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Le relazioni - 12

L'informatica di Don Chischiotte

di Enrico Maccarone* - 26.05.05
 
Nella Mancia di Don Chisciotte esistevano i mulini a vento; nel "Mangia-mangia" italiano esistono le parole al vento, contrasti violenti tra buone intenzioni ed interessi di bottega, il tentativo disperato di "far masticare" informatica giuridica a chi non ha mai visto un computer.

Questo forum sulla società dell'informazione offre lo spunto per una lunga serie di riflessioni: politiche, giuridiche, tecnologiche, etc.
Pur essendomi stata richiesta la scrittura di alcune cartelle di contenuto giuridico, intendo disobbeddire al precetto di Manlio Cammarata e gettare, invece, un sasso contro lo spesso muro degli scandali più o meno palesi che da troppo tempo ormai avviliscono anche il settore dell'informatica.

Ciò nasce dal convincimento che non si può parlare compiutamente di informatica e diritto se prima non si ha una minima conoscenza degli strumenti tecnologici che l'informatica stessa mette a nostra disposizione. Del pari, non può ipotizzarsi alcun futuro se prima non si cura il presente.

Sappiamo tutti che sin dall'avvio della riforma universitaria nelle facoltà di giurisprudenza è diventato d'obbligo il sostenimento di un esame di valutazione sulle "conoscenze informatiche" degli studenti: cosa ben diversa - è bene sottolinearlo - dall'insegnamento dell'informatica giuridica o del diritto delle tecnologie.

"Conoscenze informatiche" è materia tecnica, avulsa dal diritto ma allo stesso tempo di fondamentale importanza per la comprensione degli istituti giuridici legati al mondo dell'informatica e della multimedialità. Essa ha lo scopo, ovvio, di far conoscere agli studenti i rudimenti dell'hardware, dei principali sistemi operativi e di alcuni applicativi software di maggiore diffusione nel mondo legale.

Personalmente, già docente di Informatica giuridica presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo, ho accettato per un triennio ormai chiuso di affiancare all'insegnamento del diritto anche quello delle tecnologie presso lo stesso Ateneo.
Ho maturato una felice esperienza umana e didattica, decisamente inattesa ma. ancora oggi non so se esserne compiaciuto o no.

Lo scenario è stato quello di una bolgia dantesca: 1.800 studenti l'anno, una frequenza media di 200 e più studenti per lezione, un'aula informatica di modeste dimensioni (20 posti di lavoro) e come tale assolutamente inutilizzabile per semplici ragioni di spazio.
Manco a dirlo, sia a ragione del tipo di contratto sia per motivi economici, nessun assistente o collaboratore, ma soltanto l'ausilio gratuito di due giovani e volenterosi laureati in giurisprudenza ottimi conoscitori (per passione propria) dei fenomeni e delle tecnologie informatiche.

Dopo una primissima esperienza di esami scritti, ho preferito (sin dalla seconda sessione di esami) fare svolgere agli studenti esami orali, mettendomi così nelle condizioni di meglio conoscere il livello di preparazione di ciascuno di essi.
Nello stesso tempo, aderendo a principii oramai diffusi, ho parzialmente esonerato dal sostenimento degli esami tutti gli studenti in possesso della ECDL - European Computer Driving License o di titoli equipollenti: allo studente in possesso di ECDL ho riconosciuto una "sufficienza" di base, subordinando al sostenimento del normale esame l'ottenimento di un voto superiore.

Una leggenda metropolitana vuole che i nostri figli ed i giovani tutti siano in assoluto dei veri "maghi" del computer: nulla di più falso!
Volendo tentare una statistica, ovviamente limitata a quanto da me potuto rilevare per esperienza diretta in questo triennio, viene fuori uno scenario - a dir poco - avvilente.
Quasi tutti (le eccezioni sono rare) possiedono un pc collegato all'internet, ma ne utilizzano le potenzialità quasi esclusivamente per finalità di peer-to-peer. Il loro passatempo preferito sembra essere quello di scaricare dall'internet musica e film; in percentuale minore quello di chattare; raramente utilizzare un browser e le risorse offerte dall'internet stessa per aumentare le proprie conoscenze. Relativamente frequente l'uso della posta elettronica; quasi del tutto assente l'uso di applicativi con finalità diverse rispetto a quelle ora dette.

Unica eccezione il programma Word della Microsoft, ovviamente in versione pirata.
Sconosciuto il mondo Apple, appena sentito nominare il mondo Linux; conosciuto da tutti, ma da pochi saputo utilizzare, il mondo Microsoft Windows. Ma se questo sfata quella che ho definito essere una leggenda metropolitana, vi è qualcosa di ben più grave che impone una seria riflessione.

Salvo rare eccezioni, ho potuto constatare che tutti i possessori di ECDL (circa il 5% degli studenti) non sanno cosa sia un computer. Per loro ammissione diretta, quasi nessuno di quei ragazzi ha mai ricevuto una adeguata istruzione; alcuni addirittura non hanno mai avuto accesso a quegli applicativi per il cui uso hanno ricevuto licenza; e così via.
Ma c'è di più: tutti i corsi (ripeto: tutti) per il conseguimento della ECDL dei quali ho potuto leggere il programma prevedono esclusivamente l'uso di sistemi operativi ed applicativi Microsoft. Nessun accenno alle realtà informatiche estranee a casa Microsoft.

Se è vero che la massa dei corsi per il conseguimento della ECDL è finanziata con denaro pubblico, c'è da chiedersi quanto vi sia di legittimo nell'insegnamento (si fa per dire) di prodotti targati esclusivamente Microsoft.
Non ho nulla contro la casa di Redmond, ma mi terrorizza il messaggio pubblicitario che si cela dietro una siffatta realtà.

Sull'uso del denaro pubblico a questi fini, poi, non ho diritto di giudizio: questo spetta all'autorità giudiziaria - se e quando vorrà occuparsene.
 

* Notaio in Palermo

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