"Per assicurare uno sviluppo senza ostacoli del commercio
elettronico, il quadro giuridico deve essere chiaro e semplice, prevedibile e
coerente con le regole vigenti ...".
Questa la pomposa petizione di principio, che apre la direttiva sul
commercio elettronico 2000/31/CE (considerando n. 60).
Nulla a che vedere con la realtà normativa disegnata dal nostro legislatore,
tanto intrisa di oscurità ed incoerenza, da risolversi in un vero e proprio
freno alla crescita dell'e-business.
Molto si è scritto, e molto resta da scrivere, sulle stridenti discrasie fra le
due normative di riferimento allo stato applicabili al B2C: da un lato il DLgs
50/92 , dall'altro il recente DLgs 185/99.
E più queste norme passano il vaglio della realtà operativa, più emergono
problemi di coordinamento di varia natura, che riguardano le vendite on line e
che si estendono anche ad altri settori.
Aspetti generali: le aree sovrapponibili
Come è noto, il DLgs 50/92 si applica ai contratti negoziati fuori dai
locali commerciali tra un operatore ed un consumatore.
Il criterio di individuazione del campo applicativo, si identifica pertanto con
il luogo in cui viene stipulato (o negoziato) il contratto. Nessuna
valenza viene invece assegnata al fatto che vi sia o meno la presenza fisica e
simultanea dell'operatore e del consumatore, di tal che, nell'insieme
generale dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, rientrano:
a) le vendite negoziate fuori di un locale commerciale, perfezionatesi all'esito
di un contatto diretto tra operatore e consumatore (presso il domicilio del
consumatore - art. 1 lett. a; durante un'escursione organizzata dall'operatore
fuori dai propri locali - art. 1 lett. b; in area pubblica o aperta al pubblico,
mediante sottoscrizione di una nota d'ordine - art. 1 lett. c);
b) le vendite negoziate fuori dai locali commerciali, perfezionatesi senza che
vi sia alcun contatto diretto tra operatore e consumatore, e cioè a dire le
vendite per corrispondenza (art. 1 lett. d); nonché le televendite ed i "contratti
conclusi mediante l'uso di strumenti informatici e telematici" o
vendite on line (art. 9).
Diverso il criterio di individuazione dell'area applicativa del DLgs
185/99: questa normativa, ai sensi dell'art. 1, si applica infatti alle
vendite effettuate dal fornitore mediante utilizzo di una tecnica di
comunicazione a distanza, cioè a dire, secondo la definizione di cui alla lett.
d), ai contratti che siano stipulati "senza la presenza fisica e
simultanea del fornitore e del consumatore".
E' evidente pertanto che, se da un lato i contratti a distanza sono
(logicamente) tutti negoziati fuori dai locali commerciali, dall'altro non
tutti i contratti negoziati fuori dai locali commerciali sono configurabili come
contratti a distanza.
In altre parole, le due normative si sovrappongono soltanto con riferimento a
quei contratti che, oltre ad esser stipulati fuori dai luoghi in cui l'operatore
esercita professionalmente l'attività commerciale, siano però anche
qualificabili come contratti a distanza, difettando la presenza fisica e
simultanea del fornitore e del consumatore.
Apparentemente, pertanto, la categoria di negozi giuridici oggetto di tale
sovrapposizione sembra essere soltanto quella di cui al punto b) precedentemente
enucleata (e quindi vendite per corrispondenza, televendite e vendite on line).
Ma, ad un esame più approfondito, questo assetto viene alterato e messo in
crisi, a causa della infelice formulazione degli articoli che, nell'una e nell'altra
normativa, danno la definizione rispettivamente di operatore commerciale
(art. 2 DLgs 50/92) e di fornitore (art. 1 lett. c) DLgs 185/99).
Ed infatti, pur essendo chiaro che in entrambi i casi nell'individuare il
soggetto che procede alla vendita si sia voluto far riferimento alla persona
fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività professionale,
mentre per il legislatore del 1992 va considerato operatore commerciale anche la
persona che agisce in nome o per conto dell'operatore stesso, tale
estensione non è ripresa dal Legislatore del 1999, di tal che colui che agisce
in nome o per conto del fornitore, non è al medesimo assimilato.
Quello che è apparso, a prima vista, come un problema meramente
nominalistico, si risolve quindi in una ben più pesante questione
interpretativa. Ed infatti, quasi tutte le aziende si servono di reti di vendita
composte da agenti, cioè a dire da soggetti che agiscono in nome e per conto
(mandati con rappresentanza), ovvero semplicemente per conto dell'impresa
(mandati senza rappresentanza). Ora, se è vero che l'agente non è dal
legislatore assimilato al fornitore ai fini della applicazione del DLgs 185/99;
se è vero altresì che per contratto a distanza si deve intendere quello
perfezionato senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del
consumatore, allora, a stretto rigore, il contratto negoziato dall'agente
dovrebbe qualificarsi anch'esso come contratto a distanza, proprio perché
difetta un contatto diretto tra consumatore e fornitore!
L'area dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali identificabili
anche come contratti a distanza potrebbe pertanto, a parere di chi scrive,
essere ridisegnata, essendovi ricompresi anche quei negozi giuridici posti in
essere non già direttamente dal fornitore, bensì da un soggetto che con lo
stesso normativamente non coincide, e cioè a dire colui che agisca in suo nome
o per suo conto.
Con un' inevitabile conseguenza, anche sul piano della applicazione della
disciplina transitoria di cui all'art. 15 DLgs 185/99, di cui parlerò in
seguito.
Un problema particolare: la vendita on line di carte di credito
Le discrasie tra le due normative applicabili alle vendite on line sono ancor
più evidenti con riferimento alla definizione dei cosiddetti campi di
esclusione. Entrambi i decreti, infatti, prendono in considerazione alcune
tipologie di prodotti e/o servizi, per i quali le rispettive regolamentazioni
non dovrebbero trovare applicazione. Anche su tali aspetti, però, il nostro
legislatore, ben lungi dalla "coerenza" invocata dalle istituzioni
comunitarie, detta una disciplina asimmetrica, foriera di problemi
interpretativi di grande momento.
Mi riferisco in particolare, alla vendita on line di carte di credito.
Non v'è dubbio che, dal punto di vista sistematico, si tratti di un
contratto negoziato fuori dai locali commerciali (cfr. art. 9) inquadrabile
altresì nell'area dei contratti a distanza (cfr. elenco all. I al DLgs
185/99).
Ora, l'analisi del DLgs 50/92 consente di affermare che tale tipologia di
vendita non sia identificabile con alcuna delle ipotesi di esclusione previste
dall'art. 3, di tal che la società emittente sarebbe sempre tenuta al
rispetto dei vincoli di informazione ed al riconoscimento al consumatore del
diritto di recesso secondo i dettami degli artt. da 4 a 10, andando incontro in
difetto alle sanzioni di cui all'art. 11.
Diverso, e ben più articolato , il discorso con riguardo alle ipotesi di
esclusione previste dal DLgs 185/99. Ed infatti, all'art. 2 lett. a), è
previsto che il decreto non si applichi ai contratti relativi ai servizi
finanziari descritti nell'allegato II. Tale allegato, nel dettare un
elenco esemplificativo di quelli che dovrebbero esser considerati "servizi
finanziari", indica accanto ad alcune tipologie di prodotti già ricompresi
nelle esclusioni di cui al DLgs 50/92 (tra i quali, ad esempio "le
operazioni di assicurazione e di riassicurazione"), anche ulteriori
servizi, ed in particolare quelli che rientrano nelle attività che
beneficiano del riconoscimento reciproco di cui si applica l'allegato della
seconda direttiva 89/646/CEE.
Superato lo sconcerto per la... formulazione sintattica della norma, l'esame
si sposta quindi sui contenuti di tale direttiva, avente ad oggetto "il
coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi ed il suo
esercizio". Tra le attività ivi regolamentate, viene riportata anche la emissione
e gestione di mezzi di pagamento (carte di credito, travellers cheques, lettere
di credito) sempre che dette attività vengano esercitate da un ente
finanziario filiazione di un ente creditizio (cfr. considerando n. 12).
Alla luce di ciò, la vendita on line di carte di credito, rientrando nell'area
di cui alla direttiva 89/646, è assorbita nella zona di esclusione prevista
dall'art. 2 lett. a), di tal che alla stessa rimane estranea la disciplina di
cui al DLgs 185/99, (tutto ciò, sempre che l'attività di emissione e
gestione di carte di credito non sia svolta da ente che non sia filiazione di un
ente creditizio, nel qual caso non si dovrebbe ricadere nell'area di
applicazione della direttiva e conseguentemente, non potrebbe trovare spazio l'esclusione
di cui all'art. 2 lett. a), rimanendo pertanto vincolate al rispetto del DLgs
185/99 , le società emittenti estranee al mondo bancario).
Da un lato, pertanto, il consumatore è tutelato dal DLgs 50/92; dall'altro...
non fruisce delle in parte identiche guarentigie previste dal DLgs 185/99.
E' evidente che si tratta di una divaricazione regolamentare ben poco spiegabile
dal punto di vista sistemico: identiche le finalità di tutela del consumatore,
diametralmente opposte le soluzioni adottate, a distanza di sette anni, da un
legislatore a dir poco confuso e, ciò che è ancor più grave, cosciente della
propria confusione.
Il DLgs 185/99, infatti, si chiude con una norma che rappresenta una sorta di
resa delle armi con la quale il redattore, conscio del garbuglio normativo
creato, invoca l'intervento salvifico di un testo unico che riesca a
coordinare...l'incoordinabile.
L'art. 15 infatti così recita:
Fino alla emanazione di un testo unico di coordinamento delle disposizioni di
cui al presente decreto legislativo con la disciplina recata dal decreto
legislativo 50/92, alle forme speciali di vendita previste dall'art. 9
DLgs 50/92 e dagli artt. 18 e 19 DLgs 31.03.98 n. 114, si applicano le
disposizioni più favorevoli per il consumatore contenute nel presente decreto
legislativo.
Comprensibili le prospettate finalità...politiche della norma, dare un senso
alla stessa dal punto di vista tecnico non è impresa facile. Ed infatti, esiste
nel nostro ordinamento un principio cardine, consacrato nell'art. 15 delle
disposizioni preliminari al Codice Civile: lex posterior derogat priori . Quando,
come nel caso in esame, esiste una disciplina relativa ad una determinata
materia (i contratti negoziati fuori dai locali commerciali), e sulla stessa
vada ad incidere una legge successiva che regolamenta, anche se solo in parte,
la medesima (i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, che siano
inquadrabili nell'area dei contratti a distanza) , prevale l'ultima legge, e
quella precedente, nei punti in cui sia con essa incompatibile, deve
considerarsi implicitamente abrogata.
Se pertanto il legislatore, con DLgs 185/99, interviene su una materia di
fatto già regolamentata dal DLgs 50/92, nelle parti in cui le due normative
sono sovrapponibili ed incompatibili, dovrebbe sempre prevalere la legge
successiva, in virtù del ricordato principio. E ciò sia nel caso in cui si
tratti di interventi migliorativi per il consumatore, sia nel caso di eventuali
modifiche in pejus.
Ora, il legislatore dell'art. 15, prevedendo che debbano trovare applicazione
le norme più favorevoli al consumatore contenute nella lex posterior, fa
da un lato un'affermazione tautologica, in quanto esplicita una regola che nel
nostro ordinamento già vige; dall'altro sovverte candidamente quel principio,
implicitamente affermando che le norme meno favorevoli al consumatore, seppur
successive, non dovrebbero trovare applicazione. Si tratta di una sorta di
"autocensura", in forza della quale, immaginando una drammatizzazione
della situazione, il legislatore afferma: laddove ho derogato in melius, nulla
quaestio; laddove invece ho derogato (scientemente o no...) in pejus,
fate finta che non esisto, fino all'arrivo del testo unico !
Alla luce di ciò, tornando al problema della vendita on line di carte di
credito, gli esiti del ragionamento fatto in precedenza andrebbero sovvertiti:
è lo stesso DLgs 185/99 che si autoimpone di non applicarsi laddove detta
disposizioni meno favorevoli per il consumatore? Bene, allora è tranquillamente
sostenibile che, essendo l'art. 2 lett. a) una disposizione più sfavorevole
al consumatore, la stessa non dovrebbe trovare applicazione, con la conseguenza
che anche la vendita on line di carte di credito dovrebbe rientrare nel campo di
applicazione delle altre disposizioni contenute nel DLgs 185/99, essendo le
medesime, al contrario, certamente più favorevoli al consumatore stesso.
Conclusioni
Come detto in apertura, e come dimostrato con le suesposte considerazioni, il
quadro normativo è tutto meno che "chiaro e semplice, prevedibile e
coerente".
Solo una maggiore attenzione da parte del legislatore, in sede di realizzazione
del testo unico, consentirà di risolvere problemi altrimenti destinati alle
consuete oscillazioni interpretative, soprattutto in sede giudiziaria.
Per quanto attiene la cennata questione delle vendite on line di carte di
credito, una parola chiara potrà venire dall'Unione Europea, nell'ormai
prossima direttiva concernente la vendita a distanza di servizi finanziari ai
consumatori.
E' certo che, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, sono
necessarie regole limpide, che garantiscano una reale tutela dei diritti dei
consumatori, e al contempo la possibilità per le imprese che si affacciano alla
new economy, di affrontare in un contesto legislativo leggibile le già ostiche
sfide del mercato.
* Avvocato in Roma