La direttiva 2000/31/CE e la
responsabilità del provider
di Gianfranco Puopolo e Laura Liguori - 07.09.2000
1. Introduzione
L'8 giugno scorso il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2000/31/CE concernente alcuni aspetti
dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio
elettronico, nel mercato interno.
La direttiva si propone di creare regole uniformi per il commercio elettronico,
anche in considerazione dell'incertezza esistente in molti Stati membri circa
le regole da applicare a tale forma di commercio e delle divergenze esistenti
tra le varie legislazioni nazionali. In particolare, la direttiva si propone di
fornire indicazioni comuni relativamente alle regole da applicare alla
prestazione di servizi delle società dell'informazione e dunque a tutte le
transazioni in linea, in cui le negoziazioni e la conclusione degli accordi
avvengono senza la presenza fisica dei contraenti.
2. I servizi della società dell'informazione
I servizi della società dell'informazione vengono definiti attraverso il
rinvio ad altre direttive comunitarie, la 98/34/CE, che prevede una procedura
d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle
regole relative ai servizi della società dell'informazione, e la 98/84/CE,
sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso
condizionato. I servizi della società dell'informazione sono definiti come
qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via
elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la
trasmissione digitale) e di memorizzazione dei dati e a richiesta individuale di
un destinatario di servizi.
In base alla direttiva in esame, i servizi sono offerti da un
"prestatore", la persona fisica o giuridica che presta un servizio
della società dell'informazione. Il "prestatore stabilito", invece,
è colui che offre tali servizi attraverso una installazione stabile e per un
tempo indeterminato. Il concetto di stabilimento non va riferito al luogo in cui
si trovano i mezzi tecnici e le tecnologie necessarie ad effettuare la
prestazione del servizio: ciò implica che la sede del prestatore dei servizi
oggetto della direttiva prescinde dall'ubicazione dei server o dei siti web
utilizzati dal medesimo per la prestazione di tali servizi.
La direttiva introduce il principio in base al quale il controllo dei servizi
della società dell'informazione deve essere effettuato all'origine dell'attività:
il prestatore di servizi deve essere libero di accedere all'attività di
fornitura di tali servizi in qualsiasi Stato membro, senza necessità di
autorizzazione preventiva nello Stato prescelto, essendo soggetto agli
adempimenti amministrativi soltanto nello stato di origine.
La direttiva impone agli Stati membri l'obbligo di non creare ostacoli alla
libera circolazione dei servizi della società dell'informazione. Tale
disposizione di principio, può tuttavia essere derogata da provvedimenti che
soddisfino i seguenti requisiti:
1) provvedimenti necessari per motivi di ordine pubblico, di tutela della
sanità pubblica, di pubblica sicurezza, di tutela dei consumatori;
2) provvedimenti devono riguardare un servizio della società dell'informazione
lesivo di uno degli obiettivi di cui sopra o che costituisca un rischio di
pregiudizio dei medesimi;
3) i provvedimenti devono essere proporzionati agli obiettivi di cui sopra.
Prima di adottare questi provvedimenti derogativi, ciascuno Stato membro deve
avere chiesto allo Stato membro di stabilimento del prestatore di adottarli
senza successo o perché non sono stati adottati o perché non erano adeguati;
inoltre, deve avere notificato alla Commissione e allo Stato membro di
stabilimento del prestatore di servizi di voler adottare tali provvedimenti. In
caso di urgenza, queste ultime condizioni possono essere derogate, con l'obbligo,
tuttavia, per lo Stato membro di notificare i provvedimenti derogativi
immediatamente alla Commissione europea.
3. Le comunicazioni commerciali
La direttiva dedica un'intera sezione alle "comunicazioni
commerciali", cioè a tutte le forme di comunicazione destinate a
promuovere una persona o un'organizzazione che svolge attività commerciale,
definendone i requisiti fondamentali. Si tratta di informazioni fondamentali
relative al prestatore dei servizi, che questi, per una esigenza di trasparenza,
deve mettere a disposizione di clienti e autorità competenti.
Nel caso in cui tali "comunicazioni commerciali" costituiscano un
servizio della società dell'informazione fornito da un soggetto che svolge
una professione regolamentata (ad es. avvocato), gli Stati membri devono
autorizzare tale tipo di comunicazioni, che debbono comunque avvenire nel
rispetto delle norme etiche e dei codici di condotta di categoria (si pensi, in
questo caso, a forme di consulenza e assistenza legale on-line).
Le comunicazioni commerciali possono anche essere "non sollecitate"
dal destinatario di servizi della società dell'informazione: in questo caso,
tuttavia, la direttiva impone agli Stati membri di provvedere in maniera tale da
consentire la facile identificazione di tali comunicazioni commerciali come
tali, in modo chiaro e inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le
riceve.
4. Conclusione dei contratti per via elettronica
Gli Stati membri non devono creare ostacoli alla conclusione di contratti per
via elettronica. La direttiva specifica che le difficoltà a cui si riferisce la
direttiva sono di natura strettamente giuridica e non pratica, quale potrebbe
essere l'impossibilità di utilizzo dei mezzi elettronici necessari a
concludere i contratti on-line. Anche questa affermazione di principio,
tuttavia, si accompagna a possibilità di deroghe per le seguenti categorie di
contratti:
1) contratti che istituiscono o trasferiscono beni immobili diversi dalla
locazione:
2)contratti che necessitano dell'intervento di un'autorità pubblica o
professionisti che esercitano pubblici poteri;
3) contratti di fideiussione o garanzia prestate da persone che agiscono al di
fuori della propria attività professionale o imprenditoriale;
4. contratti disciplinati dal diritto di famiglia e delle successioni.
5. Responsabilità dell'intermediario
Nel caso in cui il servizio della società dell'informazione consista nella
trasmissione di dati su una rete di comunicazione o nel consentire l'accesso
ad una rete di comunicazione, l'intermediario prestatore di tale servizio non
è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che non origini la
trasmissione, non scelga il destinatario della trasmissione e non possa
modificare le informazioni contenute nella trasmissione stessa. In pratica si
stabilisce che il carrier, l'operatore telefonico, non è responsabile di
quello che passa sulla sua rete, il che è più che ovvio.
Se il servizio consiste nella trasmissione di informazioni fornite dal
destinatario di un servizio su una rete di comunicazione, l'intermediario non
è responsabile per la memorizzazione di tali dati ove non modifichi le
informazioni, si conformi alle condizioni di accesso e di aggiornamento delle
informazioni, non impieghi la tecnologia a disposizione per ottenere dati sull'impiego
delle informazioni, agisca con prontezza per rimuovere le informazioni che ha
memorizzato. Questo è il caso del provider che si limita a fornire l'accesso
alla rete.
Infine, nel caso in cui il servizio consista nella memorizzazione di
informazioni fornite da un destinatario del servizio (hosting), l'intermediario
non è responsabile delle informazioni memorizzate ove non sia a conoscenza dell'effettiva
illiceità di tali informazioni, e sempre che, nel caso in cui venga a
conoscenza dell'illiceità delle stesse, agisca immediatamente per rimuoverle.
Quest'ultimo gruppo di disposizioni dovrebbe fare chiarezza su un argomento
ampiamente dibattuto in questi ultimi anni di rapida diffusione di Internet
quale mezzo di comunicazione e di invio di informazioni: quello della
responsabilità del provider, relativamente alle informazioni dallo stesso
trasmesse o memorizzate: Responsabilità che la direttiva sembra escludere,
almeno in linea di principio.
Tuttavia, ad una lettura più attenta del testo, si comprende come in realtà si
introduca una forma di responsabilità oggettiva a carico del provider, che
potrebbe avere importanti conseguenze sullo sviluppo di questi servizi.
Infatti, se da un lato la direttiva afferma l'assenza di un obbligo da
parte dell'intermediario di verificare i contenuti dei dati che memorizza o
trasmette subordina allo stesso tempo l'assenza di responsabilità alla
sussistenza di numerose condizioni. Di fatto, ad esempio, se il fornitore di hosting
fosse effettivamente a conoscenza della illiceità delle informazioni
memorizzate, o, essendone venuto a conoscenza non abbia provveduto
immediatamente a rimuoverle, sarebbe ritenuto responsabile, nonostante l'assenza
di un obbligo di sorveglianza a suo carico.
Queste forme di responsabilità, indipendenti da comportamenti volontari del
provider, potrebbero avere importanti conseguenze sulle modalità di sviluppo di
tali servizi su Internet, come molti commentatori hanno già avuto modo di
sottolineare. Infatti, i provider tenderebbero a privilegiare la trasmissione o
la memorizzazione di informazioni provenienti da soggetti maggiormente
affidabili (e cioè economicamente più forti), a danno di soggetti dotati di
una minore forza economica.
In questo modo, tuttavia, verrebbe fortemente menomata la libertà della rete ed
il concetto che la stessa sia l'unico strumento adatto a dare voce a pensieri
e informazioni provenienti da chiunque possa accedervi: in buona sostanza,
regole troppo restrittive per Internet, potrebbero stravolgerne le
caratteristiche essenziali, che rendono questo mezzo unico tra tutti i mezzi di
comunicazione attualmente a nostra disposizione.
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