Consigli per gli acquisti (on line)
di Andrea Monti - 27.04.2000
Molte persone nutrono forti dubbi sulla validità giuridica di un acquisto
online perché - lo si sente ripetere spesso - "non c'è un contratto
scritto". In realtà anche se non c'è un pezzo di carta firmato dalle
parti, il rapporto giuridico è quasi sempre correttamente instaurato. Per la
legge italiana infatti il contratto scritto (e addirittura in certi casi rogato
dal notaio) serve soltanto per alcune categorie di oggetti (case, automobili).
In altri termini, la stragrande maggioranza dei beni in commercio può essere
negoziata "sulla parola" e dunque anche tramite l'internet. Inoltre,
se non cadiamo nell'equivoco del "ciberspazio", ci rendiamo
immediatamente conto che in realtà quello che stiamo facendo null'altro è se
non un acquisto a distanza, assolutamente identico a quelli che proponevano un
tempo aziende come Vestro e Postalmarket. Solo che il catalogo lo consultiamo da
una postazione remota e l'ordine lo effettuiamo tramite una linea telefonica.
O se preferite qualcosa di meno antico, potete pensare alle televendite che
tracimano quotidianamente da ogni schermo televisivo.
D'altra parte, fateci caso: gran parte delle attività giuridicamente
rilevanti che poniamo in essere quotidianamente non hanno praticamente nessun
supporto probatorio. Né sarebbe pensabile firmare un contratto ogni volta che
si fa benzina, si acquista un capo di abbigliamento, del cibo o si va al cinema.
Certo, nulla vieta di farlo, ma se all'e-business (come del resto alle forme
tradizionali di attività economica) si dovesse applicare in modo pedante la
normativa oggi in vigore, sarebbe praticamente impossibile fare qualunque cosa.
Gli aspetti problematici, possono invece riguardare innanzi tutto la verifica
della capacità giuridica delle parti. Un contratto può essere concluso
soltanto da un maggiorenne (salve pochissime eccezioni) per cui il venditore
dovrebbe in qualche modo organizzarsi per essere certo almeno dell'età
anagrafica del contraente (cosa peraltro fattibile usando la carta di credito
come sistema di pagamento).
Ma quello che preoccupa maggiormente le persone (clienti e venditori) è la
tutela in caso di inadempimento. In altri termini: che faccio se compro qualcosa
pagando in anticipo con la carta di credito e poi non ricevo quello che avevo
ordinato (o ricevo un prodotto diverso o difettoso)? Oppure: che succede se
erogo un servizio e dopo averlo fatto scopro che la carta di credito che mi
avevano fornito era rubata o falsa?
Tecnicamente i rimedi sono parecchi. La legge infatti obbliga il venditore a
farsi carico degli eventuali vizi della cosa venduta, se questi sono segnalati
entro otto giorni dalla consegna. Il recente decreto legislativo 185/99
garantisce poi ai consumatori che acquistano (anche) online una serie di diritti
come quello di restituire il bene acquistato senza che il venditore possa
rifiutarsi di prenderlo indietro (ovviamente, a condizione che il prodotto non
sia danneggiato). Il venditore, dal canto suo, ha sempre la possibilità di
sporgere denuncia quantomeno per truffa e ottenere il risarcimento dei danni.
In pratica, tuttavia, queste belle norme rimangono nella stragrande
maggioranza dei casi delle semplici affermazioni di principio. Innanzi tutto
perché si applicano essenzialmente all'interno dell'Unione Europea e quindi
sono inutili nei confronti di soggetti extracomunitari, come gli statunitensi,
che detengono l'ottanta percento della rete. In altri termini, questo
significa che acquistando al di fuori della UE (cioè la maggior parte delle
volte) si perde la "protezione" assicurata da queste norme e ci si
dovrà imbarcare in una causa internazionale, magari per poche decine di
migliaia di lire.
Il che introduce il secondo elemento che dimostra l'inutilità pratica di
queste normative: la gran parte delle transazioni online, per quanto riguarda il
business to consumer, è di modesta entità. Anche volendosi limitare
alla realtà italiana, chi mai darà vita ad una causa per ottenere la
restituzione di centomila lire, dovendo anticiparne molte di più in spese
legali e aspettare almeno un paio d'anni per la sentenza di primo grado? Oltre
il danno, dunque, si rischia anche la beffa.
Per di più, nel caso di pagamento con carta di credito, non c'è nemmeno
la possibilità di bloccare l'operazione prima che venga addebitata, perché
il contratto tipo che di fatto si è costretti a firmare con le varie
società emittenti (Cartasì, Setefi), è strutturato in modo da "chiamare
fuori" questi intermediari da qualsiasi controversia fra cliente e
venditore.
Il ruolo della fiducia
A queste considerazioni però fa fronte un dato di fatto: molti - me compreso
- acquistano online (specie da merchant esteri) senza problemi di sorta,
inviando numeri di carta di credito e informazioni personali (pensate al comodo
servizio di profilazione offerto da Amazon) senza imbattersi in problemi o
difficoltà.
Come si spiega? Semplice: nella vita quotidiana, di alcune aziende ci si fida
completamente, di altre meno, di altre ancora per nulla. Ciascuno di noi sa
già, ad esempio, in quale negozio della propria città conviene andare "ad
occhi chiusi" e in quale esercizio è opportuno acquistare soltanto sapendo
esattamente di cosa si ha bisogno. E se c'è "qualcosa che non
quadra" è abbastanza facile accorgersene ed evitare problemi.
Perché utilizzando la rete le cose dovrebbero essere diverse? E infatti non
lo sono per niente, anzi, attribuiscono alle persone qualche vantaggio in più.
Se rimanete "scottati" da un acquisto online avete la possibilità di
farlo sapere a mezzo mondo (ovviamente, senza diffamare nessuno) e di
"bruciare" il mercato potenziale per quell'azienda. Potete
condividere le esperienze e sapere prima di comprare, cosa conviene fare.
Gli esperti di marketing chiamano questa cosa customer empowerment.il
maggior potere del cliente, che - come dice Giancarlo Livraghi ... non è una
frase fatta ma un fatto concreto. Le imprese che invece di temerlo sanno come
interpretarlo, e si impegnano in un miglior servizio ai loro clienti, possono
davvero creare una comunità in cui si lavora insieme con reciproco vantaggio. E
così arricchirsi contemporaneamente di denaro e di preziosi rapporti di di
fiducia e di collaborazione attiva. (http://gandalf.it/offline/off24.htm)
Personalmente condivido questo approccio e sono convinto - per le ragioni che
ho esposto e per esperienza professionale - che una tutela effettiva per il
consumatore non passi necessariamente per l'adozione di leggi che spesso si
traducono in lacci e lacciuoli burocratici e che appesantiscono l'operatività
delle aziende in buona fede. Per di più, senza proteggere concretamente i
soggetti più deboli.
Problemi aperti e soluzioni inapplicabili
Uno degli esempi più evidenti di questo stato di fatto è rappresentato
dalla legge sul trattamento dei dati personali, volgarmente nota come
"legge sulla privacy".
A parte essere stati inondati da tonnellate di moduli, informative, richieste
di consenso e via discorrendo questa legge non ha prodotto granché, specie per
quanto riguarda le attività online. L'internet offre notevoli (e
preoccupanti) possibilità di monitoraggio e controllo delle attività dei
navigatori, così molte aziende si sono buttate a capofitto nello strutturare i
propri servizi in modo da "profilare" i propri utenti e poter
"trafficare" con i dati. Spesso, dietro la parola "gratis"
si nasconde in realtà una richiesta ben precisa: servizi (in alcuni casi di
poco valore) in cambio di dati personali e abitudini d'acquisto. Ma se
escludiamo due provvedimenti (uno dell'Antitrust e uno del Garante per i dati
personali) che in qualche modo hanno cercato di mettere ordine in questo ambito,
tutto il resto è far west. A fronte di questa situazione, abbiamo una
legge che si preoccupa soltanto di istituire procedure, moduli, e richieste di
autorizzazione per andare online (legge 675/96, articolo 28).
Anche sul fronte della tutela del consumatore si registra la stessa tendenza.
Il DLgs 185/99 che recepisce una direttiva comunitaria in materia di contratti
conclusi fuori dai locali commerciali contiene norme dal contenuto francamente
sconcertante.
Da un lato - e fin qui niente di male - impone ai venditori di fornire al
potenziale cliente, prima di concludere la vendita, tutta una serie di
informazioni come: dati esatti dell'azienda, tempi di consegna, specificazione
precisa dei costi, modalità di esercizio del diritto di recesso che l'utente
può invocare a proprio insindacabile giudizio.
Dall'altro lato, vieta inspiegabilmente ogni forma di asta a distanza e
quindi anche quelle online, trascurando il particolare
"insignificante" che questo è uno dei business di maggior
successo sulla rete sia in Italia, sia fuori.
In uno slancio di iperprotezionismo, il legislatore ha praticamente messo
fuori legge molte imprese italiane che tuttavia continuano imperterrite ad
offrire questo tipo di servizio. Che evidentemente non è - nei fatti -
pericoloso o illegale in sé e che quindi non dovrebbe essere così penalizzato.
In conclusione, ci troviamo a vivere in una schizofrenica situazione nella quale
ciò che è scritto nella legge, non è quello che accade nella realtà e tutti,
per varie ragioni, fanno finta di niente.
Stranamente, tuttavia, lo stesso provvedimento che ha così tanto a cuore le
sorti dei consumatori, introduce curiose limitazioni al "diritto di
recesso". In linea generale, al cliente viene conferito il potere di
restituire al venditore il bene acquistato senza dover giustificare la propria
decisione. Ma quando si parla di alcune altre categorie di prodotti questa
regola non si applica più. Se è ragionevole che i prodotti alimentari una
volta acquistati a distanza non possano essere restituiti, meno comprensibile è
che la stessa regola valga per il software, che certo non subisce alterazioni
organolettiche con il trasporto o con il download (in pratica: non va all'aceto).
E' proprio sulle questioni relative al software e più in generale al
copyright che si stanno registrando le cose più incredibili, con i legislatori
che dimostrano una scandalosa acquiescenza alle richieste delle multinazionali
dell'intrattenimento e dei programmi informatici.
Tralasciando la vergognosa campagna di demonizzazione dello standard MP3 ad
opera delle major dell'intrattenimento, che invece di preoccuparsi dei
delinquenti veri si scagliano contro una tecnologia che - in sé - è
assolutamente utile e innocua, vale la pena di segnalare quello che sta
succedendo nel settore dei DVD, secondo un copione già visto per le Playstation.
Come sapete, i lettori DVD sono "regionalizzati"; questo significa
che se acquistate un film predisposto per la regione 1 (USA) non lo potreste
vedere, ad esempio, in Italia (che appartiene alla regione 2). A meno di non
procurarvi un altro lettore compatibile con l'altra codifica.
Questa situazione, che dipende esclusivamente dalle scelte commerciali dei
produttori, ha un gravissimo impatto sui diritti dei consumatori. In primo
luogo, ne viene limitata la possibilità di selezionare il prezzo più
conveniente, dato che non possono acquistare sui mercati appartenenti a regioni
differenti. Il che consente alle aziende del settore di esercitare un ferreo
controllo sulle politiche di prezzo e distribuzione.
In secondo luogo, e forse ancora più grave, la possibilità di vedere in
Italia (e viceversa) prodotti di altri paesi è legata esclusivamente alle
decisioni di chi detiene i diritti d'autore. Cioè la versione europea di un
certo film viene prodotta soltanto se fa "cassetta". Tutto il resto è
condannato all'oblio, limitando molto gravemente la crescita e la diffusione
della cultura. Certo, si può ricorrere ai player modificati, ma così facendo
si perde ogni diritto alla garanzia e, per quanto riguarda il software, si
potrebbe anche commettere qualche atto illecito, sconfinante addirittura nel
reato.
Sorge spontanea la domanda: che senso ha parlare di commercio elettronico, di
mercati globali e new economy se poi la miopia delle grandi aziende impedisce
alle merci di circolare liberamente?
In conclusione.
Queste sono soltanto alcune delle questioni ancora sul tappeto, che non si
esauriscono certo negli spunti di queste righe. Molto altro ci sarebbe da dire,
ad esempio a proposito della prossima riforma del diritto d'autore, o del
disegno di legge sui nomi a dominio, o ancora sulle vere e false questioni
relative alla firma digitale e sui tentativi di imporre un sistema centralizzato
di "filtraggio" dei contenuti diffusi online. Progetti che - nell'indifferenza
più totale - condizioneranno molto negativamente le possibilità di fare business
online non solo dal punto di vista delle imprese, ma anche da quello degli
utenti della rete. Che dovranno sempre più imparare a proteggersi non tanto dai
"pirati cattivi", quanto da burocrazie, cavilli e ambiguità.
Ecco dunque un piccolo contributo per limitare la possibilità di sorprese
sgradevoli e non presentarsi totalmente indifesi di fronte a operatori scorretti
o avvocati "aggressivi". Non effettuate acquisti "d'istinto".
Se trovate qualcosa che vi interessa, innanzi tutto verificate se lo stesso
prodotto/servizio è disponibile anche su altri siti, magari di venditori
notoriamente affidabili
- Prima di acquistare su un sito "sconosciuto", o se avete qualsiasi
dubbio, chiedete al venditore le informazioni che vi interessano. Mettetelo
"alla prova"
- Chiedete conferma (o stampate la pagina) che contiene una promozione
pubblicitaria. Se si tratta di un concorso a premi italiano, cercate il numero
di autorizzazione ministeriale
- Non fornite dati o indicazioni personali (specie di terze parti, come amici,
familiari ecc.), in particolar modo indirizzi e numeri di telefono, chiaramente
inutili ai fini dell'esecuzione del contratto. Se il venditore esige il
conferimento di questi dati, non procedete all'acquisto.
- Se la transazione si interrompe e non avete la certezza dell'esito,
inviate una lettera raccomandata al venditore e per conoscenza alla vostra banca
e alla società emittente la carta di credito, segnalando che l'acquisto non
è stato effettuato e quindi che non si deve procedere all'addebito
- Diffidate dei prezzi eccessivamente convenienti. Il fatto che state
acquistando online non implica necessariamente ottenere sconti galattici
- Se la procedura d'acquisto o di shopping vi richiede di scaricare file
eseguibili e non vi fidate in modo particolare del venditore, rinunciate all'acquisto
- In caso di disavventure, raccontate la vostra storia nei newsgroup e
scrivete alle riviste specializzate. Siate precisi, fate soltanto affermazioni
che potete documentare e soprattutto utilizzate un tono adeguato e civile (per
evitare di passare dalla parte del torto)
- Attenzione: il fatto che un programma o file audio\video siano liberamente
disponibili non significa automaticamente che sia legale "downloadarli"
- Stampate sempre la pagina o la e-mail di conferma dell'acquisto. Questo,
specie se acquistate software o musica online, vi facilita la prova della
legittimità dell'acquisto in caso di controlli
- Conservate gli estratti conto della carta di credito
|