1 - La società è vulnerabile... su questo assunto il Forum ci ha visto tutti -
anche se con posizioni diversificate - d'accordo: ma è veramente la società ad
essere intrinsecamente debole o piuttosto sono gli strumenti creati a sua tutela
che si rivelano inadatti o inefficaci?
Il dibattito del 28 giugno fornisce più di una indicazione in questo senso.
Da più parti è stata segnalata l'insufficienza generalizzata delle norme
giuridiche (e di quelle penali in particolare) nella regolamentazione efficace
dei fenomeni legati al mondo digitale. Non c'è stato tempo e modo in quella
sede di approfondire questo aspetto del problema che invece presenta dei profili
di estremo interesse.
2 - Non è solo la società ad essere vulnerabile, dunque, lo sono anche le
norme.
Ma da cosa dipende questa loro debolezza? Forse dalla loro struttura.
Le proposizioni giuridiche sono fondate - come quelle di molti altri rami del
pensiero - su una base rigorosamente dicotomica: le cose sono bianche oppure
nere, non c'è alternativa.
Questo principio, noto come "il principio del terzo escluso" è
talmente radicato nel modo di pensare occidentale da non essere mai stato
oggetto di discussione fin dai tempi di colui che per primo lo formulò in modo
organico: Aristotele.
Fin dai tempi dello Stagirita, tuttavia, il terzo escluso ha rappresentato
contemporaneamente un cardine nello sviluppo della logica e una fonte di gravi
contraddizioni: ogni studente di liceo ricorda lo sgomento provato di fronte al
paradosso del sorite: quando - sottraendo un chicco per volta - un
mucchio di grano cessa di essere tale?
I limiti di questo principio logico, tuttavia, non emersero solo in ambito
filosofico, ma erano destinati a produrre effetti anche in altre branche del
sapere e nel diritto in particolare.
Chiunque avverte un certo senso di disagio di fronte alla rigidità di una
norma: la realtà è troppo più vitale e sfumata per poter essere ingabbiata in
poche righe di un codice.
La rigidità del dover essere, però, non gli è intrinseca: essa dipende dagli
strumenti adottati per descriverlo.
In altri termini: dovendo descrivere il mondo in termini bivalenti era
inevitabile produrre un modello - forse - coerente ma di certo lontano dalla
realtà.
Le cose potrebbero assumere una veste nuova, e per certi versi rivoluzionaria,
con l'impiego di un approccio diverso che - pur avendo radici culturali
antichissime - è letteralmente esploso negli ultimi trenta anni: sto parlando
della logica vaga.
3 - Il sistema della logica bivalente era già stato messo in crisi
dall'affermazione della natura probabilistica della realtà.
In conseguenza si svilupparono sistemi (per tutti, la logica polivalente di
Bertrand Russel) nei quali i valori di verità non erano più solamente due
(vero\falso) e che si dimostravano più adatti a descrivere i fenomeni naturali
e sociali.
Esula dagli scopi di questo scritto entrare nel merito delle questioni attinenti
alla logica fuzzy, essendo sufficiente rilevare come essa operi un totale
ribaltamento di prospettiva nell'analisi dei problemi e nella formulazione delle
proposizioni.
Se la logica bivalente (e quindi i sistemi su di essa basati) descrivono una
realtà discreta, digitale, la logica vaga è assimilabile ad una curva
continua.
Essa consente di descrivere tutte le fasi intermedie nelle quali si manifesta un
fenomeno a differenza di quanto consente un modello bivalente che può
funzionare solo agli estremi della curva stessa.
In realtà, infatti, il modello bivalente si presenta come un'applicazione
speciale (e improbabile) della logica fuzzy.
Un esempio chiarirà la questione.
Se chiedo a tutti gli appartenenti al sesso maschile che fanno parte di un
uditorio di alzare la mano, otterrò un certo numero di mani alzate.
Indico questo numero con "0".
Faccio lo stesso con le donne e chiamo il secondo numero "1".
La situazione è assolutamente priva di ambiguità: da una parte lo 0 e
dall'altra 1: questa è bivalenza pura.
Se invito tutti coloro che sono soddisfatti del loro lavoro ad alzare la mano le
cose cambiano radicalmente: ci sarà chi alza la mano fino in fondo, chi non la
alzerà per niente e chi la terrà sollevata in una serie di posizioni
intermedie.
Di queste posizioni intermedie, come del paradosso del sorite la logica
bivalente non sembra poter rendere ragione, la logica vaga sì.
E'ragionevole pensare, quindi, che trovando il modo di applicare i principi fuzzy
anche alla creazione delle norme giuridiche si otterrebbe il risultato di una
loro maggiore rispondenza alla realtà e quindi di una maggiore efficacia
applicativa e funzionale.
Questo non renderà la società invulnerabile, ma di certo ne consentirà una
difesa migliore.
Andrea Monti
Nota: L'approccio fuzzy non è, come pure si potrebbe ritenere, una
semplice curiosità accademica priva di risvolti pratici, ma un nuovo
potentissimo strumento operativo: il MITI, Ministero dell'industria giapponese
ha creati due laboratori per lo sviluppo di apparecchiature realizzate grazie
alla logica vaga, la metropolitana di Sendai è interamente controllata da
computer che obbediscono a principi fuzzy, come anche macchine
fotografiche, sistemi di puntamento, condizionatori d'aria e sistemi di
valutazione economica.
04.08.95