Con la sentenza resa in data 11 dicembre 2003 nella causa C-322/01 (Deutscher Apothekerverband eV contro 0800
DocMorris NV e Jacques Waterval) , i giudici comunitari hanno ridisegnato l'intero quadro
comunitario della vendita a distanza dei medicinali.
La sentenza, inoltre, riconosce giuridicamente l'importanza delle ICT nella
prestazione di servizi sanitari, alla base delle diverse applicazioni di e-health
e di telemedicina.
I fatti
La farmacia olandese DocMorris, dal 8 giugno 2000, vende via internet a
cittadini tedeschi, con o senza prescrizione medica, medicinali la cui
autorizzazione al commercio proviene non sempre dalle autorità tedesche, ma
anche (spesso) da altri Stati membri.
L'associazione dei farmacisti tedeschi (rappresentante di ben 19.000 titolari di
farmacie) ha quindi convenuto la farmacia DocMorris dinanzi al tribunale di
Francoforte sul Meno, contestando sia l'offerta di medicinali via internet che
la loro consegna internazionale per corrispondenza, sulla base dei divieti
nazionali tedeschi che vietano la vendita a distanza di medicinali disponibili
esclusivamente nelle farmacie. In particolare, si eccepivano i divieti previsti
dalle leggi sui medicinali ad uso umano (AMG) e sulla pubblicità nelle
professioni sanitarie (HWG). Secondo l'associazione, tali divieti sarebbero
compatibili con gli art. 28 e 30 del Trattato, vertendo in materia di protezione
della vita e della salute dei cittadini, interessi giuridici superiori alle
libertà fondamentali del mercato interno.
Dietro le contestazioni di un tale assunto da parte di DocMorris, il giudice
tedesco ha posto alla Corte di giustizia una serie di questioni pregiudiziali di
estrema importanza, che si riassumono nella loro sostanza, rinviando per una
loro più rigorosa elencazione al testo della sentenza:
1. I divieti nazionali alla vendita a distanza trasfrontaliera di medicine da
vendersi esclusivamente in farmacia, violano i principi della libertà di
circolazione delle merci ex art. 28 Trattato?
2. Il divieto nazionale di pubblicità alla vendita a distanza di medicinali
vendibili solo in farmacia può essere esteso ai portali internet di una
farmacia stabilita in un altro paese dell'Unione europea che, oltre alla
presentazione dell'impresa, descriva i differenti medicinali indicandone nome,
modalità di consegna, prezzo, offrendo anche la possibilità di acquistarli?
La decisione
Adeguandosi in larga misura sulle conclusioni dell'Avvocato generale, i
giudici della Corte di giustizia hanno stabilito che non esiste alcun motivo
legittimo che potrebbe giustificare un divieto assoluto di vendita a distanza di
medicinali non soggetti a prescrizione medica. L'invocazione, da parte
dell'associazione dei farmacisti tedeschi, dell'interesse a garantire una
corretta informazione e una consulenza professionale personalizzata non è stata
ritenuta soddisfacente: al contrario, l'acquisto via internet può presentare
aspetti di enorme vantaggio per i cittadini europei, che possono procedere
all'acquisto da casa e chiedere ogni genere d'informazione al farmacista.
Sui rischi collegati ad un cattivo uso del farmaco, la Corte ha ribadito che
un tale rischio può essere ridotto sensibilmente grazie alle funzionalità
disponibili on line, che dovranno essere utilizzate prima di procedere
all'acquisto da parte del consumatore.
Il divieto può trovare una giustificazione solo riguardo ai medicinali per i
quali sia prevista la necessaria prescrizione medica. In questo caso, infatti, i
rischi legati all'assunzione di tali farmaci esigono un controllo più rigoroso,
e in tale ambito il rispetto dei divieti posti dalle leggi nazionali è
doveroso, essendo funzionale alla protezione di un interesse giuridico
fondamentale quale la vita dei cittadini.
Sulla seconda questione, ricorrendo ancora alla distinzione tra medicinali
con o senza prescrizione, prevista dalla normativa comunitaria (direttiva
92/208/CE relativa alla pubblicità dei medicinali integrata nel codice
comunitario relativo ai medicinali per uso umano, direttiva
2001/83/CE), la Corte ha rilevato che anche il divieto di pubblicità è
giustificato in relazione ai farmaci sottoposti a prescrizione. Al contrario,
l'art. 88 del codice comunitario osta ai divieti nazionali di pubblicità di
medicinali non soggetti a prescrizione (ossia gli OTC, e in Italia i farmaci di
automedicazione).
In sostanza, dunque, la Corte di giustizia nega che il divieto di vendita a
distanza per medicinali riservati alla vendita nelle farmacia costituisca una
"modalità di vendita" come tale inquadrabile nei parametri stabiliti
dalla giurisprudenza "Keck" (sentenze 24 novembre 1993, cause riunite
C-267/91 e C-268/91). Sul punto vale la pena di riportare un passaggio della
Corte: Infatti, un divieto simile a quello in esame nella causa principale
arreca un pregiudizio più significativo alle farmacie situate fuori della
Germania che a quelle situate sul territorio tedesco. Se rispetto a queste
ultime è difficilmente contestabile che tale divieto le privi di un mezzo
supplementare o alternativo per raggiungere il mercato tedesco dei consumatori
finali di medicinali, cionondimeno esse conservano la possibilità di vendere i
medicinali nelle loro farmacie. Al contrario, Internet costituirebbe un mezzo
più importante per le farmacie che non sono stabilite sul territorio tedesco
per raggiungere direttamente tale mercato. Un divieto che colpisse in misura
maggiore le farmacie stabilite al di fuori del territorio tedesco potrebbe
essere tale da ostacolare maggiormente l'accesso al mercato dei prodotti
provenienti da altri Stati membri rispetto a quello dei prodotti nazionali.
E' evidente il favor della Corte di giustizia nei confronti
dell'internet e in generale delle applicazioni ICT nel settore dei servizi
sanitari, a vantaggio dei consumatori europei che potranno liberamente muoversi
nel mercato interno.
In seguito alla sentenza il ministro della sanità tedesco Ulla Schmidt ha
annunciato l'inevitabile riforma della distribuzione dei medicinali in Germania.
La situazione in Italia
La sentenza della Corte di giustizia ha dunque immediate ripercussioni in
tutti gli Stati membri, tra cui il nostro paese che, in materia di distribuzione
e pubblicità dei farmaci, presenta alcune particolarità. Le numerose leggi che
regolano la materia, insieme al codice deontologico dei farmacisti, disegnano
una situazione piuttosto asfittica se comparata con lo spirito della Sentenza
della Corte di Giustizia.
Infatti, la vendita a distanza dei medicinali è vietata tout-court.
Ai sensi del Testo unico delle leggi sanitarie del 1943, la vendita di tutti
medicinali deve avvenire esclusivamente attraverso le farmacie. L'art. 25 del
codice deontologico vieta la cessione di medicinali, con o senza prescrizione,
tramite internet o altre reti informatiche.
L'art. 3 DLgs 541/1992 prevede, accanto ai medicinali senza prescrizione, i
farmaci di automedicazione (contraddistinti dal bollino "farmaco senza
ricetta"): si tratta di una categoria introdotta dal nostro legislatore.
Solo per essi è consentita la pubblicità al pubblico nelle forme prescritte,
mentre come abbiamo visto il codice comunitario (art. 88) la estende a tutti i
medicinali senza prescrizione medica.
Applicando i principi interpretativi stabiliti dalla Corte di Giustizia,
dunque, in Italia potremmo rilevare un prima incompatibilità derivante dal
divieto di vendita a distanza e di pubblicità per i farmaci senza ricetta, e,
inoltre, l'incompatibilità costituita dal divieto di pubblicità dei farmaci
senza ricetta diversi da quelli di automedicazione.
In conclusione, con la sentenza C-322/01 la Corte di Giustizia ha chiarito la
portata della direttiva sul commercio elettronico in un settore di importanza
fondamentale per i cittadini dell'Unione, definendo le regole di un mercato
tutto da scoprire, che potrebbe avere enormi ripercussioni nella distribuzione
nazionale ed internazionale dei farmaci
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