Secondo
convegno del Forum multimediale "La società
dell'informazione" LA LEGGE E LA RETE Roma, 12 novembre 1997 |
Aspetti evolutivi del regime
giuridico di Internet 1. Quale interesse ordinamentale alla regolamentazione delle nuove tecnologie telematiche? Con Internet, si
realizza, com'è ormai ampiamente noto, una dimensione
dell'agire umano (in precedenza forse nemmeno facilmente
immaginabile) caratterizzata da una straordinaria
convergenza tra attività di telecomunicazione, funzioni
informatiche e mondo dell'informazione, assistita
peraltro da una continua crescita globale di enormi
proporzioni. La comunicazione "internettiana"
risulta infatti in grado di svolgersi grazie ai più
differenti mezzi (cavi coassiali, fibre ottiche,
frequenze terrestri e satellitari, etc.) e di veicolare
dati informativi del più vario formato (scrittura,
suoni, immagini fisse e in movimento), laddove altri
caratteri salienti del fenomeno vengono solitamente
identificati nella struttura estremamente diffusa e
decentrata (anticentrica e antigerarchica) del fenomeno,
nel suo elevato grado di automazione e nella sua notevole
impermeabilità alle interferenze esterne. Peraltro, le problematiche
poste sul tappeto dall'affermarsi del fenomeno Internet
non hanno trovato i giuristi del tutto impreparati, ma
(com'era prevedibile ed anche auspicabile) hanno
abbastanza presto suscitato un impegnato dibattito, al
punto da potersi constatare come il periodo che ha
preceduto l'avvio del ciclo accademico 96/97 (il periodo
tradizionalmente dedicato a congressi e a convegni) sia
risultato contraddistinto proprio da una pluralità di
iniziative tese a sollecitare la riflessione sui profili
giuridici della nuova tecnologia telematica e, più in
generale, sul regime giuridico delle telecomunicazioni
(vanno senz'altro ricordate almeno quelle promosse dalle
Università di Sassari, il 20/21 settembre, di Pavia, il
4/5 ottobre, di Camerino, il 10/11 ottobre e di
Roma-LUISS. il 28/29 novembre). Poiché si ha ragione di
ritenere che la conoscenza di tali funzioni e
applicazioni venga quotidianamente estesa ad un pubblico
sempre più vasto, ci si limiterà qui a ricordare come,
grazie ad esse, i dati e i messaggi suscettibili di
transitare attraverso la Rete possono non solo costituire
l'oggetto di attività espressive e comunicative che per
l'innanzi potevano essere compiute utilizzando i
tradizionali mezzi di comunicazione postale, telefonica,
etc., o ricorrendo alle forme di diffusione del pensiero
più collaudate, quali la stampa o la radiotelevisione
(è il caso esemplare dell'E-mail, paragonabile al
servizio postale, o della partecipazione a newsgroups,
sorta di bacheche elettroniche cui afferiscono messaggi a
tema inviati dai partecipanti a vari gruppi, e ancora
dell'Internet Relay Chat, che consente
lo scambio simultaneo di messaggi, di immagini fisse e in
movimento), ma possono anche attenere al più vasto campo
dell'informazione organizzata, appannaggio fino ad oggi
dei classici mass-media, derivandone pertanto la
messa in gioco di prospettive legate a valori
costituzionalmente rilevanti quali la libertà di
manifestazione del pensiero, la libertà delle
comunicazioni e il regime, anche sotto forma d'impresa,
dell'informazione. Di non minor rilievo, risultano poi gli aspetti socioistituzionali del fenomeno, di cui costituisce una punta avanzata il fenomeno delle cd. reti civiche, ma che possono attenere a contesti pubblici anche più ampi, allorché sia dato di interagire con la pubblica Amministrazione, grazie alle applicazioni offerte dall'informatica pubblica. Per questi, ma anche per altri aspetti che qui non è possibile nemmeno sfiorare (si pensi, infatti, alle potenzialità della Rete nel campo dell'educazione, dell'istruzione e della ricerca, a tutti gli aspetti culturali in genere e a quelli, largamente diffusi sulla rete, di carattere ludico), Internet risulta certamente qualcosa di assai più complesso rispetto ai mezzi finora conosciuti sia di diffusione del pensiero, sia di comunicazione interpersonale, sembrando in grado di fruire contemporaneamente degli statuti giuridici di entrambe le situazioni soggettive corrispondenti, nonché di attingere inoltre al regime proprio di altre libertà a godimento individuale o collettivo (si pensi ancora alle possibilità offerte dalla cd. agorà elettronica o dalle conferenze telematiche), conseguentemente rivelandosi pienamente giustificato che l'ordinamento non tratti con indifferenza fenomeni che risulterebbero altrimenti presi in considerazione poiché involgenti in primo luogo la sfera delle libertà costituzionalmente garantite, ma anche la correttezza dell'attività e dell'informazione commerciale e finanziaria, id est la tutela del consumo e del risparmio e la sicurezza delle transazioni, ivi compresi i pagamenti veicolati attraverso la rete. Ma, sia che, attenendo alla condizione di libertà politica e civile dei soggetti interessati, debba essere dispiegata una tutela di portata tendenzialmente assoluta, sia che, entrando piuttosto in gioco aspetti concernenti l'iniziativa economica individuale o associata, debba essere tentato un corretto bilanciamento dei valori in campo, l'interesse ordinamentale di fronte alla nuova tecnologia non pare soltanto risolversi nell'identificazione delle garanzie del suo libero svolgimento, dovendo, infatti, venire esteso anche al regime dei contenuti. Ciò risulta, per così dire, comprovato dalla possibilità di utilizzazione d'Internet per il compimento di attività e/o per il raggiungimento di scopi già messi comunque al bando dallo stesso ordinamento. Come la concreta esperienza (soprattutto estera e statunitense in particolare) si è incaricata eloquentemente di dimostrare, le funzioni e le applicazioni della rete si sono rivelate in grado di offendere (ma non diversamente - si badi bene - da altre tecniche evolute di trasferimento delle informazioni) sia valori ordinamentali collettivi, sia interessi e diritti di soggetti singoli e associati: andandosi dalla lesione del diritto di autore alla violazione della riservatezza personale, dalla diffusione di notizie false o diffamatorie a forme di vera e propria aggressione alla libertà individuale (sotto forma di minacce o molestie fatte pervenire telematicamente o anche più semplicemente di disturbo alle comunicazioni o di violazione della loro segretezza), dalla compromissione di interessi di gruppi economici mediante atti di concorrenza sleale all'intralcio della stessa fluidità degli affari attraverso l'alterazione o l'indebolimento dell'affidabilità dei mezzi di pagamento elettronici, dalla propaganda filonazista e razzista all'apologia e all'incitamento a commettere reati della più varia specie fino alla commissione diretta in Rete di reati, per solito, nel campo della pornografia anche nelle forme più odiose perché attuate con il coinvolgimento di minori. In una simile prospettiva, eventuali difficoltà frapposte all'accertamento e alla repressione delle fattispecie illegali da parte delle ridette caratteristiche di diffusione e di complessità della Rete non parrebbero, dunque, idonee a dare fondamento, a loro volta, a persuasive obiezioni circa la doverosità della tutela di quei valori ordinamentali di cui l'accennata messa al bando è evidentemente espressione; per altro verso, tuttavia avvertendo che l'impressione ricavabile da un elenco così nutrito di illeciti perpetrabili sulla stessa Rete non potrebbe giustificatamente condurre ad una criminalizzazione di Internet, quale nemmeno per altri mezzi comunicativi, la cui potenzialità offensiva è sicuramente assai più alta, s'è mai verificata, attesa anche la singolare caratteristica conformativa della Rete per cui la sua utilizzazione soggiace ad un'espressa domanda individuale sia per quanto riguarda l'accesso, sia per quanto riguarda la successiva scelta dei contenuti. 2. A proposito dell'atteggiamento dei giuristi Agli interrogativi così
suscitati (in positivo sulla configurazione e in negativo
sui limiti del fenomeno in esame), si è per vero, come
si accennava all'inizio, già tentato di offrire qualche
soluzione. Ma, più che addentrarci nell'esame delle
singole ipotesi prospettate, talvolta anche con raffinata
argomentazione, ci è parso soprattutto interessante, in
questo stadio forse ancora pionieristico del dibattito,
registrare le tendenze di fondo nel modo di rapportarsi
dei giuristi di casa nostra con la nuova tecnologia
comunicativa e con i problemi da essa generati. A questo atteggiamento, sembra tuttavia contrapporsene un altro di segno praticamente contrario, che, pur condividendo in buona misura il giudizio d'inadeguatezza della corrente strumentazione giuridica a dare veste regolativa alle attività della Rete, vi respinge però ogni implicazione sia di stampo rassegnatamente nichilista, sia di tono radicalmente libertario, per invocare invece (non mancando per vero di sottolinearne l'impellenza), interventi regolatori ai più vari livelli e particolarmente a livello planetario. L'iperrealismo giustificazionista e i suoi già accennati corollari teorici sconsigliano evidentemente un'adesione al primo orientamento non motivata da propensioni alla più completa anarchia della Rete, anche se occorre senz'altro coglierne il messaggio implicito, consistente nella presa di coscienza di un fenomeno sicuramente complesso e verosimilmente connotato da una vocazione naturale all'anomia e allo spontaneismo. Pertanto, più producente appare la seconda via per chi intenda affrontare le questioni poste da Internet come questioni dotate di taluni caratteri certamente inediti e peculiari, ma non al punto di sceverarle completamente da quello che è il più generale piano problematico delle telecomunicazioni, non potendosi, infatti, ignorare che, rispetto ai quesiti sullo stato giuridico di quella che pur non si esita a definire la Rete per antonomasia, si pongono pregiudizialmente le questioni circa il regime degli strumenti comunicativi che, ai diversi livelli, ne consentono le interconnessioni, il convogliamento dei dati e financo l'accesso ai dati medesimi. 3. Internet tra "ogni altro mezzo di diffusione" del pensiero (art. 21 Cost.) E "ogni altra forma di comunicazione" (art. 15 Cost.) Tenendo, dunque, ferme le
premesse metodologiche da ultimo richiamate, è possibile
ora concentrare l'attenzione sulle particolari
caratteristiche di Internet come mezzo di
circolazione di messaggi del più disparato tenore. Non
pare, del resto, dubbio che la Rete presenti un'elevata
attitudine a soddisfare sia esigenze espressive sia
comunicative, portando in dote, rispetto agli strumenti
tradizionali, le straordinarie possibilità derivanti dal
carattere interattivo e multimediale del mezzo, nel tempo
stesso che il ricorso ad esso risulta, sul piano tecnico,
sufficientemente "amichevole" e (in misura
sempre crescente) abbordabile su quello economico.
Inoltre, in virtù della strettissima integrazione
spaziotemporale tra l'atto del comunicare, la diffusione
in rete nonché potenzialmente la stessa ricezione, la
mediazione tecnica del mezzo può apparire quasi
impercettibile, mentre gli apparati d'incanalamento e
smistamento dei messaggi funzionano secondo logiche di
spiccato automatismo. Se si conviene infine sul
fatto che la libertà di manifestazione del pensiero
risulta compiutamente garantita non solo in quanto ne sia
assicurato il puntuale esercizio, ma anche se non siano
frapposti ostacoli alla diffusione del pensiero già
manifestato (di ciò, è espressione esemplare, per
quanto riguarda la stampa, il divieto di censura), vale a
dire se il messaggio risulti, almeno potenzialmente,
conoscibile da parte di quanti siano interessati a
prenderne conoscenza, può agevolmente rilevarsi come,
con la nuova tecnologia telematica, queste correlative
libertà di esprimersi nonché di ricevere e ricercare
informazioni postulino strumentalmente l'identica
libertà di accesso e "navigazione" nella Rete
(ciò che, sul piano tecnico, si riflette nella
possibilità, da parte della strumentazione tecnica, di
assumere, a seconda dei casi, la configurazione di server
o di client). Ora, mentre sotto il
profilo della libertà della comunicazione, può
senz'altro ritenersi che la garanzia in ordine
all'accesso debba estendersi anche ai destinatari dei
messaggi, per quanto riguarda la segretezza, le
caratteristiche del mezzo sembrano impedire una
conclusione di valore assoluto. Infatti, pur convenendo
sul fatto che la semplice possibilità tecnica di
intromissioni non dovrebbe indurre una carenza di
garanzia in ordine alla segretezza delle comunicazioni,
sembrerebbe difficile reclamare tale garanzia per la
comunicazione "internettiana", dal momento che,
quand'anche svolgentesi secondo un modulo esclusivamente
interpersonale, essa non risulterebbe strutturalmente
posta al riparo da interferenze (già a cominciare dal
possibile monitoraggio da parte degli operatori del
servizio, esistono infatti strumenti, non necessariamente
fraudolenti, per rendere trasparenti sia il contenuto
delle conversazioni, sia i dati identificativi delle
stesse), se non in presenza di specifiche e adeguate
modalità di trasmissione dei messaggi aventi appunto
esplicitamente lo scopo di escludere i terzi. 4. Il regime giuridico d'Internet (i contenuti informativi) Secundum principia,
non dovrebbe nemmeno essere revocabile in dubbio che,
degli eventuali contenuti illegali immessi nella rete,
sia nell'attività di diffusione del pensiero, sia nelle
comunicazioni interpersonali non assistite da adeguati
sistemi di segretezza, debbano essere tenuti
esclusivamente responsabili i rispettivi autori,
sembrando infatti assai problematico far derivare qualche
forma di responsabilità (se non nei casi in cui possa
configurarsi qualche forma di favoreggiamento) a carico
di chi offra il servizio d'interconnessione o di chi
effettui un semplice attività di accesso alla Rete pur
se alla ricerca dei precitati contenuti. Ma, fatte queste premesse, sarebbe anche troppo ovvio sottolineare come il principio liberale, espresso dalla Carta nelle disposizioni costituzionali richiamate, debba, a sua volta, costituire parametro di "validazione" di eventuali discipline alle quali si ritenesse di porre mano. In altri termini, ciò che, comunque, va ribadito con riferimento alle libertà costituzionali il cui esercizio risulta agevolato dalla Rete è che il loro statuto di garanzia non può soffrire eccezioni o attenuazioni per effetto della nuova tecnologia telematica, conseguendone che limitazioni di natura preventiva saranno percorribili (quando non anche verosimilmente doverose) nel solo campo attinente al buon costume e con particolare riferimento alla tutela dei minori. Laddove tuttavia le particolari modalità dell'accesso alla Rete sembrano far sì che le cautele si riducano essenzialmente all'obbligo di apposizione all'ingresso dei siti di segnali idonei ad attivare eventuali dispositivi di filtraggio, così da subordinare il prosieguo della "navigazione" alla manifestazione di una volontà espressamente manifestata a seguito di un'informazione tempestiva e veritiera. Ma, in attesa di calibrate
iniziative legislative, sembra comunque opportuno
ricordare come in altri ordinamenti di comune matrice
costituzionale i problemi in parola abbiano già ricevuto
qualche risposta, non apparendo nemmeno casuale che tali
risposte siano state fornite proprio in sede di scrutinio
di costituzionalità. Ci si riferisce, particolarmente a
due decisioni, di cui la prima è senz'altro la più
nota: si tratta, infatti, della decisione adottata l'11
giugno 1996 da una Corte distrettuale dello Stato della
Pennsilvania (si ricordi il carattere diffuso del
sindacato di costituzionalità nell'ordinamento
statunitense). Permeata invece delle
logiche del costituzionalismo europeo continentale
risulta la seconda delle decisioni dianzi menzionate,
provenendo infatti dal Conseil constitutionnel,
del quale pare superfluo ricordare il ruolo nella
giustizia costituzionale francese, spettandogli, in
riferimento alle leggi ordinarie, il monopolio del
controllo di legittimità su ricorso di determinati
organi o soggetti di rilievo costituzionale. Con la decisione n. 96-378
DC del 23 luglio 1996, il Conseil constitutionnel
ha tuttavia annullato il complessivo sistema incentrato
sull'esistenza e sulle competenze del predetto Comité,
rinvenendovi (coerentemente con una sua consolidata
giurisprudenza) un caso evidente d'incompetenza negativa,
vale a dire di rinuncia o di omissione da parte del
legislatore a fissare direttamente i principi nel cui
solo ambito l'autorità amministrativa avrebbe potuto
determinarsi per l'elaborazione delle raccomandazioni ai
fornitori di accesso. Comunque sia, le vicende appena richiamate, mentre paiono confermare le difficolta di una riflessione che pretenda di avere punti fermi di approdo, forniscono anche la sensazione di un quadro complessivo in pieno movimento, al quale è auspicabile non resti estraneo il nostro Paese, magari anche raccogliendo i suggerimenti che da tali vicende sembra possibile trarre de iure condendo. 5. Segue: gli utenti e gli operatori d'Internet Ma, a questo punto, dovrebbe riuscire anche evidente l'effetto di feed-back che il regime giuridico delle situazioni soggettive implicate nell'accesso ad Internet può avere sul più generale quadro delle modalità tecniche del suo utilizzo, a partire dalla circostanza per cui il servizio si realizza attualmente (e continuerà a realizzarsi ancora per qualche tempo) prevalentemente sulla rete telefonica. In altri termini, nel momento in cui l'esclusivo rapporto biunivoco tra telefonia e comunicazione interpersonale viene a cessare a causa dell'asservimento del mezzo anche alle finalità di cui all'art. 21 Cost., ancor più costituzionalmente dubbio rischierebbe di apparire un qualsiasi regime di privativa sul mezzo stesso, così come del tutto incongruo si appaleserebbe il suo completo abbandono alle logiche del mercato, per le quali (nemmeno in una situazione di risorse non limitate) sarebbe lecito attendersi una coincidenza con le logiche di fruizione indiscriminata dei mezzi sottesa all'art. 21. Quanto appena accennato
comporta dunque che si ritorni ancora, al termine di
queste osservazioni sugli aspetti evolutivi d'Internet,
ad accennare al ruolo dei diversi soggetti coinvolti
nella gestione e nel funzionamento della Rete, da
identificarsi appunto principalmente negli esercenti
delle reti telecomunicative, attraverso le quali si
realizzano le connessioni tra le reti e la distribuzione
dei dati veicolati dalle reti stesse, e quindi nei
fornitori d'accesso (providers) che, nella
maggior parte dei casi, funzionano da interfaccia tra gli
esercenti delle reti e gli utenti finali. Ma, mentre per
la prima categoria di soggetti, la situazione risulta
già in una fase piuttosto avanzata, sia per effetto
della normativa comunitaria che, è, com'è noto, ormai
orientata verso un regime di completa liberalizzazione,
sia per l'avvio in sede parlamentare di una complessiva
riforma del sistema delle telecomunicazioni, per quanto
riguarda, invece, la seconda categoria, vale a dire, i
fornitori di accesso, rileva finora la sola disciplina
recata dal d. lgs. 17 marzo 1995, n. 103, emanato in
attuazione della direttiva 90/388/CEE, dalla quale
potrebbero pertanto derivare ai providers responsabilità
unicamente in ordine al rispetto degli obblighi correlati
al rilascio dell'autorizzazione dall'art. 3, 4ø comma,
del medesimo d. lgs. (ma si veda altresì il d.p.r. 4
settembre 1995, n. 420, recante la normativa
regolamentare di esecuzione). In questo stesso ordine di idee, una considerazione speciale sembra meritare piuttosto la figura dei cd. sysops, vale a dire quei particolari utilizzatori della Rete che assumono la veste di gestori delle informazioni e dei messaggi convogliati nelle bacheche elettroniche delle cd. B.B.S. (Bulletin board systems), dato che il loro ruolo li mette, per così dire, istituzionalmente in grado di controllarne i contenuti e di conoscere quale genere di traffico si svolge nell'ambito delle loro reti. Ma anche qui l'affermazione di un regime di responsabilità, sia pure a titolo di culpa in vigilando (e fatti salvi i casi di vero e proprio concorso nel reato) sembrerebbe non poter comunque attingere ad un livello più alto di quello già previsto per i responsabili delle testate radiotelevisive e presupporre comunque assodata la liceità dell'interferenza nel flusso dei messaggi altrimenti assistiti dalla garanzia della riservatezza. Anche per questi aspetti, dunque, assai opportuno si paleserebbe un intervento chiarificatore del legislatore, reso tanto più urgente dal rischio di un sempre più frequente e disorganico afflusso di pronunce giurisprudenziali. Senza pregiudizio che venga, per altro verso, anche accolto l'invito rivolto ai Governi e ai Parlamenti dal Consiglio d'Europa per la formulazione di codici deontologici indirizzati non solo a providers e sysops, ma a tutti gli operatori comunque interessati all'allestimento e all'utilizzo delle cd. autostrade dell'informazione. (28.01.97) |
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