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Le relazioni - 2

Firmare elettronicamente non sempre equivale a "sottoscrivere"

di Luigi Neirotti* - 08.06.05
 

Fin dall'approvazione del DPR 513/1997 si è largamente dibattuto della rilevanza giuridica della firma digitale e degli effetti da riconoscere ad un documento informatico sottoscritto mediante tale strumento di sicurezza.
E' noto l'ampio dibattito dottrinale tra i sostenitori della sostanziale equivalenza di una firma digitale ad una sottoscrizione olografa ed i fautori di una netta differenziazione tra i due fenomeni, con attribuzione alla firma digitale di una valenza alquanto diversa rispetto alla sottoscrizione.

Vi sono state, in passato, proposte che tendevano persino a negare l'utilizzo del sostantivo "firma" a proposito del "risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia".
L'evoluzione normativa ha imboccato, come noto, la strada della completa equiparazione tra i due istituti, pur con necessità di successivi aggiustamenti, soprattutto in funzione del recepimento della direttiva 1999/93/CE che ha "imposto" l'introduzione nel nostro ordinamento di tipologie di firme elettroniche differenti tra loro in quanto basate su un diverso, e per certi versi minore, livello di sicurezza.

V'è da dire che le differenze di qualificazione giuridica registrate nel tempo riguardano sostanzialmente il sistema e le modalità di disconoscimento degli effetti giuridici di un documento informatico sottoscritto mediante una firma elettronica qualificata o digitale, senza mai mettere in dubbio l'equivalenza tra sottoscrizione elettronica e sottoscrizione olografa, almeno con riferimento a tali tipologie di firme.

Diverso è il discorso, come noto, per le firme elettroniche "deboli", introdotte dalla direttiva europea, il cui rilievo giuridico effettivo è stato subordinato alla valutazione di volta in volta del giudice, pur con un generale principio di riconoscimento nel nostro ordinamento in quanto imposto dalla direttiva stessa.

In effetti, la differente qualificazione operata dal DPR 513/1997, che riconosceva l'efficacia di scrittura privata al documento sottoscritto con firma digitale, dal DPR 445/2000 post recepimento direttiva europea, che riconosceva efficacia fino a querela di falso del documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o digitale, e dal nuovo Codice dell'amministrazione digitale, che riconosce efficacia di scrittura privata al documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata con presunzione di utilizzo del dispositivo sicuro di firma in capo al titolare, differisce sostanzialmente per il soggetto che deve sopportare l'onere della prova in caso di disconoscimento del documento informatico e per le relative attività processuali.

Lo stesso Codice dell'amministrazione digitale riprende l'impostazione tradizionale che mette al centro del sistema il documento informatico e valuta gli effetti giuridici in funzione della presenza o meno di una firma elettronica e del livello di qualità e sicurezza di quest'ultima. Tale struttura è bene evidente considerando le disposizioni della Sezione I del Capo I, a cominciare dall'art. 21 che disciplina il valore probatorio del documento informatico per finire a tutta la Sezione II del Capo I, interamente dedicata alle "Firme elettroniche e certificati".

Nelle stesse definizioni del Codice osserviamo che la "autenticazione informatica" viene introdotta quale elemento costitutivo della "firma elettronica" e della "firma elettronica qualificata" e non sembrerebbe vivere di vita autonoma nello sviluppo del Codice.
Eppure, se guardiamo alla realtà dei fatti, possiamo notare come il ricorso alla sottoscrizione, intesa nella sua accezione tradizionale sia un fatto di natura sporadica, mentre accade continuamente di dover essere identificati e di dover superare controlli all'accesso a determinate strutture o risorse informatiche (e non solo, si pensi all'attivazione di un sistema antifurto, all'apertura di un'automobile se non di un'abitazione privata o di uno studio professionale, e così via).

Il Codice dell'amministrazione digitale sembra incentrare la sua attenzione sulla disciplina della sottoscrizione e sembra trascurare l'utilizzo delle firme elettroniche in tutti i casi in cui esse vengono utilizzate come mero strumento di sicurezza informatica e non quale atto formale di sottoscrizione di un documento informatico (funzione "identificativa", indicazione del soggetto da cui proviene il documento, e "dichiarativa", conferma della volontà o dei fatti espressi nel documento) a scopo di realizzazione di una scrittura privata.

Un esempio concreto consentirà di chiarire subito questo concetto. Il decreto legislativo 52/2004 ha introdotto nel nostro ordinamento la possibilità di ricorrere alla fatturazione elettronica. Si tratta dell'attuazione di un principio contenuto nella Direttiva 2001/115/CE di riordino dell'imposta sul valore aggiunto (IVA).
Ebbene, la direttiva stabilisce chiaramente e tassativamente, all'art. 2, che "Gli Stati Membri non impongono che le fatture siano firmate" (testo inglese: "Member States shall not require invoices to be signed"; testo francese: "Les États membres n'imposent pas la signature des factures"). Al contempo, sia la direttiva, sia il decreto legislativo di attuazione, stabiliscono che il ricorso alla fatturazione elettronica è consentito a condizione che sia assicurata l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto della fattura stessa.

Tale condizione viene realizzata, secondo tali norme specifiche in materia di IVA, ove il documento che contiene la fattura sia statico e non modificabile e sia utilizzata, tra le possibilità offerte dalla legge, una firma elettronica qualificata (oltre ad all'applicazione di un "riferimento temporale").
Si tratta di un esempio magistrale. La firma elettronica qualificata, in questo caso, non viene utilizzata quale "sottoscrizione elettronica", bensì come strumento di sicurezza al fine di assicurare certezza dell'origine ed integrità del contenuto del documento informatico con cui viene realizzata la fattura (per ragioni intuitive legate alle esigenze di verifica e controllo dell'amministrazione finanziaria).

Dunque, vi sono situazioni in cui si applica ad un documento informatico una firma elettronica, nel caso visto sopra una firma elettronica qualificata per scelta del legislatore italiano (la direttiva richiedeva una semplice firma elettronica avanzata), senza per questo sottoscriverlo, bensì esclusivamente quale dispositivo di sicurezza per assicurare il contenuto del documento.

A ben vedere, la necessità di applicare una firma elettronica ad un documento informatico costituisce una necessità imprescindibile, data la natura e la struttura intrinseca del documento informatico. Si potrebbe affermare che non dovrebbe esistere documento informatico, degno di tal nome, sia giuridicamente sia da punto di vista della sicurezza informatica, senza firma elettronica.

Mi spiego meglio. Un documento "non" informatico risulta statico ed immodificabile nel tempo in virtù del supporto fisico su cui è stato formato. A seconda che il supporto sia la carta, la pergamena, la pietra, o quant'altro, la modificabilità risulta più o meno difficoltosa, e quindi l'integrità garantita, in funzione delle caratteristiche di durevolezza del supporto. In ogni caso, esistono tecniche per stabilire se sia stato alterato o meno e vi sono materiali in grado di rivelare con maggiore o minore facilità eventuali manomissioni. In altre parole, non è necessario sottoscrivere un documento "non" informatico al fine di renderlo immodificabile. La sottoscrizione in questo caso risulterebbe aggiuntiva al fine di indicare la provenienza del documento (funzione indicativa) e di confermare la volontà dell'autore rispetto ai fatti ed alle dichiarazioni in esso contenute (funzione dichiarativa).

Con il documento informatico tutto ciò non è più vero in quanto la modificabilità è intrinseca nella natura stessa di un file elettronico. Al fine di renderlo immodificabile, di assumere dunque la "funzione documentale", sorge dunque la necessità di applicare un dispositivo di sicurezza che renda visibili eventuali modifiche, altrimenti impossibili da rilevare.
In questo senso una firma elettronica non sempre viene apposta quale sottoscrizione elettronica nell'accezione propria del termine in precedenza illustrata. Una firma elettronica talvolta è un mero dispositivo di sicurezza. Una sottoscrizione elettronica è invece qualcosa di più rispetto alla firma elettronica che ne costituisce lo strumento di sicurezza con cui si esprime.

Si tratta dunque di stabilire quale tipo di firma elettronica è adatto ad assolvere quale tipo di funzione.
A mio giudizio risulta indispensabile mantenere per il futuro la soluzione adottata attualmente dal Codice di richiedere, a fini di sottoscrizione elettronica nel senso proprio e formale del termine, unicamente una firma elettronica qualificata o digitale. Vale a dire il livello più elevato in termini di sicurezza informatica (oggi reso disponibile dalla crittografia a chiave pubblica, in futuro eventualmente da altre tecnologie disponibili).

Risulta tuttavia condivisibile che l'ordinamento disciplini anche altri fenomeni informatici, le firme elettroniche cd. "deboli" che vengono spesso utilizzate (rectius: dovrebbero sempre essere impiegate soltanto) in funzione di sicurezza informatica.
Il riconoscimento di una qualificazione giuridica alle firme elettroniche "deboli", se tenuto nettamente distinto rispetto agli effetti delle firme elettroniche qualificate o digitali in funzione di sottoscrizione elettronica, risulta positivo ed utile. Innanzitutto, per consentire di dare una qualificazione giuridica a tutta una serie di fenomeni informatici che diversamente non avrebbero un riconoscimento, nonostante siano largamente utilizzati. Inoltre, anche per dare adeguata graduazione ai diversi strumenti di sicurezza che sono utilizzati nell'utilizzo dei sistemi informatici e nelle comunicazioni elettroniche (a prescindere dalla sottoscrizione elettronica).

Il problema fondamentale è di stabilire proporzionalità tra gli effetti giuridici riconosciuti ed il livello di sicurezza assicurato, nonché tenere ben separati gli effetti. In questo senso, mi sembra che il nuovo Codice dell'amministrazione digitale attui una graduazione adeguata, pur tuttavia non stabilendo una distinzione sufficientemente chiara, netta, tra i due fenomeni: firma elettronica e sottoscrizione elettronica (a mezzo di firma elettronica qualificata o digitale) che per il futuro si potrebbe forse meglio esprimere.
Quale corollario di questo ragionamento mi sembra debba essere salutata con favore la modifica contenuta nel nuovo Codice ove ha stabilito che per aversi "forma scritta" occorre dotare, necessariamente, il documento informatico di una firma elettronica qualificata (e non più di una semplice firma elettronica). Ciò per le ragioni sopra esposte: la forma scritta richiede il massimo della sicurezza e questa è garantita attualmente dalla firma elettronica qualificata o digitale. Ed auspico che per il futuro non vi siano ripensamenti al riguardo.

Come evidente, anche nel caso della "forma scritta" emerge la differenza tra "firmare elettronicamente" (in funzione di sicurezza del risultato informatico) e "sottoscrivere elettronicamente". In questo secondo caso, infatti, la qualificazione che dovrebbe conseguire sarebbe "scrittura privata" e non mera "forma scritta", posto che abbia un senso per i documenti informatici porre questa distinzione (che tuttavia è introdotta a livello normativo).

La distinzione tra sottoscrizione elettronica e firma elettronica, che a mio avviso dovrebbe trovare maggiore rilievo nel diritto dell'informatica del futuro, non esaurisce tuttavia l'argomento.

Vorrei ora introdurre l'argomento dei certificati digitali di autenticazione (informatica) che mi sembra non abbiano nel Codice dell'amministrazione digitale un rilievo adeguato e che, invece, è probabile costituiranno nel futuro l'utilizzo maggiore dei sistemi di crittografia a chiave pubblica.

I sistemi ICT (Information and Communication Technologies) presentano diverse situazioni operative che richiedono l'applicazione di tecniche di sicurezza differenti rispetto alla mera sottoscrizione, in funzione dell'obiettivo perseguito, e che possiamo brevemente sintetizzare nel modo seguente: "autenticazione informatica", "autorizzazione" e "validazione temporale". Tutte queste tecniche di sicurezza sono fruibili mediante utilizzo di certificati digitali ed il fatto che si basino tutti sugli stessi elementi della firma elettronica qualificata potrebbe ingenerare confusione.

L'autenticazione informatica, come noto, consiste nella verifica preliminare ("validazione") dell'identità di colui che accede ad un sistema informatico, ad una risorsa informatica, ad una rete di comunicazione, ad un servizio on-line, sia esso bancario, assicurativo, del terziario avanzato o della pubblica amministrazione. In tutti questi casi assistiamo alla necessità di una alla verifica preliminare dell'identità dell'utente, che viene definita "autenticazione informatica", e che potrà avvenire in vario modo, anche mediante utilizzo di un certificato qualificato (di una firma elettronica).

In questo caso, non avremo i requisiti della sottoscrizione elettronica, evidentemente, in quanto la verifica avviene preventivamente rispetto all'accesso al sistema informatico, senza inoltre averne lo scopo specifico (conferma del contenuto di una dichiarazione). L'eventuale formazione di un documento informatico richiederebbe una sottoscrizione elettronica specifica, al termine dell'operazione, giacché non sarebbe considerabile quale sottoscrizione una "validazione" preventiva (salvo snaturare completamente il significato di sottoscrizione). Addirittura potrebbe avvenire per mezzo di una transazione tra sistemi informatici senza intervento umano diretto (tra server e client, tra un web server ed un browser, tra un terminale di pagamento elettronico ed il centro di autorizzazione della banca, tra un sistema di controllo del traffico urbano, semaforo o pannello indicatore e la centrale del traffico della polizia locale).

Autenticazione informatica non è quindi sottoscrizione elettronica, anche se potrebbero entrambe basarsi sulla stessa tecnica di sicurezza. L'autenticazione informatica inoltre potrebbe non riferirsi direttamente ad un comportamento umano (nella posta elettronica certificata mi sembra che l'utilizzo dei certificati digitali del gestore di posta elettronica a conferma delle ricevute elettroniche avvenga in questo senso).

L'autorizzazione assolve, invece, alla necessità di stabilire l'esistenza del diritto ad accedere ad un determinato sistema informatico, ovvero al contenuto di una banca di dati, sulla base di una preventiva concessione da parte del legittimo titolare. Anche tale controllo può avvenire mediante utilizzo di un certificato qualificato, elemento base della firma elettronica ed anche in questo caso potrebbe ingenerarsi confusione tra le due operazioni che debbono tuttavia essere considerate distinte per le stesse ragioni illustrate sopra a proposito dell'autenticazione informatica.

La validazione temporale assolve, da ultimo, alla necessità di stabilire in modo certo la data e l'ora d'accadimento di una determinata operazione ovvero di negozio giuridico avvenuto mediante accesso ad un sistema informatico. La "validazione temporale" consiste in un utilizzo particolare di un certificato qualificato in modo da rendere data ed ora opponibili ai terzi. Anche in questo caso occorre tenere distinte sottoscrizione elettronica e validazione temporale, benché basate sulla stessa tecnica informatica e su componenti molti simili, in quanto sia lo scopo, sia il significato giuridico, sono alquanto differenti.

Abbiamo visto in precedenza come firma elettronica e sottoscrizione elettronica assolvano a funzioni diverse, nel senso che la seconda comprende la prima ma non viceversa ed abbiamo concluso che il significato giuridico di firma e sottoscrizione elettronica dovrebbero essere tenuti ben distinti.

Abbiamo esaminato ora tutta una serie di funzioni di sicurezza che non si risolvono né in una sottoscrizione elettronica, e nemmeno nell'apposizione di una firma elettronica. Considerato che né nel Codice dell'amministrazione digitale, né nel Codice in materia di protezione dei dati personali, in cui è previsto l'obbligo d'utilizzo di queste "misure di sicurezza", viene data definizione, risulta auspicabile per il futuro che venga sanata questa lacuna mediante adeguata disciplina dei presupposti e degli effetti.

V'è un terzo aspetto da chiarire oltre a quelli già messi in luce.
Mentre nel caso della sottoscrizione elettronica ci troveremo sempre di fronte all'espressione della funzione indicativa e dichiarativa di un individuo nel momento conclusivo della formazione di un documento informatico, nel caso di utilizzo di un certificato digitale in funzione di sicurezza potremmo trovarci di fronte di fronte sia ad un comportamento umano, sia anche ad una interazione tra elaboratori elettronici opportunamente programmati.

Da questo punto di vista non ci si deve stupire se nei commenti allo stato di recepimento e applicazione della direttiva 1999/99/CE, soprattutto da parte del TTP.nl, la struttura olandese per l'accreditamento volontario (ma non solo), è stata espressa la richiesta di consentire il rilascio di firme elettroniche anche a persone giuridiche (legal persons), fatto che per noi potrebbe sembrare un assurdo.

Tale istanza, tuttavia, si comprende proprio se si considera che i certificati digitali non vengono utilizzati solo quali strumenti di sottoscrizione bensì anche quali strumenti di sicurezza informatica. In altre parole, essi sono utilizzati anche per altre funzioni diverse dalla sottoscrizione, ad esempio nelle operazioni di verifica della correttezza del collegamento ad un server, oppure ad un web site internet. Ed in questo caso assolvono alla funzione di identificazione di una risorsa informatica.

Comprendere non vuol tuttavia dire condividere. Al contrario, a mio avviso, i due aspetti andrebbero tenuti adeguatamente distinti a scopo di evitare ogni possibile confusione, pur se tuttavia non si può negare che nella realtà dei fatti tali utilizzi stanno assumendo sempre più rilievo.
Per questo motivo l'autenticazione informatica, oltre che elemento base della sottoscrizione elettronica (che forse potrebbe meglio essere qualificata "identificazione", come nella versione preliminare del Codice dell'amministrazione digitale), a mio avviso dovrebbe essere considerata anche quale funzione autonoma e dovrebbero essere meglio individuate a livello normativo le conseguenze giuridiche, soprattutto in termini d'imputazione dei risultati, che potrebbero derivare dall'utilizzo. Naturalmente tenendo ben distinte quelle che sono le valenze di sottoscrizione elettronica, sempre e solo da ricondurre alla sfera degli individui con effetti analoghi a quelli della sottoscrizione olografa, e quelle che sono le valenze di autenticazione informatica, quale mera operazione di sicurezza informatica.

Applicare una firma elettronica (dato che il nostro ordinamento utilizza necessariamente questo termine) non equivale sempre a sottoscrizione elettronica. Al contrario abbiamo numerosi casi in cui si determina affatto un fenomeno di sottoscrizione elettronico e pur tuttavia si ricorre all'uso del termine firma elettronica, ingenerando così una serie d'incertezze e fraintendimenti.

In conclusione, mi sembra che il nuovo Codice si presti meglio dei precedenti strumenti normativi a disciplinare non solo le esigenze di sicurezza e certezza legate alla formazione di documenti informatici ed alla relativa sottoscrizione elettronica, bensì anche a coprire alcune delle esigenze di verifica d'identità in chiave di sicurezza per i vari utilizzi di sistemi informatici, anche ove non si giunga necessariamente alla formazione e sottoscrizione di un documento informatico contenente dichiarazioni o rappresentazioni di atti o fatti giuridicamente rilevanti.

Ritengo auspicabile per il futuro, tuttavia, una differenziazione più netta tra le diverse funzioni: autenticazione informatica (anche mediante firma elettronica) e sottoscrizione (che dovrebbe avvenire sempre e soltanto mediante firma elettronica qualificata o digitale). Soprattutto ritengo necessario meglio approfondire il fenomeno dell'utilizzo dei certificati digitali a scopo di autenticazione informatica in funzione di sicurezza, non utilizzati quindi a conclusione della formazione di un negozio giuridico da parte di un soggetto persona fisica, al contrario utilizzati a prescindere dall'intervento materiale di un soggetto ben identificato, i cui effetti ricadono (di fatto) direttamente nella sfera giuridica dell'organizzazione che li ha predisposti, ingenerando dubbi ed interrogativi al riguardo.
 

* Avvocato in Milano - Partner Studio Legale Tributario in association with Ernst & Young - Responsabile del dipartimento di diritto dell'informatica

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