Nella Mancia di Don Chisciotte esistevano i
mulini a vento; nel "Mangia-mangia" italiano esistono le parole al vento,
contrasti violenti tra buone intenzioni ed interessi di bottega, il tentativo
disperato di "far masticare" informatica giuridica a chi non ha mai visto
un computer.
Questo forum sulla società dell'informazione offre lo spunto per una
lunga serie di riflessioni: politiche, giuridiche, tecnologiche, etc.
Pur essendomi stata richiesta la scrittura di alcune cartelle di contenuto
giuridico, intendo disobbeddire al precetto di Manlio Cammarata e gettare,
invece, un sasso contro lo spesso muro degli scandali più o meno palesi che
da troppo tempo ormai avviliscono anche il settore dell'informatica.
Ciò nasce dal convincimento che non si può parlare compiutamente di
informatica e diritto se prima non si ha una minima conoscenza degli strumenti
tecnologici che l'informatica stessa mette a nostra disposizione. Del pari,
non può ipotizzarsi alcun futuro se prima non si cura il presente.
Sappiamo tutti che sin dall'avvio della riforma universitaria nelle
facoltà di giurisprudenza è diventato d'obbligo il sostenimento di un
esame di valutazione sulle "conoscenze informatiche" degli studenti: cosa
ben diversa - è bene sottolinearlo - dall'insegnamento dell'informatica
giuridica o del diritto delle tecnologie.
"Conoscenze informatiche" è materia tecnica, avulsa dal diritto ma
allo stesso tempo di fondamentale importanza per la comprensione degli
istituti giuridici legati al mondo dell'informatica e della multimedialità.
Essa ha lo scopo, ovvio, di far conoscere agli studenti i rudimenti dell'hardware,
dei principali sistemi operativi e di alcuni applicativi software di maggiore
diffusione nel mondo legale.
Personalmente, già docente di Informatica giuridica presso la facoltà di
Giurisprudenza di Palermo, ho accettato per un triennio ormai chiuso di
affiancare all'insegnamento del diritto anche quello delle tecnologie presso
lo stesso Ateneo.
Ho maturato una felice esperienza umana e didattica, decisamente inattesa ma.
ancora oggi non so se esserne compiaciuto o no.
Lo scenario è stato quello di una bolgia dantesca: 1.800 studenti l'anno,
una frequenza media di 200 e più studenti per lezione, un'aula informatica
di modeste dimensioni (20 posti di lavoro) e come tale assolutamente
inutilizzabile per semplici ragioni di spazio.
Manco a dirlo, sia a ragione del tipo di contratto sia per motivi economici,
nessun assistente o collaboratore, ma soltanto l'ausilio gratuito di due
giovani e volenterosi laureati in giurisprudenza ottimi conoscitori (per
passione propria) dei fenomeni e delle tecnologie informatiche.
Dopo una primissima esperienza di esami scritti, ho preferito (sin dalla
seconda sessione di esami) fare svolgere agli studenti esami orali, mettendomi
così nelle condizioni di meglio conoscere il livello di preparazione di
ciascuno di essi.
Nello stesso tempo, aderendo a principii oramai diffusi, ho parzialmente
esonerato dal sostenimento degli esami tutti gli studenti in possesso della
ECDL - European Computer Driving License o di titoli equipollenti:
allo studente in possesso di ECDL ho riconosciuto una "sufficienza" di
base, subordinando al sostenimento del normale esame l'ottenimento di un
voto superiore.
Una leggenda metropolitana vuole che i nostri figli ed i giovani tutti
siano in assoluto dei veri "maghi" del computer: nulla di più falso!
Volendo tentare una statistica, ovviamente limitata a quanto da me potuto
rilevare per esperienza diretta in questo triennio, viene fuori uno scenario -
a dir poco - avvilente.
Quasi tutti (le eccezioni sono rare) possiedono un pc collegato all'internet,
ma ne utilizzano le potenzialità quasi esclusivamente per finalità di
peer-to-peer.
Il loro passatempo preferito sembra essere quello di scaricare dall'internet
musica e film; in percentuale minore quello di chattare; raramente utilizzare
un browser e le risorse offerte dall'internet stessa per aumentare le
proprie conoscenze.
Relativamente frequente l'uso della posta elettronica; quasi del tutto
assente l'uso di applicativi con finalità diverse rispetto a quelle ora
dette.
Unica eccezione il programma Word della Microsoft, ovviamente in versione
pirata.
Sconosciuto il mondo Apple, appena sentito nominare il mondo Linux; conosciuto
da tutti, ma da pochi saputo utilizzare, il mondo Microsoft Windows.
Ma se questo sfata quella che ho definito essere una leggenda metropolitana,
vi è qualcosa di ben più grave che impone una seria riflessione.
Salvo rare eccezioni, ho potuto constatare che tutti i possessori di ECDL
(circa il 5% degli studenti) non sanno cosa sia un computer.
Per loro ammissione diretta, quasi nessuno di quei ragazzi ha mai ricevuto una
adeguata istruzione; alcuni addirittura non hanno mai avuto accesso a quegli
applicativi per il cui uso hanno ricevuto licenza; e così via.
Ma c'è di più: tutti i corsi (ripeto: tutti) per il conseguimento della
ECDL dei quali ho potuto leggere il programma prevedono esclusivamente l'uso
di sistemi operativi ed applicativi Microsoft. Nessun accenno alle realtà
informatiche estranee a casa Microsoft.
Se è vero che la massa dei corsi per il conseguimento della ECDL è
finanziata con denaro pubblico, c'è da chiedersi quanto vi sia di legittimo
nell'insegnamento (si fa per dire) di prodotti targati esclusivamente
Microsoft.
Non ho nulla contro la casa di Redmond, ma mi terrorizza il messaggio
pubblicitario che si cela dietro una siffatta realtà.
Sull'uso del denaro pubblico a questi fini, poi, non ho diritto di
giudizio: questo spetta all'autorità giudiziaria - se e quando vorrà
occuparsene.
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