A pochi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione
della dichiarazione o della richiesta di autorizzazione previste dal decreto
legislativo n. 103 del 17 marzo 1995 (Recepimento della direttiva 90/388/CEE
relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni) per gli
operatori telematici già attivi all'entrata in vigore del decreto stesso, non
sono stati ancora ufficialmente risolti i numerosi dubbi interpretativi
sollevati dagli interessati.
Per rispondere alle numerose domande che continuano ad arrivare in seguito agli
articoli pubblicati su MCmicrocomputer e ai testi pubblicati in questo Forum,
ecco una sintesi dei risultati a cui sono pervenuti, dopo analisi approfondite,
Manlio Cammarata e Andrea Monti. Il testo completo è disponibile in Interventi
1. - Il DLgs 103/92 e i successivi regolamenti disciplinano
l'offerta (e non l'uso) dei servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia
vocale. Questi servizi non sono definiti dai testi normativi in esame, ma si
possono così riassumere:
1.1 - Connessioni su circuiti diretti (detti comunemente "linee
dedicate"), come CDF, CDN, Frame-Relay ecc.
1.2 - Rivendita di capacità su circuiti diretti, gruppi chiusi di utenza
(servizi disciplinati da norme particolari), trasmissione di dati a commutazione
di pacchetto o di circuito ecc.
1.3 - Servizi telefonici a valore aggiunto, come Audiotex (166, 144 ecc.)
Teletex (televideo) ecc.
1.4 - Servizi telematici comunemente denominati "Accesso a Internet" e
"BBS", che comprendono una serie di funzioni, come la posta
elettronica (e-mail) la consultazione di banche dati, lo scambio di software e
anche transazioni commerciali (vendite telematiche) e via discorrendo.
2. - I servizi di telecomunicazioni di cui ai punti 1.3 e 1.4
possono essere offerti secondo due modalità diverse:
2.1 - Accesso dell'utente su linea commutata (rete telefonica generale)
2.2 - Accesso dell'utente su linea diretta.
3. - I soggetti che rientrano nell'ambito di applicazione del
decreto legislativo devono, a seconda dei casi, presentare al Ministero delle
poste e telecomunicazioni una dichiarazione o una richiesta di autorizzazione.
È necessario sottolineare che i soggetti interessati sono coloro che
"offrono", non coloro che "usano": la differenza è
sostanziale, perché se un soggetto prende in affitto un circuito solo per
connettersi con un altro, o con più soggetti determinati, non "offre"
(a terzi) alcunché. Il circuito in questione è "offerto" dal gestore
della rete, e a questo si applicano le disposizioni del decreto.
3.1 - Ai sensi dell'art. 3, comma 1, i soggetti che offrono
servizi con accesso da linea commutata (e cioè, per esempio, tutti i provider
del 144 e del 166) devono presentare al Ministero delle poste e
telecomunicazioni una dichiarazione (i cui contenuti sono precisati dal DPR del
4 settembre 1995 n. 420) con la relazione descrittiva dei servizi e dei
collegamenti.
3.2 - Ai sensi dell'art. 3, comma 2, i soggetti che offrono
servizi con accesso tramite collegamenti diretti della rete pubblica devono
presentare richiesta di autorizzazione, con le modalità previste dal DPR 420 e
devono pagare i contributi nella misura prevista dal DM 5 settembre '95.
4. - Tutto questo è molto semplice, e si evince dalla lettura
superficiale dei primi tre articoli del 103/95. Una seconda lettura fa sorgere
un dubbio: il comma 2 dell'art. 3 afferma: Quando sono utilizzati
collegamenti diretti della rete pubblica, l'offerta al pubblico dei servizi
[...] deve essere previamente autorizzata dal Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni. Siccome per la realizzazione dei servizi descritti ai
punti 1.3 e 1.4 sono di norma utilizzati collegamenti diretti (tra il fornitore
dei servizi e il centro servizi di Telecom Italia nel caso di 144, 146 e
Videotel, tra il fornitore dei servizi e il nodo di livello superiore nel caso
di Internet), qualcuno ha erroneamente concluso che anche questi servizi siano
soggetti alla richiesta di autorizzazione ex art. 3, comma 2. Questa conclusione
è sbagliata per quattro motivi, sintetizzati qui di seguito.
4.1 - Il primo motivo si evince da una ancor più attenta
lettura dell'art. 3, che si intitola Offerta di servizi di telecomunicazioni.
Il comma 1 inizia con le parole: Quando sono utilizzati collegamenti
commutati della rete pubblica, mentre il comma 2 inizia con le parole: Quando
sono utilizzati collegamenti diretti della rete pubblica. Cioè, leggendo
con senso logico: "Quando per l'offerta sono utilizzati circuiti" ecc.
e non "Quando per la produzione dei servizi", che non rientra
nell'ambito di applicazione del DLgs 103. Dunque i circuiti diretti che vengono
utilizzati (e non, ripetiamo, "offerti") a monte del servizio, non
sono soggetti a richiesta di autorizzazione per il servizio offerto.
4.2 - Il secondo motivo per il quale non può essere accolta
l'interpretazione secondo la quale sono soggetti alla richiesta di
autorizzazione i servizi di cui ai punti 1.3 e 1.4 anche quando sono offerti su
circuiti commutati è di ordine logico: non avrebbe senso la distinzione tra la
previsione del comma 1 e quella del comma 2 dell'art. 3, dal momento che tutti o
quasi tutti i servizi di questo tipo usano qualche collegamento diretto a monte
dell'offerta (resterebbe fuori, forse, solo qualche piccolo BBS).
4.3 - Il terzo, e più grave motivo, è che una soluzione di
questo tipo contrasterebbe con lo spirito e la lettera delle disposizioni della
direttiva europea 90/388, la cui applicazione in ambito nazionale costituisce
appunto l'oggetto del decreto legislativo 103/95.
4.4 - Infine, se si accettasse l'interpretazione restrittiva
dell'art. 3, comma 2, si verificherebbe in molti casi che lo stesso circuito
diretto sarebbe soggetto due volte alla disciplina autorizzatoria: per l'offerta
da parte del gestore della rete al fornitore di servizi e per l'offerta "al
pubblico" da parte del secondo. Si applicherebbe così un doppio contributo
per lo stesso oggetto.
5. - Un'ulteriore interpretazione restrittiva dell'art. 2, che
comporterebbe l'obbligo di richiesta di autorizzazione anche per i servizi
offerti su circuiti commutati, è fondata sul comma 3, che recita: L'offerta
al pubblico di servizi di trasmissione dati a commutazione di pacchetto o di
circuito, come definiti dall'art. 1, comma 1, lettera i), nonché l'offerta al
pubblico della semplice rivendita di capacità, come definita dall'art. 1, comma
1, lettera l), devono essere previamente autorizzate dal Ministero delle poste e
delle telecomunicazioni. Questa interpretazione si fonda su un equivoco e
su un grave errore tecnico.
5.1 - Sul primo punto non è difficile osservare che l'offerta di accesso a
Internet non è un servizio di trasmissione dati, come definito dall'art. 1,
comma 1, lettera i), perché non consiste nel trasporto diretto di dati in
partenza e a destinazione dei punti terminali della rete pubblica commutata, che
consente ad ogni utente di utilizzare l'attrezzatura collegata al suo punto
terminale di tale rete per comunicare con un altro punto terminale; si tratta
invece di un "servizio a valore aggiunto" che prevede una serie di
connessioni indirette tra diversi punti della rete mondiale di
telecomunicazioni. Per collegamento diretto non si intende, evidentemente,
quello che i tecnici definiscono peer to peer, cioè da un computer
all'altro, senza altre apparecchiature interposte, ma quello per il quale un
utente si collega a un altro componendo direttamente il numero del terminale di
quest'ultimo: si evince dalla definizione di "servizio di telefonia
vocale" al punto g) dello stesso comma.
5.2 Il secondo motivo addotto per far rientrare i servizi di
accesso a Internet nella previsione del comma 3 dell'art. 3 consiste nel fatto
che i protocolli TCP/IP utilizzati su Internet, in particolare il PPP e lo SLIP,
sono protocolli a commutazione di pacchetto. Un'affermazione di questo tipo può
essere espressa solo da chi conosce "per sentito dire" le tecnologie
di telecomunicazione, perché nel la commutazione di pacchetto consiste appunto
nel "commutare", cioè nell'instradare su circuiti diversi i pacchetti
nei quali sono scomposti i messaggi. Invece, nella connessione dell'utente al
fornitore attraverso la rete pubblica commutata i messaggi viaggiano sì a
pacchetti, ma su un unico circuito instaurato al momento della connessione: non
c'è alcuna commutazione di pacchetto.
6. - Restano due punti, secondari solo dal punto di vista del
numero di soggetti interessati, non certo da quello dei principi di applicazione
della legge: le strutture telematiche non commerciali e i sub-fornitori di
servizi.
6.1 - I BBS "amatoriali", Fidonet e altre realtà non profit,
spesso con scopi sociali o umanitari, non dovrebbero essere soggetti ad alcun
obbligo, in quanto non rientrano nel concetto di "mercato".
6.2 - Anche i fornitori di servizi a valore aggiunto (caselle e-mail, pagine
World Wide Web ecc.) che non offrono accessi, ma "ricevono" gli utenti
attraverso un altro soggetto che offre l'accesso su commutata o circuiti
diretti, non dovrebbero rientrare nelle previsioni del DLgs 103/95 e quindi non
avrebbero alcun obbligo di dichiarazione o richiesta di autorizzazione.
Conclusione
Per capire a chi si applichino le disposizioni in questione, e
quali adempimenti siano richiesti, è necessario rispondere a una semplice
domanda: "Chi offre cosa".
In altri termini è soggetto alle disposizioni del 103/95 chi offre un servizio
di telecomunicazioni diverso dalla telefonia vocale (come definita dal DPR 103,
comma 1, punto g), nei quali non rientrano i servizi vocali
"alternativi" come l'Internet Phone). Non è soggetto, invece, chi non
compie un'offerta "al pubblico", ma si limita a usare un servizio
offerto da Telecom Italia o da un altro operatore. Per capire se si deve
applicare il regime notificatorio o quello autorizzatorio si deve rispondere al
quesito "che cosa si offre": se si offre un accesso dalla rete
pubblica commutata (cioè la rete telefonica generale) si ricade nell'obbligo di
notificazione, se si offre un accesso da circuito diretto scatta l'obbigo della
richiesta di autorizzazione. Questa, alla luce di tutte le analisi compiute,
appare la sola interpretazione possibile.