L'intervento del professor Guido M. Rey, presidente dell'Autorità per
l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, induce (prima ancora di arrivare
al fatto specifico) ad alcune osservazioni generali.
Prima di parlare di leggi, norme e loro applicazioni, ci sembra necessario
guardare in faccia le realtà. L'Italia, teorica "patria del diritto",
è invece afflitta da una smisurata pletora di leggi, norme, regole, spesso in
conflitto fra loro, spesso portatrici di effetti diversi, o addirittura
contrari, rispetto ai principi cui dovevano essere ispirate.
Da ciò nasce una legittima attenzione (per non dire sospetto) nei confronti di
ogni regola che si voglia introdurre; ed una doverosa sorveglianza per evitare,
se possibile, che regole ed istituti regolatori si trasformino in un'ennesima
sovrastruttura burocratica, in un'ulteriore forma di oppressione, in un limite
alla libertà di azione e di iniziativa dei cittadini.
Già ALCEI ha espresso (e conferma) la preoccupazione, riguardo al disegno di
legge sulla tutela dei dati personali. Non per la sostanza della legge, sulla
quale confermiamo il nostro accordo; ma sulla struttura dell'istituzione
"garante", che potrebbe facilmente rivelarsi non un'agenzia autonoma
di garanzia dei diritti, come è nelle intenzioni della Comunità Europea, ma
un'ennesima sovrastruttura più impegnata ad affermare un proprio potere
burocratico che a proteggere i diritti dei cittadini: e perciò tanto meno
efficace nel difendere i diritti quanto più intenta a catalogare, con inutili
quanto ingombranti formalismi, informazioni estranee al tema ed inutili
all'applicazione della legge.
Non si possono certo considerare infondate queste cautele se si osservano la
storia e la realtà attuale di molte presunte istituzioni di
"garanzia" nel nostro Paese. In questo quadro appare assai poco
accettabile l'ipotesi che un tale istituto (di per sè poco desiderabile se non
concepito con criteri assai diversi da quelli abituali in Italia) vada ad
incorporarsi con un altro già esistente, che ha natura e funzioni assai
diverse.
Più specificamente: Non si vede per quale motivo i criteri adottati per la
sicurezza dei dati nella Pubblica Amministrazione (dato e non concesso che siano
corretti ed efficienti in quella sede) debbano essere adottati anche dai privati
o, peggio ancora, imposti: nè, in generale, perché ognuno non debba essere
libero di adottare i metodi di sicurezza che ritiene più adatti alle sue
esigenze.
Secondo le norme esistenti, esiste un obbligo di utilizzo di particolari
metodi e prodotti approvati sall'AIPA per quelle attività che entrano in
relazione con la Pubblica Amministrazione; se la legittimità di una tale
imposizione è comunque discutibile, è in ogni caso da escludersi che analoghe
costrizioni possano esser applicabili alle attività private.
Non si vede quali basi possa avere l'affermazione che "il carattere della
sicurezza non è qualcosa che si aggiunge ab extra al dato informatico ma lo
caratterizza intimamente, fino a connotare la sua stessa essenza". I dati
sono dati: alcuni, per loro natura, richiedono sicurezza (che siano informatici
o non); altri no. In ogni caso, se e come proteggere un dato può essere
soltanto una libera scelta di chi lo possiede, non certo un'imposizione di un
organismo esterno, pubblico o privato.
Non si vede come l'AIPA possa arrogarsi il diritto di essere "la sola
competente in materia di sicurezza informatica". Se ciò può essere vero
nell'ambito della pubblica amministrazione, non lo è certo nel settore privato
- e sarebbe mostruoso se lo fosse.
Quanto alla vantata competenza tecnica... appare incredibile che chiunque, sia
un ente pubblico o privato, possa erigersi ad unico giudice ed esperto in una
materia così complessa ed in continua evoluzione. Insomma, è difficile
liberarsi dal sospetto che posizioni come queste rivelino il desiderio di
interferire in funzioni estranee alla propria competenza; e comunque di creare
per qualcuno, o qualcosa, un'estesa quanto arbitraria area di potere.
Ipotesi di questo genere non possono non rinforzare i sospetti e le cautele
verso tutte le norme che vanno a toccare una materia nuova e complessa come
questa, dove esistono fenomeni diffusi di cattiva informazione e costanti rischi
di repressione della libertà dei cittadini.
(20.06.95)