tale da
non poter essere evase entro un minuto, è necessario mettere in linea due o
più server: ed ecco spiegato il primo comma dell'articolo
54, dove si dice, in pratica, che ogni
server deve funzionare con una specifica coppia di chiavi. Che le firme possano
essere apposte con una procedura automatica risulta pacifico dal terzo comma
dell'articolo
4, dove si dice che "Se la procedura
automatica fa uso di più dispositivi per apporre la firma del medesimo
titolare, deve essere utilizzata una chiave diversa per ciascun
dispositivo".
A questo punto si devono aggiungere altre
disposizioni interessanti:
Art. 57
- Registrazione delle marche generate
1. Tutte le marche temporali emesse da un
sistema di validazione debbono essere conservate in un apposito archivio
digitale fino alla scadenza della chiave pubblica della coppia utilizzata per la
loro generazione.
In pratica questo archivio sostituisce il
registro delle raccomandate inviate da un ufficio postale, ma c'è un'ulteriore
possibilità:
Art. 59
- Protezione dei documenti informatici
1. Al solo fine di assicurare l'associazione
tra documento informatico e le relative marche temporali, il certificatore può
conservare, dietro richiesta del soggetto interessato, copia del documento
informatico cui la marca temporale si riferisce.
La precisazione "al solo fine" ha lo
scopo, con ogni probabilità, di evitare che la certificazione temporale possa
sostituire il deposito del documento, a fini probatori, presso un pubblico
ufficiale. Va ricordato che l'associazione tra la marca temporale e il documento
è nella marca, in quanto generata sulla base dell'impronta del documento
stesso.
Proseguendo nella lettura troviamo un articolo
che risolve un problema intrinseco del documento informatico: quello della
scadenza del certificato (articolo
4, comma 7). Una coppia di chiavi di
cifratura non può essere usata all'infinito, perché con l'aumento delle
prestazioni dei sistemi informatici i cifrari sono sempre meno sicuri. Ma che
cosa succede se, a causa della scadenza del certificato, la firma digitale non
è più verificabile? Ecco come rispondono le regole tecniche:
Art. 60
- Estensione della validità del documento informatico
1. La validità di un documento informatico,
i cui effetti si protraggano nel tempo oltre il limite della validità della
chiave di sottoscrizione, può essere estesa mediante l'associazione di una o
più marche temporali.
2. Prima della scadenza della marca
temporale, il periodo di validità può essere ulteriormente esteso associando
una nuova marca all'evidenza informatica costituita dal documento iniziale,
dalla relativa firma e dalle marche temporali già ad esso associate.
3. La presenza di una marca temporale valida
associata ad un documento informatico secondo quanto previsto dal comma 2,
garantisce la validità del documento anche in caso di compromissione della
chiave di sottoscrizione, purché la marca temporale sia stata generata
antecedentemente a tale evento.
La previsione dell'ultimo comma consente di
raddoppiare la garanzia di autenticità di un documento, perché di fatto è una
seconda sottoscrizione. Tuttavia resta un dubbio: la firma autografa è in
qualche modo sempre riconducibile al sottoscrittore anche molto tempo dopo la
sua morte, attraverso il controllo con altre firme di sicura attribuzione; che
valore ha invece una firma digitale scaduta, se la sua validità non è stata
estesa a norma dell'articolo 60?
Infine rimane in sospeso un'altra questione:
quella della "ricevuta di ritorno". Le normali procedure della posta
elettronica consentono di avere un'informazione, non certificata. dell'avvenuto
deposito del messaggio nella casella del destinatario che si trova nel server
del fornitore di servizi al quale è abbonato, ma non della sua effettiva
ricezione. L'articolo
12 del DPR 513/97 stabilisce al comma 3
che "La trasmissione del documento informatico per via telematica, con
modalità che assicurino l'avvenuta consegna, equivale alla notificazione per
mezzo della posta nei casi consentiti dalla legge". Le regole tecniche non
precisano quali siano "le modalità che assicurino l'avvenuta
consegna" (tecnicamente possibili sia con appositi programmi installati sul
server ricevente, sia con "agenti" che seguano il percorso del
messaggio).
Al momento, però, non risulta che soluzioni di
questo genere siano diffuse nei normali sistemi di posta elettronica e dunque
resta senza risposta la domanda su come si fa a inviare un documento informatico
con ricevuta di ritorno, nei casi in cui essa sia necessaria per ottenere
determinati effetti legali.
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