Premessa
Se esistesse un'imposta a carico di chi diffonde tesi o interpretazioni prive di
ogni fondamento, le finanze dello Stato avrebbero tratto ampio beneficio da
alcuni commenti che al di fuori di questo Forum hanno vivacizzato il dibattito
sulla tutela della riservatezza negli ultimi due anni, e che hanno alimentato
una "sindrome della privacy" di segno opposto a quella (a tutti nota)
del "pesce rosso" che si sente esposto da ogni lato alla propria
intimità.
Da un lato, verrebbe la voglia di selezionare questi commenti per assegnare una
"Palma della stravaganza". Dall'altro, suscita amarezza il constatare
che c'è un divario netto tra alcune polemiche e il contesto normativo
comunitario ed internazionale (in certi casi, anche quello nazionale), che
taluni trascurano o ridimensionano per dare efficacia al proprio punto di vista.
L'utente telematico è spesso perplesso e diffidente, e fa fatica a distinguere
le analisi corrette dal "rumore interpretativo".
Il tempo sarà galantuomo, e l'approvazione della legge in discussione alle
Camere farà progredire il dibattito in vista della disciplina complementare che
seguirà la legge stessa.
Nel frattempo, non resta che ribadire che la legge sulla privacy informatica non
è il frutto di una visione di retroguardia, ma un fattore di spinta della
Società dell'informazione.
2 - Quale legge
Per la prima volta da quando è stata messa allo studio una disciplina sulla
riservatezza e le banche dati (alludo a quando, nel 1975, è stato istituito un
apposito Comitato presso il Ministero di grazia e giustizia), è emersa una
volontà politica ferma per approvare una legge organica senza ulteriori
ritardi.
Il nuovo d.d.l. sulla "Tutela delle persone rispetto al trattamento dei
dati personali" è stato presentato alla Camera dei deputati il 19 gennaio
1995, dove è in avanzato stadio di discussione.
L'iniziativa mira ad una legge di garanzia dei diritti della persona, e
riconosce sul piano legislativo sia la libertà dall'informatica che la libertà
dell'uso dell'informatica; delimita al massimo i meccanismi autorizzatori, e
sposta l'accento della tutela più sulla qualità dei dati che sul consenso (il
quale non necessita se ricorre uno qualsiasi dei diversi presupposti
equipollenti previsti dal d.d.l.).
Il provvedimento è stato accolto con favore da chi invoca da anni una tutela
organica della privacy e dell'identità personale.
Nel rispetto del regolamento della Camera, il disegno è stato frazionato in due
atti, destinati ad essere approvati l'uno dalla Commissione giustizia (il
1901-bis, che contiene la futura legge sulla protezione dei dati) e, l'altro,
dall'Assemblea (il 1901-ter, che reca alcuni princìpi di delega per una
disciplina complementare divisa per settori).
Le amministrazioni pubbliche hanno fatto passi da gigante (specie quelle che
curano gli interessi più delicati dello Stato) nell'acquisire la consapevolezza
che occorre assicurare alle persone un livello elevato di tutela.
Un processo analogo è maturato anche in alcune organizzazioni private; altre,
invece, hanno preferito insistere su richieste impraticabili e, dissotterrando
ancora una volta l'"ascia di guerra", hanno perduto un'ulteriore
occasione per contribuire costruttivamente al varo di una disciplina di tutela
dei diritti fondamentali della personalità che dovrebbe essere sentita come
propria da ciascuno, senza distinzioni di sorta.
Le riserve di queste organizzazioni sono state valutate attentamente sin dal
1982, ma non sono state condivise nè dai governi che da allora hanno presentato
o messo allo studio alcuni progetti, nè, nella scorsa legislatura, dalla Camera
dei deputati.
Nonostante ciò, per venire incontro alle preoccupazioni che le sorreggono, il
precedente Governo ha attenuato sensibilmente il rigore di alcune disposizioni
del testo approvato dalla Camera nel 1993: il livello di tutela delle persone è
rimasto immutato, ma è stato tradotto in termini meno burocratici.
Anche in presenza di questa "apertura", la polemica è continuata e si
è fatta anzi più aspra, probabilmente perchè si è compreso che la legge,
questa volta, vedrà la luce.
Le prime valutazioni operate dal Parlamento (e lo stesso Convegno di Roma del 30
maggio u.s.) dimostrano che il disegno di legge n. 1901-bis non è
eccessivamente sbilanciato nel proteggere la riservatezza: il 1 giugno 1995, la
Commissione giustizia ha adottato un primo testo-base che conferma le proposte
del Governo e, semmai, rafforza la tutela della privacy (tale testo ipotizza, ad
esempio, che i dati cartacei siano soggetti alla legge anche quando non siano
inseriti in una banca-dati simile a quella automatizzata, come prevedono,
invece, la direttiva comunitaria e il d.d.l. n. 1901-bis).
Se l'Italia avesse approvato una legge negli anni '80, il Parlamento avrebbe
avuto una discreta autonomia nell'assumere le proprie determinazioni. Ora,
invece, le Camere si trovano a svolgere una funzione sostanzialmente notarile di
quanto è maturato a Bruxelles tra i 15 paesi dell'Unione europea: piaccia o non
piaccia, però, la privacy va disciplinata in chiave comunitaria, e molti
suggerimenti avanzati anche in dottrina non possono essere tenuti in alcuna
considerazione.
3 - I b.b.s.
Cosa ha da temere l'utente telematico dalla nuova legge ?
Nulla: dietro la tutela della privacy non è in preparazione nè un "giro
di vite digitale", nè un irrigidimento inconsapevole o non voluto degli
spazi di libertà informatica.
Pur assicurando un livello elevato di tutela, la legge rappresenterà lo
strumento meno oneroso e più "leggero" di quelli in vigore negli
altri tredici paesi dell'Unione europea (come pure dello schema di disegno di
legge in preparazione in Grecia), a dimostrazione che un livello alto di tutela
dei diritti inviolabili della personalità non presuppone, necessariamente, una
burocrazia della protezione dei dati.
Ogni punto di vista è legittimo, ma è francamente difficile comprendere come
possa penalizzare la libertà informatica una legge che, oltre ad essere
conforme alla direttiva comunitaria SYN 287 che è in fase di definitiva
approvazione (contrariamente a quanto affermato), scaturisce da un'analisi
comparata delle leggi dei paesi comunitari e limitrofi (Norvegia, Svizzera,
Islanda), nei quali la data protection non ha portato certo a mortificare la
telematica e lo sviluppo delle reti.
Il vertice G-7 di Bruxelles del 25/26 febbraio u.s. ha chiarito
definitivamente che il rafforzamento delle regole di tutela della privacy è una
condizione essenziale per lo sviluppo della Società dell'informazione: in
estrema sintesi, non è la protezione della riservatezza ad essere obsoleta
rispetto all'informatica, ma è la mancanza di una policy di tutela a porsi come
un fattore di freno. E questa conclusione, si badi bene, è il portato della
posizione dei paesi più industrializzati, nei quali il tasso di diffusione
delle tecnologie è più elevato di quello italiano.
Il timore che la tutela della riservatezza penalizzi il mondo dei b.b.s.,
disciplinandolo burocraticamente in ogni dettaglio, è infondato.
La legge sulla protezione dei dati non sarà, anzitutto, una legge sui b.b.s.:
tali sistemi, però, veicolano dei dati personali e saranno presi in
considerazione, pertanto, per verificare quali princìpi della nuova legge
necessitano di alcuni adattamenti, potendo altrimenti rimanere incerto chi sia
il "titolare" del trattamento dei dati o chi risponda dei danni, ecc.
Il profilo dei b.b.s., dunque, verrà esaminato in dettaglio solo in seconda
battuta: dopo l'approvazione del d.d.l. n. 1901-ter, il Governo dovrà
predisporre un decreto delegato e sottoporlo, prima della sua emanazione, al
parere del Parlamento (il che è dubbio che possa avvenire prima della fine del
1996).
Vi è tutto il tempo, quindi, per proseguire il dibattito in termini sereni e,
soprattutto, costruttivi, sgombrando il campo da pregiudizi e sospetti.
Entrando più in dettaglio, va aggiunto che il d.d.l. n. 1901-ter stabilisce che
il Governo emani (entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della
legge) alcune disposizioni correttive ed integrative della legislazione in
materia di protezione dei dati, volte a disciplinare, tra l'altro, "le
modalità applicative della legislazione in materia di protezione dei dati ai
nuovi mezzi di comunicazione ed informazione per via telematica, anche al fine
di salvaguardare il diritto all'informazione e i diritti degli utenti, e di
individuare i compiti del gestore in rapporto ai servizi aperti al pubblico o
riservati alla corrispondenza privata, e alle connessioni con sistemi sviluppati
su base internazionale."
Si potrebbe pensare che il Governo in funzione di legislatore possa fare tutto e
niente.
In realtà, l'elasticità del criterio di delega è accettabile, specie se la si
rapporta alla legislazione degli ultimi anni; si è voluto evitare che un certo
aspetto che può emergere solo nel corso dei lavori preparatori del decreto
delegato non possa essere disciplinato per la ristrettezza del
"mandato" parlamentare, benchè necessario.
Pur essendo flessibile, la formula reca o va collegata ad alcuni
"paletti" che tutelano sia l'utente che il gestore.
L'utente telematico può quindi confidare su alcuni presupposti che
costituiscono la sua "polizza di assicurazione":
a) la nuova disciplina dovrà essere strettamente omogenea su base comunitaria; negli altri paesi europei non si è registrata alcuna contrazione della libertà telematica;
b) la legge recherà già alcuni princìpi di tutela dell'utente, ed essi non potranno essere offuscati dal decreto delegato;
c) la nuova legge offrirà la possibilità di dar vita "dal basso" ad uno o più codici di autoregolamentazione che potrebbero rendere superflua una disciplina legislativa dettagliata, semprechè siano sottoscritti da un arco rappresentativo di soggetti;
d) la legge sui computer crimes ha riformulato già il concetto di corrispondenza valido agli effetti penalistici, considerando tale anche la corrispondenza informatica e telematica; questo fa scattare già oggi la protezione che il codice penale prefigura allorchè rende illeciti i fatti di abusiva cognizione, rivelazione, intercettazione, ecc.;
e) il 7 febbraio 1995, il Consiglio d'Europa ha varato un'importante (N.R. (95) 4, "Raccomandazione sulla protezione dei dati personali nel campo dei servizi di telecomunicazione, con riferimento specifico ai servizi telefonici"). L'Italia dovrà attuarla assieme alle altre citate nel d.d.l. n. 1901-ter. Questa nuova raccomandazione fissa regole precise che garantiscono gli utenti contro le interferenze abusive nelle comunicazioni da parte delle autorità pubbliche, dei gestori di rete e dei fornitori di servizi; delimita l'uso che può essere fatto dei dati forniti al gestore nonchè delle liste degli abbonati; richiama alcune regole in materia di direct marketing ed indica altre importanti garanzie che si applicano soprattutto alla telefonia;
f) la Corte costituzionale ha affermato a chiare lettere che la tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza non riguarda solo il contenuto delle conversazioni ma attiene anche ai dati "esteriori" utili alla loro individuazione (e cioè ai dati concernenti gli autori della comunicazione nonchè il tempo e il luogo della stessa: la Corte ha esaminato un caso nel quale un pubblico ministero aveva acquisito un tabulato sul traffico telefonico in difetto dei presupposti previsti dal codice di procedura penale per le intercettazioni telefoniche);
h) un'ulteriore raccomandazione del Consiglio d'Europa ha sancito alcune garanzie per garantire la riservatezza degli utenti delle banche dati di informatica giuridica, in particolare per quanto riguarda la rivelazione a terzi del genere di interrogazioni effettuate dagli utenti stessi;
i) l'imminente direttiva-quadro sulla tutela dei dati personali rende chiaro, vincolando il legislatore nazionale, che per i messaggi contenenti dati personali trasmessi tramite un servizio di telecomunicazioni o di posta elettronica dovrà essere considerato, di norma, "responsabile del trattamento dei dati personali contenuti nel messaggio la persona che lo ha emanato e non la persona che presta il servizio di trasmissione" (il quale, viceversa, sarà considerato responsabile del trattamento dei dati personali suppplementari necessari per il funzionamento del servizio). Il "messaggio" comunitario riguarda, ovviamente, anche i messaggi nelle aree pubbliche.
4 - L'anonimato
E' prevedibile che il futuro decreto delegato affronti la tematica del ricorso
all'anonimato nell'ambito dei sistemi amatoriali di telecomunicazione, profilo
che è preso in esame anche dalla citata Raccomandazione N. R (95) 4, nonchè
dalla proposta di direttiva dell'Unione europea SYN 288 sulla protezione dei
dati personali nel settore delle telecomunicazioni.
In proposito, si dovrà ricercare un punto di equilibrio.
Una soluzione ragionevole potrebbe essere quella rappresentata autorevolmente
nel convegno di Roma del 30 maggio (in cui è stato rilevato che la piazza
telematica è una "formazione sociale" nella quale si svolge la
personalità dell'uomo: art. 2 Cost.), nel quale è stata prospettata l'esigenza
di garantire l'anonimato fatta salva la possibilità di risalire, per precise
ragioni, all'identità dell'utente (S. Rodotà).
5 - La crittografia
L'ordinamento vigente non ne vieta l'utilizzo e reca, anzi, dei segnali
normativi che denotano la legittimità del suo impiego (v., ad es., l'art. 10
del d.P.R. n. 313 del 1992 sul servizio telex, che autorizza lo scambio di
corrispondenza anche in linguaggio criptografico, previa comunicazione
all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni).
La nuova legge sul trattamento dei dati personali porterà, poi, all'emanazione
di alcuni regolamenti che prevederanno le misure minime di sicurezza dei dati da
attuare obbligatoriamente, e tra queste è prevedibile che vi sia anche la
crittografia.
Certamente, anche in questo caso, occorrerà ricercare un bilanciamento
ragionevole tra l'esigenza di proteggere i dati in maniera adeguata e
l'interesse dello Stato a prendere cognizione, in presenza di determinati gravi
reati, del contenuto delle comunicazioni.
Questo bilanciamento dovrà essere ricercato in una chiave rigorosamente
rispettosa del quadro costituzionale, atteso anche che la libertà e la
segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art. 15
Cost.) comprende, con ogni probabilità, la libertà di scelta della forma della
comunicazione: occorrerà, quindi, una norma di rango primario.
Appare centrale, peraltro, la dimensione transnazionale del problema, che
sfuggiva ad una disposizione, non ben meditata, inserita in un d.d.l. del 1992,
con il quale si era ipotizzato l'obbligo per i produttori e gli importatori di
apparecchiature criptofoniche ovvero per la codificazione, decodificazione ecc.
di comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione di depositare
i dati essenziali alla decodificazione delle comunicazioni (a tale norma
seguivano altre regole sull'utilizzo di apparecchiature prive di un prescritto
contrassegno: il d.d.l. non è stato discusso in Parlamento ed è decaduto).
Dovrà essere operato, poi, un coordinamento con la recentissima Raccomandazione
del Consiglio dell'Unione europea nella quale si è riaffermata l'esigenza di
una strategia concertata, in particolare per il riconoscimento reciproco delle
certificazioni di sicurezza, e si è auspicata l'adozione temporanea di alcuni
criteri di valutazione della sicurezza delle tecnologie dell'informazione
(ITSEC) nell'ambito delle procedure di valutazione e certificazione.
Analogo coordinamento dovrà essere ricercato con la disciplina vigente in
Italia sull'esportazione dei materiali di armamento o ad alta tecnologia, nonchè
con le altre iniziative comunitarie in atto (INFOSEC, e mutuo riconoscimento dei
sistemi di crittografia: la proposta modificata di direttiva comunitaria SYN 288
sulla protezione dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni, prevede
all'art. 4 che, quando il rischio di violazione della sicurezza della rete sia
particolarmente elevato, come nel campo della radiotelefonia mobile, l'ente di
telecomunicazione debba informare gli abbonati offrendo loro sistemi di
crittazione).
Se questo è il quadro di garanzie nel quale si innesterà la futura disciplina, viene da chiedersi se non si possa guardare con maggiore fiducia ad una protezione dei dati che si limita a tutelare la privacy dell'utente e a chiarire positivamente i compiti del gestore, senza penalizzare le attività dell'uno e dell'altro: è questa la dichiarata e inequivoca intenzione del legislatore.
6 - Brevi note conclusive
a) la privacy e l'Accordo di Schengen.
Nella recente audizione del Governo alla Commissione affari esteri della Camera
dei deputati, il Governo ha ribadito un punto peraltro pacifico, e cioè che la
ratifica dell'Accordo di Schengen non potrà divenire efficace prima
dell'entrata in vigore della nuova legge sul trattamento dei dati personali.
Ognuno è libero di ritenere che il Governo stia mentendo, di fatto, al
Parlamento e all'opinione pubblica.
Tuttavia, un'analisi più accurata renderebbe chiaro che la legge 1 aprile 1981,
n. 121 sulla Polizia di Stato, nella versione vigente, non soddisfa ai requisiti
della Convenzione di Strasburgo sulla tutela dei dati personali e della
Raccomandazione N.R (87) 15 del Consiglio d'Europa (richiamate dalla Convenzione
di applicazione dell'Accordo di Schengen e dalle dichiarazioni solenni fatte dal
Governo italiano e apposte in calce alla Convenzione stessa).
La legge sui dati personali riscrive, in quest'ottica, l'art. 10 della legge n.
121 (v. art. 32 d.d.l. n. 1901-bis), ed applica ai trattamenti effettuati in
applicazione della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen le norme
sulla qualità dei dati e sulla sicurezza che attuano la Convenzione di
Strasburgo (oltre alle norme del d.d.l. sui c.d. profili automatizzati della
personalità, sul risarcimento dei danni e sul controllo da parte del Garante);
rinvia, poi, ad un decreto delegato l'attuazione della citata Raccomandazione, e
prevede infine che gli altri princìpi della nuova legge siano estesi alle
banche dati di polizia con i dovuti adattamenti da ricercare con il medesimo
decreto delegato;
b) condivido la prospettiva di giungere ad un codice deontologico per i b.b.s., ma trovo che sia opportuno raccordarlo meglio alla nuova legge differendone, se del caso, la preparazione; per parte mia, mi riservo di formulare alcuni suggerimenti;
c) trovo impraticabile, anche sul piano costituzionale, la prospettiva di
legittimare il sysop a intromettersi indifferenziatamente nella e-mail;
certamente l'utente può disporre del proprio diritto alla segretezza della
corrispondenza, ma un'accordo tra tutti i gestori che portasse questi ultimi ad
imporre agli utenti, di fatto, un'"abdicazione" alla segretezza della
e-mail, non potrebbe avere un seguito efficace dal punto di vista giuridico.
(27.06.95)