Ho trovato molto interessante l'intervento dell'avvocato Coliva in
merito all'utilizzo della legge 7 gennaio 1929 da parte della Guardia di Finanza
nel corso di ispezioni e verifiche a tutela del diritto d'autore.
Concordo in pieno sul fatto che la legge in oggetto (che consente limitate e
circoscritte operazioni di polizia tributaria) non è assolutamente utilizzabile
ai fini di verifiche a tutela della legge 633.
In questo ambito è dunque perfettamente logico il provvedimento del tribunale
della libertà, soprattutto perché in presenza di un caso di perquisizione
domiciliare illegittima.
Concordo inoltre su due elementi che sono fondamentali nell'azione repressiva
a tutela della legge sul diritto d'autore e in generale nella tutela dalle
contraffazioni:
A) Le perquisizioni dovrebbero svolgersi sempre su mandato del PM. Questo per
garantire da parte dell'autoritàgiudiziaria una preventiva analisi del caso
sottoposto (A.G.che fino a prova contraria è posta a tutela della giustizia e
non di una sola parte).
B) La presenza di un perito che assista gli organi di polizia giudiziaria o in
generale le forze di polizia nel corso delle operazioni. Questo per evitare il
caso di sequestri di programmi tipo i famosi driver per stampanti o dischetti
contenenti programmi senza alcuna rilevanza sotto il profilo del diritto
d'autore e così diffusi negli esercizi di informatica o presso software
house.che praticano anche assistenza tecinica.
Detto questo vi sono tuttavia alcuni elementi che devono essere tenuti presenti
e che dimostrano come nessuna norma impedisca (anzi) alla Guardia di Finanza di
compiere verifiche a tutela del rispetto di norme finanziarie e tributarie nei
confronti di operatori economici, nel corso delle quali, l'individuazione di un
reato di altra natura porti all'emissione di una specifica notizia di reato all'A.G.
A questo scopo porto l'esempio di un' operazione (e questa strada è seguita
più o meno in tutti i casi di azioni d'iniziativa del quale come BSA sono al
corrente) di una pattuglia della GdF che ha denunciato un esercizio di prodotti
informatici per violazione della legge sul diritto d'autore.
La pattuglia accede nell'esercizio per verificare la regolare emissione di
scontrino fiscale e la tenuta del misuratore fiscale. Nel corso del controllo i
militari operanti constatano che la parte detiene numerosi floppy disk
nell'esercizio, tra i quali alcuni recanti etichette scritte a mano con titoli
di programmi professionali molto noti. I militari, avuta la percezione della
consumazione del reato di duplicazione illegale, sospendono il controllo
amministrativo-contabile ed effettuano un controllo a tutela delle disposizioni
in materia di pirateria del software (ex-art 161, 171 e 171bis L.22/4/1941 n.633
e successive modificazioni) e richiedono all'esercente le licenze d'uso dei
suddetti programmi. A fronte della mancanza di tali licenze provvedono a porre
sotto sequestro i suddetti floppy-disk e, contattato il magistrato di turno,
richiedono autorizzazione a perquisire i locali e il magazzino della parte ove
si ritiene vi sia la presenza di altri programmi illecitamente riprodotti. E via
di questo passo fino alla denuncia del titolare dell'esercizo alla A.G. con
relativo verbale.
Non dimentichiamoci che la flagranza del reato (art. 352 c.p.p.)
consentirebbe di estendere la perquisizione anche nel domicilio del soggetto;
dunque la richiesta di autorizzazione al PM di turno è stata perfino
un'eccessiva cautela nel caso descritto.
Di queste operazioni, anche a livello aziendale, dove verifiche di tipo fiscale
si sono tramutate in verifiche a tutela del diritto d'autore, ve ne sono decine
e tutte confermate dall'A.G.
Mi chiedo se dunque si debba impedire ad un organo di polizia, nel momento in
cui ha la percezione di un reato, di svolgere un'adeguata azione repressiva.
Cosa significa l'uso a grimaldello di una legge ? Proviamo ad immaginare il caso
molto comune di un'officina per riparazioni d'auto che detiene targhe rubate.
Nel corso di una verifica tributaria, i finanzieri individuano le targhe
nell'ufficio del titolare. Non possiamo considerarlo un successo nella
repressione del crimine? Dobbiamo forse dire che la GdF ha operato avvalendosi
di un grimaldello per incastare il titolare dell'officina? Molti dei casi di
pirateria non sono ne più ne meno simili, e lo dimostrano anche le pesanti
accuse di ricettazione nei confronti di esercizi trovati in possesso di
"pochi dischetti". Breve parentesi: pochi dischetti, per chi è un
esperto di informatica, non significano nulla in termini di gravità del reato o
meno, questo dipende da altri fattori. In un esercizio di Bologna sono stato
rinvenuti sì pochi dischetti, ma tra questi Autocad, il cui numero seriale
coincide con un prodotto illegale installato presso vari architetti, geometri e
ingegneri di Bologna. Nei confronti di questi professionisti BSA ha dato il via
ad una serie di azioni di risarcimento e alcuni di essi hanno già ammesso che
il prodotto gli è stato ceduto da un negozio di informatica. Dunque con quei
pochi dischetti, quante installazioni sono state fatte? Quante volte si è
reiterato il reato ? Quanti danni ha provocato questo comportamento ai
concorrenti onesti dell'esercizio bolognese ?
Tutto deve ovviamente avvenire nei limiti della legge, ma nulla vieta alla
GdF di visitare i negozi di informatica, e non, di qualsiasi cittàitaliana
accompagnata da un ausiliario di PG che possa identificare i prodotti
"pirata". In termini di deterrente, posso assicurare, si tratta di
un'azione notevole. Tra l'altro mi pare di leggere che anche Coliva precisa che
la flagranza del reato consente un'azione di iniziativa da parte della P.G. (che
in questo caso non è altro che la pattuglia della GdF che in quell'istante si
assume il ruolo di P.G.).
Non entro infine nel merito del dibattito sullo scopo commerciale, ma vorrei
soltanto segnalare come una legge non chiara possa causare notevoli distorsioni
a danno della lotta alla pirateria è dato dal fatto che si perseguono con
certezza per lo più piccoli episodi di criminalità e si sottovalutano molto
spesso rilevanti fenomeni di duplicazione. Cito a tal fine un'esempio del quale
sono stato testimone proprio di recente. Un PM, di fronte alle prove di
un'attività di distribuzione illegale svolta da un giovane studente, che
vendeva videogiochi a poche migliaia di lire, non ha avuto nessun dubbio
nell'accordare una perquisizione domiciliare, perché il caso rientrava
perfettamente in quanto previsto dall'art 171bis. Lo stesso PM successivamente
non ha invece rilevato lo scopo commerciale in una denuncia riguardante
un'azienda utilizzatrice dove vi erano prove evidenti dell'installazione
illegale di 136 copie di vari programmi professionali (tra i quali alcuni di
alto contenuto tecnologico).
Chi ha ottenuto qui il ricavo maggiore ? Lo studente (sicuramente colpevole, ma
più che altro attivo in un mercato chiuso tra amici) o l'azienda industriale
con 60 miliardi di fatturato che ha risparmiato 200 milioni sull'acquisto di
programmi (e che potrebbe perfino aver ricettato)? Secondo tale magistrato il
secondo caso ha una semplice rilevanza sul piano civile e alcuna sul piano
penale (quindi nemmeno come violazione dell'art.171!!!)
Questo esempio non fa che sostenere la teoria (confermata anche dalla lettura
della perlomeno bizzarra proposta di legge contenuta in questo forum) della
persecuzione degli utenti indifesi da parte delle forze dell'ordine. Ma i grandi
pirati, i grandi enti pubblici o privati con centinaia di copie installate, le
grandi organizzazioni, come si è visto possono anche sfuggire. E' qui che deve
essere compiuto lo sforzo maggiore, è qui che deve essere colpita duramente la
duplicazione.
(22.06.95)
Il dr. Enzo Mazza è coordinatore anti-pirateria di Business Software
Alliance