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LA SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE

 

COMPORTAMENTI E NORME NELLA SOCIETÀ VULNERABILE

 


INTERVENTI - 16


4. Diritti di libertà sulle "autostrade digitali"

di Maria Antonietta Laura Mazzola e Rosanna Ortu Lo sviluppo della comunicazione telematica ormai da tempo pone il problema dell'apprestamento di idonee forme di tutela per garantire lo scambio e la diffusione di informazioni tra soggetti interconnessi. Si tratta, a ben vedere, d'un problema di non poco momento stante da un lato la natura particolare degli strumenti di comunicazione informatici e telematici e stante, dall'altro, la peculiarità dei sistemi di controllo in ordine ai dati posti in circolazione.

Quanto qui sommariamente descritto sta alla base del dibattito politico-culturale che sta interessando, negli ultimi tempi, l'opinione pubblica americana. Più segnatamente si discute sulla configurabilità come fatto di reato della diffusione di notizie aventi ad oggetto l'illustrazione delle modalità di confezionamento di ordigni esplosivi. La problematica, che trae origine dal recente attentato verificatosi ad Oklahoma City, pone in rilievo la questione dei limiti contenutistici delle notizie diffusibili via rete e, di conseguenza, delle eventuali limitazioni alla fondamentale libertà di manifestazione del pensiero.

Il dibattito americano ruota intorno alla proposta di emendamento avanzata dal Senatore Feinstein alla legge generale del terrorismo attualmente pendente innanzi al Senato degli Stati Uniti. L'emendamento, più precisamente, mira a reprimere la diffusione di informazioni relative alla fabbricazione di esplosivi, nell'ipotesi in cui colui che diffonde l'informazione è consapevole che i materiali indicati risultano essere idonei al compimento d'un crimine federale. Come può ben intendersi, la proposta avanzata ha sollevato notevoli reazioni allarmate nella comunità telematica americana, dove si guarda con crescente preoccupazione ai continui tentativi del Congresso degli Stati di regolamentare in qualche modo l'uso della comunicazione interattiva, introducendo subdolamente forme si censura e di limitazione. L'American Civil Liberties Union (ACLU) si è fatta promotrice di un'azione di opposizione all'emendamento, mettendo in evidenza la sua incostituzionalità, in quanto mira a reprimere la mera trasmissione di informazioni - su stampa, radio, televisione, ciberspazio - prive di qualsiasi finalità criminale, nonché la sua stessa superfluità data la sussistenza d'una norma (18 U.S.C. sec. 231) che reprime come reato l'insegnamento delle tecniche di fabbricazione di esplosivi nell'ipotesi in cui si abbia conoscenza dell'altrui intento di far uso dell'informazione per sviluppare un preciso disegno criminoso. E' stato, inoltre, rilevato che l'emendamento in questione comporterebbe l'allargamento della soglia di punibilità, in quanto richiede una forma minima di colpevolezza per determinare l'incriminazione, con conseguente violazione del primo emendamento della Costituzione americana che assicura una notevole protezione della libertà di manifestazione del pensiero. Come può ben intendersi il caso in questione involge problemi di ordine penale e costituzionale che evidenziano la duplice esigenza di assicurare la libertà di comunicazione e di prevedere, là dove ne ricorrono i presupposti, forme di responsabilità.

La fattispecie in esame, di cui si è provveduto a dare una descrizione sommaria, è stata assunta ad oggetto del nostro intervento al fine di ravvisare, in un tentativo di comparazione giuridica, la sussistenza nell'ambito del diritto penale italiano di disposizioni normative che prevedano, per l'appunto, l'incriminazione nell'ipotesi di mera divulgazione di notizie afferenti alle modalità di fabbricazione del materiale esplosivo.

La problematica s'inserisce nel quadro più generale della previsione costituzionale del diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21) e del rapporto che interviene tra tale diritto e la necessità di reprimere tutte quelle manifestazioni che ledono o pongono in pericolo beni oggetto di protezione da parte dell'ordinamento. Espressione di tale conflitto è dato rinvenire in reati contro l'ordine pubblico e più segnatamente nei reati a pericolo presunto i quali pongono problemi di costituzionalità, dato che l'adozione di tale categoria crea il rischio che la repressione penale si risolva in un'inammissibile limitazione delle libertà ideologico-politiche costituzionalmente garantite (si consideri, a titolo di esempio, il reato di apologia di delitti previsto all'art. 414 c.p.).

Tuttavia, però, proprio in tale tipologia delittuosa si registrano i più marcati interventi interpretativi volti a punire non la manifestazione di pensiero in quanto tale, ma quella che per le sue modalità integra un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.

Viene, dunque, punita l'esposizione di idee diretta a provocare l'azione e non la manifestazione di pensiero in quanto tale. Si recupera in tal modo, inoltre, il principio della necessaria lesività da intendersi nell'accezione più lata comprensiva sia della lesione che dell'effettiva messa in pericolo del bene protetto. A tutto ciò si aggiunga la scelta da parte del legislatore penale di assumere la Costituzione a fondamento o a criterio di riferimento di ciò che può legittimamente assurgere a reato. Ne risulta la vincolatività di ricorrere allo strumento penale nei soli casi di stretta necessità. Inoltre, il riferimento alla rilevanza costituzionale del bene delimita l'area di ciò che non potrebbe mai assurgere a reato con la conseguenza - là dove ne ricorrano gli estremi - di condizionare la scelta del "se e come punire" alla presenza di ulteriori fattori.

Da quanto detto è facile evincere l'assenza di punibilità per tutte quelle ipotesi in cui un soggetto si limiti a diffondere notizie che, sebbene passibili di essere utilizzate per scopi illeciti, di per sé non si traducano nell'offesa ad un bene giuridico.

A ritenere diversamente si finirebbe con l'imporre eccessivi limiti alla piena esplicazione del diritto costituzionalmente riconosciuto. Del resto, il costituente, proclamando la libertà di manifestazione del pensiero, ha ritenuto che, fuori dai casi direttamente vietati, l'esercizio di questo diritto non costituisca un pericolo generale per la saldezza degli istituti o per la pace sociale, non potendosi reprimere quelle affermazioni potenzialmente pericolose i quanto ciò si tradurrebbe in un innegabile censura.

A questo punto della nostra analisi sorge spontaneo chiedersi se le considerazioni sin qui poste in essere possano valere per le divulgazioni di notizie mediante comunicazione telematica.

Si potrebbe azzardare una risposta affermativa tenuto conto della natura di principio fondamentale di libertà riconosciuta al diritto di manifestazione del pensiero, anche se non si esclude la necessità imprescindibile di fissare delle regole che disciplinino in misura puntuale lo scambio di informazioni mediante comunicazione telematica tenuto proprio conto della specificità dei mezzi di comunicazione in oggetto. Unitamente a ciò, si postula la necessità di predisporre apposite normative finalizzate a reprimere la commissione di reati attraverso la comunicazione telematica.
(18.06.95)

Note

1) Si veda, in tal senso, il Rapport de la Commission présidée par Pierre Sirinelli, Industries culturelles et nouvelles techniques, cit., pp. 98 e ss. e OMPI, Colloque mondial de l'OMPI sur l'avenir du droit d'auteur et des droits voisins, cit. , Publication OMPI n. 731 (F) 1994, in particolare l'intervento di Péter Gyertyànfy, pp. 199 e ss.

2) A. Lucas, in OMPI ecc., op. cit., p. 284.

3) Cfr. OMPI ecc., op. cit., pp. 35 e ss.


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