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 Commercio elettronico

Quale disciplina giuridica per i "portali"?
di Andrea Palazzolo* e Melissa Magnano** - 19.10.2000

I cosiddetti "portali", sono un punto chiave nello sviluppo del commercio in rete ed è quindi necessario individuare la disciplina applicabile al soggetto, appunto il portal provider, che ne è titolare.

È utile una breve premessa.
Il termine "portale" identifica l'insieme dei servizi disponibili nell'ambito di uno stesso sito, che si propone come un punto di accesso ad altri siti della Rete. Il portale può essere più o meno dedicato ad una specifica attività professionale, o invece presentarsi come un generico grande contenitore di altri portali o servizi, cui offre uno spazio al proprio interno.
Sono esempi del primo tipo tutti quei siti dedicati esclusivamente a specifici settori, per esempio Il portale della val di Non, che raggruppa risorse specifiche di un'area geografica; lo sono del secondo  Ciaoweb o Virgilio.
La distinzione non è peraltro spesso così rigida, ritrovandosi in rete siti che presentano le caratteristiche dell'uno e dell'altro tipo, per esempio Kataweb. Si deve anche tener presente che molto spesso si autodefiniscono "portali" anche siti che non lo sono affatto, perché offrono solo informazioni o servizi propri.

Normalmente, oltre ai collegamenti ad altri siti, sono presenti tutta una serie di altri servizi (motori di ricerca, informazioni di vario genere, etc.), tra i quali, come si è anticipato, quelli di natura prettamente commerciale, appunto i siti di commercio elettronico. Il fattore che rende commercialmente rilevante un portale è la sua immediata raggiungibilità e la connessa possibilità realizzare, contestualmente, un'operazione commerciale, eliminando considerevoli costi di transazione.
Per questa ragione da una parte è rilevante la presenza del proprio portale o sito all'interno di uno già notor, dall'altra lo è riuscire a propria volta a far conoscere il proprio.

L'obiettivo di una maggiore notorietà viene normalmente perseguito attraverso l'adozione di un nome di dominio particolarmente distintivo, ad es. un marchio famoso o una parola di richiamo (es. vino). Prassi che ha dato luogo a forti dispute giurisprudenziali e ad interessamenti da parte del legislatore, volti entrambi ad inibire o a limitare tali comportamenti.
Fatte queste premesse è possibile procedere all'analisi di quella che sembra essere la fattispecie di riferimento: i cosiddetti "ipermercati virtuali".
È utile, ai fini del nostro discorso, procedere immediatamente ad un paragone con una figura apparentemente affine del mondo "reale": i centri commerciali.

Elemento comune alle due ipotesi è la presenza di più operatori commerciali sotto il medesimo indirizzo; fattore da cui si potrebbe desumere che tra il portal provider e il negozio telematico ospitato intercorra lo stesso rapporto che vi è tra il gestore del centro commerciale e il negoziante che ha un box al suo interno, rapporto eminentemente riconducibile alla locazione.
Così non è, tuttavia, per una serie di ragioni, che inducono a qualificare il rapporto tra il portal provider e il titolare del negozio telematico in modo diverso e più complesso, e ciò come conseguenza delle peculiarità dei sistemi di ricerca on line.

A riguardo è significativa la pronuncia del Tribunale di Milano nel famoso "caso Amadeus".
Un provider aveva denominato il proprio sito "Amadeus", riproducendo nella stringa di secondo livello il marchio, regolarmente registrato, di un'agenzia di viaggi; tra i diversi soggetti cui egli aveva messo a disposizione il proprio sito tuttavia, vi era anche un'altra agenzia di viaggi, la Logica s.r.l.. Pertanto uno dei soggetti raggiungibili attraverso il sito Amadeus, per l'appunto, la soc. Logica, era concorrente dell'agenzia di viaggi Amadeus.
Quest'ultima proponeva utilmente azione di contraffazione di marchio nei confronti della società concorrente, per quanto non già questa, ma il provider, si fosse impadronito del marchio. La concorrenza sleale si realizzava infatti in quanto l'agenzia Logica s.r.l. era raggiungibile attraverso il sito denominato Amadeus.it, cioè utilizzava, seppur indirettamente, l'altrui segno distintivo
Il provider pertanto non aveva semplicemente messo a disposizione dell'operatore commerciale un luogo fisico o telematico nel quale esercitare la propria attività ma, sviando tra l'altro la clientela altrui, lo aveva messo in condizioni di essere raggiunto. Il provider si poneva pertanto come necessario tramite per il raggiungimento dell'operatore commerciale e per la conclusione di affari da parte di quest'ultimo.

Ciò consente di escludere che la situazione si presenti affine a quella di un grande centro commerciale.
Se il centro commerciale si fosse chiamato Amadeus, così come l'agenzia di viaggi titolare del marchio, e al proprio interno avesse ospitato un'altra agenzia di viaggi, la persona che vi si fosse recata avrebbe compreso di trovarsi in un luogo diverso dall'agenzia Amadeus; viceversa cliccando "Amadeus" nel motore di ricerca prescelto pensava (probabilmente) di raggiungere l'omonima agenzia di viaggi, trovandosi invece sul sito che ne ospitava un'altra, cioè in un luogo diverso da quello che voleva raggiungere.

Nello stesso senso una recente pronuncia del Tribunale di Viterbo.
I giudici hanno in quell'occasione condivisibilmente affermato che il peculiare sistema di ricerca basato su motori e parole testuali rende raggiungibile l'imprenditore attraverso la denominazione del proprio sito, poiché comunemente un determinato servizio viene associato al nome o al marchio del prodotto.
Per questa ragione non soltanto l'utilizzo di un marchio altrui, ma anche quello di un nome comune, ad esempio "vino" o "pane", può favorire il collegamento tra un determinato imprenditore e il cliente.
Risulta quindi evidente, da quanto detto, come il ruolo del provider non si esaurisca nel mettere a disposizione uno spazio nel proprio sito, ma, come nelle ipotesi analizzate attraverso il proprio nome di dominio, abbia un notevole rilievo nell'avvicinare il cliente e l'operatore commerciale.

Ciò assimila, ad avviso di chi scrive, tale attività a quelle di intermediazione, che consistono appunto nella messa in relazione delle parti, ed espone il portal provider alle relative obbligazioni.
Dalle considerazioni svolte è possibile peraltro ricavare degli ulteriori spunti: l'individuazione delle caratteristiche di un'attività intermediaria, unitamente alla prestazione di diversi altri servizi, nel contesto di un portale, potrebbe rappresentare il presupposto dell'applicazione della disciplina dell' imprenditore commerciale, posto che il n. 2 del comma 1 dell'articolo 2195 del codice civile prevede che tali siano coloro che esercitano un'attività intermediaria nella circolazione dei beni.

Ciò naturalmente necessiterebbe della presenza di ulteriori elementi, tra cui la professionalità e l'economicità, entrambi di facile individuazione nell'ambito di attività chiaramente rivolte al mercato e caratterizzate da una forte organizzazione (si pensi ai grandi portali).
Laddove, peraltro, non si vogliano rinvenire nell'attività di un portale i presupposti della norma citata, e cioè dell'attività intermediaria, non vi è dubbio che esso si ponga in ogni caso come ausiliario rispetto ai soggetti che vi operano all'interno, e possa quindi essere ricompreso nell'ambito delle attività ausiliarie ai sensi del numero 5 dello stesso comma.

Il tentativo di ricondurre le attività analizzate alla categoria dell'imprenditore commerciale non è sterile o fine a se stesso, ma risponde essenzialmente a due logiche: da una parte individuare la disciplina di una serie indeterminata e indeterminabile di fattispecie, cercando di impostare i canoni di una ricerca, dall'altra mettere alla prova, come già in tema di nomi di dominio con la legge marchi, il comportamento di istituti cardine del nostro ordinamento rispetto all'avvento di nuove tecnologie e forme produttive.
Ciò anche in relazione alle ipotesi di riforma che, certo necessarie per altri versi, non sembrano esserlo nei casi di specie, per la capacità delle due discipline, marchi e imprenditore commerciale, di porsi come modello astratto di regolamentazione delle fattispecie analizzate.

* Ufficio legale Enel.it S.p.A -Ricercatore CERADI-LUISS Guido Carli - Titolare del Contributo di ricerca per la cattedra di diritto commerciale nell'a.a. 1999/2000.
** Studentessa di Giurisprudenza