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Secondo convegno del Forum multimediale "La società dell'informazione"
LA LEGGE E LA RETE
Roma, 12 novembre 1997

Commento alla bozza ministeriale di codice di autoregolamentazione di Internet diffusa il 22 maggio
di Cosimo Pasquini - 11.11.97

Come già affermato sia dal Consiglio con la Risoluzione del 17 febbraio 1997 sia dalla Commissione dell'Unione Europea con la Comunicazione sulla protezione dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e informativi, anche in Italia l'idea dell'adozione di una autoregolamentazione sta sempre più affermandosi come la miglior soluzione alla definizione di quelle regole che sono alla base del funzionamento della Rete.
Tuttavia, analizzando la bozza diffusa dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni il 22 maggio 1997 del codice di autoregolamentazione per i servizi Internet, mi sembra opportuno intervenire per segnalare alcune incongruenze.

Parlare di autoregolamentazione denota un giusto approccio alla corretta visione delle problematiche che Internet e il suo utilizzo possono creare, ma il tentativo di inquadrare la Rete come si tende a fare in questa proposta è destinato a non avere successo, perché gli strumenti individuati da questo codice di autoregolamentazione in alcuni casi non coincidono affatto col problema che devono risolvere. In particolare i documenti comunitari individuano, fra i compiti specifici cui ciascun paese deve adempiere, la necessità di una più stretta collaborazione nella lotta contro crimini come la pedofilia, il terrorismo e la criminalità organizzata. La "tentazione" di questo accordo è quella di voler andare oltre la sua reale portata pratica, cercando di regolamentare a livello nazionale problemi che possono essere risolti solo attraverso una autoregolamentazione internazionale.

L'autoregolamentazione ha senso solo in contrapposizione all'eventuale intervento dei singoli paesi, ognuno con la propria normativa e soprattutto se strettamente connesso al concetto di "internazionalità". Autoregolamentazione internazionale come naturale sviluppo del sistema Internet, nato senza padroni e dove le regole sono sempre state create all'interno della Rete stessa; questa soluzione risulta essere l'unica scelta affinché una qualsiasi regolamentazione della Rete abbia efficacia.
Internet non può che vedere nell'autoregolamentazione internazionale l'unico mezzo per tentare la definizione di quelle regole che, proprio per la sua particolare struttura, non legata né limitata dal alcun confine geografico o politico, è "inattaccabile" da singole iniziative a livello nazionale. che non hanno efficacia poiché non tengono conto di questo punto fondamentale.
Un codice di autoregolamentazione proposto da organismi che si dicono rappresentativi di Internet in Italia, che abbia come scopo quello di vincolare solo una parte dei soggetti che utilizzano la Rete, quella italiana appunto, e non invece essere parte di un contesto quanto meno europeo, come raccomandato dalla stessa Commissione, non ha alcuna utilità.
Non si può parlare di autoregolamentazione vera e propria, perché l'elaborazione della bozza diffusa dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni non è il risultato di un accordo nato dentro la Rete, ma frutto dell'intesa di alcune parti soltanto, che in pratica si arrogano il diritto di poter fissare regole che, come la stessa filosofia del mezzo Internet impone, non possono invece che nascere dall'adesione spontanea della maggioranza dei singoli utenti ad un progetto per tutelare i propri interessi e diritti.

Il fatto stesso che vi sia stata una "mediazione governativa" e la partecipazione di parti che definirei detentrici del mercato mi fa pensare a tutto, meno che ad una autoregolamentazione che abbia come fine la difesa di quei diritti che ciascun utente ha oramai acquisito con l'utilizzo di Internet.
Il rischio è che in questo caso un'eventuale autoregolamentazione possa essere addirittura più dannosa del più scellerato degli interventi dall'esterno temuti sia dagli utenti che dagli operatori. Inutile poi dilungarsi sulla facile aggirabilità delle regole che verrebbero imposte tramite clausole come quella della estensibilità ai terzi, valore vincolante del codice, a dimostrazione che qualsiasi regolamentazione esterna o interna che immagini Internet e la sua disciplina come un qualche cosa definibile entro i confini di un singolo stato è semplicemente destinato a non avere effettiva applicazione.
Il giudizio su questa proposta di autoregolamentazione non può che essere negativo. La critica è rivolta ai contenuti della proposta e non allo strumento usato; l'autoregolamentazione che ritengo l'unica ipotesi in grado di assicurare una certa efficacia proprio perché sentita da ogni utente come garanzia dei propri interessi e dei propri diritti.
Questa iniziativa è frutto di un accordo esterno alla Rete, vuole cioè cercare di imporre un implicito controllo attraverso la creazione di limiti al suo utilizzo che avrebbero sicuramente peso in un paese come l'Italia dove Internet è conosciuto solo per la pedofilia, per la pornografia e per ogni sorta di aspetto negativo che molti mass-media, cavalcando un'onda senzazionalistica, vogliono attribuirgli. L'Italia è afflitta da una ignoranza informatica che colpisce indifferentemente tutte le classi sociali e tutte le fasce di età.

Il ministero delle Poste e Telecomunicazioni si è attivato per tentare di dare luce ad un ipotesi di autoregolamentazione della Rete, quando tuttavia non esiste nulla che assomigli ad un piano di sviluppo generale dell'utilizzo della Rete stessa sulla base degli enormi vantaggi che il suo massiccio utilizzo potrebbe apportare. Inutile che il governo si faccia prima di tutto mediatore per una giusta regolamentazione di Internet se prima non affronta il problema della scarsa diffusione dei computer in Italia che tocca in modo particolare il mondo dell'istruzione secondaria e universitaria, dove il gap con il resto d'Europa è per certi versi drammatico.
Ho come l'impressione che talvolta non si voglia in realtà alcuno sviluppo di Internet in Italia, come se qualcuno temesse le potenzialità di un mezzo che col suo diffondersi prima o poi cambierà radicalmente sia il mondo della comunicazione, sia i rapporti tra cittadini e potere.

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