2.1. E' in corso un dibattito, del quale è possibile cogliere ampia
traccia su Internet, sul tema dell'identificabilità di coloro che trasmettono
messaggi attraverso i servizi di comunicazione on line con gruppi (listgroup,
newsgroup) e singoli (e-mail).
Così se c'è chi si collega alla rete con il proprio nome, c'è anche chi lo
fa usando pseudonimi o anonimamente.
In particolare, A. Greig (University of Abertay Dundee) ha recentemente
sollevato su Internet il problema del cd. "pseudospoofing", cioè
dell'uso di un nome - o di altri elementi di identificazione della persona - di
fantasia, ma assolutamente credibili, che vengono presentati come veritieri.
Se di fronte all'uso di uno pseudonimo chiaramente riconoscibile come
tale o dell'anonimato vi è da parte del destinatario del messaggio una maggiore
"diffidenza" verso i contenuti di quest'ultimo, la tecnica di pseudospoofing
(una forma di "active deception") consente di prospettare in modo
credibile idee ed opinioni.
2.2. Il problema dell'uso di una falsa identità può acquisire particolare
rilevanza sotto vari aspetti: a livello più generale, richiama valori etici
prima ancora che giuridici e quindi il dibattito su quelle regole di correttezza
che rappresentano attualmente l'unica forma di regolamentazione dell'accesso e
dell'uso del ciberspazio; più specificamente, può assumere rilievo in
relazione alle ipotesi di conclusione di contratti o anche di commissione di
reati attraverso reti telematiche (grande interesse suscita, ad esempio negli
Stati Uniti l'ipotesi di uso delle reti a fini di propaganda sovversiva da parte
di organizzazioni terroristiche).
2.3. Il fenomeno (quello dello pseudospoofing in particolare) merita
attenzione anche in riferimento alla possibile utilizzazione delle reti
telematiche a fini di propaganda politico-elettorale, per quella attività, cioè,
che è insieme di informazione e di persuasione, che, nel periodo
immediatamente precedente la consultazione elettorale è tesa ad influire sulla
espressione della volontà elettiva e deliberativa dei cittadini.
Il tema della disciplina della propaganda politica veicolata attraverso i
mezzi di comunicazione di massa è in questo momento di grande attualità in
Italia: può essere questa l'occasione di considerare l'opportunità di una
regolamentazione delle forme di propaganda che possono realizzarsi attraverso le
reti telematiche? (Almeno nella fase della campagna elettorale, periodo
particolarmente delicato nel quale è essenziale garantire la più ampia
attuazione del diritto di informazione, quale diritto ad informare e ad
essere correttamente informati).
La tutela della libertà di scelta del singolo da indebite ed eccessive
pressioni che possano provenirgli dall'esterno e la garanzia di pari opportunità
di accesso ai mezzi di informazione per i soggetti politici in competizione sono
le ragioni che rendono cos~ì pressante il problema della regolamentazione della
propaganda radiotelevisiva di partiti e candidati, ragioni che possono
riproporsi anche in relazione all'utilizzo delle reti telematiche.
2.4. Nel caso si ritenga opportuna la regolamentazione, le strade
percorribili sembrano essere due: autodisciplina o "eteroregolamentazione"
statale.
Sotto il primo profilo interessanti spunti di riflessione offre la
"Ipotesi di codice di autodisciplina per la comunicazione telematica"
presentata da Giuseppe Corasaniti. Di particolare rilievo risulta per la materia
che ci interessa la previsione dell'articolo 7 che richiede pari trattamento e
pari opportunità per i fornitori di informazioni e per i soggetti
interconnessi.
Potrebbero poi ipotizzarsi: in deroga alla previsione dell'articolo 2,
l'obbligo di comunicazione della propria identità e recapito (previa verifica
della veridicità di tali dati da parte del gestore) per tutti coloro che
immettono in rete messaggi di propaganda elettorale ed inoltre lo studio di
forme di controllo, affidate ad organi di autodisciplina, di tali messaggi
(analogamente a quanto è proposto in materia di pubblicità commerciale).
Una regolamentazione statale sarebbe, d'altro canto, in primo luogo,
pienamente legittima: l'attività di propaganda è una forma di manifestazione
del pensiero, come tale tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, ma la
Corte costituzionale (sentenza n. 48 del 1964) ha riconosciuto la legittimità
di interventi legislativi di disciplina delle forme di propaganda, in quanto, in
tal modo, si regola esclusivamente l'esercizio del diritto di libera
manifestazione del pensiero, non intaccando la sostanza del diritto stesso.
Un ruolo importante potrebbe svolgere in questo settore una Autorità
Indipendente, una Autorità Garante, cioè, le cui decisioni in una materia cos~ì
delicata, sono sottratte alle scelte delle maggioranze di governo. Più
incisivo, poi, potrà essere il ruolo da questa svolto se le verranno attribuiti
non esclusivamente compiti di accertamento della violazione di divieti
formali (con i relativi poteri inibitori) ma anche, più in generale, una
funzione propositiva, di raccordo fra le esigenze dei gestori e quelle
dei soggetti fornitori di informazioni e dei soggetti interconnessi.
Indubbiamente, però, occorrerà preliminarmente chiedersi se una
soddisfacente regolamentazione della propaganda possa immaginarsi al di fuori di
una più ampia considerazione e regolamentazione complessiva della comunicazione
telematica.
2.5. La nascita, alla fine degli anni Settanta, delle emittenti televisive
private ha fatto segnare una svolta di fondamentale rilievo nel modo di
comunicare la politica (e più in radice nel modo stesso di fare politica e
anche di intendere la partecipazione democratica). Una svolta che si è
concretizzata in un ampliamento notevolissimo delle possibilità espressive dei
soggetti politici ed in una maggiore incisività e costanza nel tempo dei
contatti di questi con i cittadini elettori.
Per la fine degli anni Novanta si prospetta una nuova - probabilmente ancora
più incisiva - svolta (la democrazia elettronica), i cui primi segni si
colgono ampiamente in alcuni Paesi (Francia e Stati Uniti in testa) suscitando
già riflessioni sulle prospettive future.
Il nostro legislatore ha, in verità, dimostrato fino ad ora scarsa
sensibilità verso questo tema: la legge n. 515 del 1993, recante norme per la
disciplina delle campagne elettorali, non si occupava in alcun modo, nella parte
relativa alla regolamentazione della propaganda elettorale, delle reti
telematiche, caratterizzandosi, quindi, come non pienamente adeguata alla
attuale dinamica della competizione politico elettorale.
L'esperienza che l'Italia si è trovata e si trova tuttora a vivere in tema
di disciplina della propaganda elettorale radiotelevisiva fa s~ che il nostro
Paese si trovi attualmente in una situazione di grande attenzione al problema più
generale del rapporto fra informazione e propaganda politica: potrebbe essere
questo il momento giusto per affrontare anche il tema che si è brevemente
delineato.