E' ormai prassi quotidiana e diffusa la conclusione di contratti con
uno scambio delle dichiarazioni (proposta ed accettazione) che avviene
impiegando reti telematiche di trasferimento dati. Il fenomeno è largamente
presente nell'insieme di reti che prende il nome di Internet dove è ormai
possibile procedere a un vero e proprio shopping telematico di articoli come
libri, dischi, software ed altro.
Dando per scontata la validità dei contratti così conclusi ci si deve
chiedere fino a che punto è consigliabile lo svolgimento di una tale attività
giuridica nel quadro degli attuali sistemi di comunicazione telematica
caratterizzati da una congenita insicurezza che fa sorgere principalmente i
seguenti problemi:
a) come posso sapere che una dichiarazione contrattuale (ad esempio una
proposta) proviene realmente dalla persona che appare come l'autore?
(imputazione)
b) come posso essere certo che il messaggio trasmesso non ha subito
alterazioni di contenuto? (integrità)
c) come posso dimostrare che la dichiarazione da me inviata ad un altra
persona (ad esempio accettazione) sia stata effettivamente da questa ricevuta?
d) infine, anche se ho la certezza dei dati precedenti, come posso dimostrare
(ad esempio davanti ad un Tribunale) tutto ciò? (non ripudio) L'insicurezza che
caratterizza una rete come Internet non permette di raggiungere inequivocabili
certezze circa la provenienza dei messaggi e la loro integrità: i pacchetti
trasmessi, per arrivare a destinazione, attraversano infatti una miriade di
hosts dove sono potenzialmente intercettabili e modificabili; è poi alla
portata di chiunque spedire un messaggio con una falsa indicazione del mittente.
Inoltre, poiché i documenti elettronici a causa della loro peculiare forma non
sono sottoscrivibili, è inutilizzabile il tradizionale criterio di imputazione
e dato probatorio rappresentato dalla sottoscrizione.
Le moderne tecniche di criptazione a chiave pubblica, superando i limiti
della criptazione simmetrica, consentono di risolvere quasi tutti i problemi su
esposti, sottraendo così la contrattazione telematica all'unica garanzia
rappresentata dalla correttezza ed onesta dei contraenti i quali sarebbero
altrimenti liberi di disconoscere le obbligazioni assunte senza il rischio di
incorrere in alcuna efficace azione giudiziaria.
In primo luogo, va notato che la criptazione delle dichiarazioni contrattuali
con un sistema simmetrico, in cui la stessa chiave di criptazione è impiegata
prima per criptare e poi per decriptare il messaggio, permette di raggiungere
solo le certezze sub a) e sub b). Non si ottengono i risultati sub c) e sub d).
Se chiamiamo Alice il proponente e Bob l'accettante, quest'ultimo non potrà
presentarsi davanti ad un Tribunale e sostenere con possibilità di successo:
innanzitutto di aver ricevuto un messaggio da Alice, poi che il messaggio
ricevuto aveva un certo contenuto. Se Alice contesta le affermazioni di Bob,
quest'ultimo non ha strumenti efficaci per dimostrare le proprie convinzioni.
Dato che la chiave di criptazione è necessariamente nota ad entrambi i
soggetti, l'obiezione sollevabile contro Bob è quella che egli può avere
criptato un messaggio diverso e poi sostenere di averlo ricevuto da Alice. Men
che meno è raggiungibile il risultato sub c).
Questi limiti sono superabili dalla criptazione a chiave pubblica, in cui
l'algoritmo richiede l'applicazione di chiavi diverse per la criptazione e per
la decriptazione, permettendo così l'apposizione di firme digitali ai documenti
elettronici con effetti che, a certe condizioni, sono senz'altro paragonabili
alle tradizionali firme autografe.
Se Alice sottoscrive la proposta con una firma digitale (cioè la cripta
applicando la propria chiave privata), Bob che la riceve, oltre la certezza
soggettiva della provenienza della proposta da Alice e della sua integrità, ha
i mezzi per dimostrare le proprie certezze anche davanti ad un Tribunale. poiché
la chiave privata è nota (o si presume che lo sia) solo ad Alice, solo
quest'ultima ha il potere di creare quella firma digitale. Si può così provare
sia l'imputazione della dichiarazione che l'integrità di essa: le certezze di
Bob diventano delle certezze oggettivizzabili.
Non è invece immediato il risultato sub c). Alice potrà esser sicura, nonchè
dimostrare che Bob ha ricevuto il documento solo a condizione di richiedere una
sorta di ricevuta di ritorno (sempre con firma digitale). Oppure in certi
sistemi informatici di messaggistica basandosi sulle registrazioni del flusso
dei dati effettuato dagli elaboratori di smistamento dei messaggi.
La verifica dei certificati, cioè documenti elettronici che associano una
chiave pubblica ad una certa persona, impedisce il perpetrarsi di frodi mediante
l'assunzione di nomi altrui o fittizi, problema particolarmente grave per la
contrattazione nelle reti telematiche dove l'unico elemento di identificazione
è normalmente il nome speso.
Manca in Italia qualsiasi disposizione vigente che riconosca valore giuridico ai
documenti con firma digitale; la questione non si è ancora posta davanti ad
alcun Tribunale. E comunque allo stato dell'attuale normativa - naturalmente in
mancanza di uno specifico e precedente accordo delle parti contraenti in tal
senso (art. 1352 c.c. - Forme convenzionali) - non sembra che un Tribunale possa
in Italia riconoscere incondizionato valore giuridico ad un documento con firma
digitale. Ciò non sarà pensabile finchè manchi una normativa che stabilisca,
anche con poche norme, delle regole essenziali quali l'obbligo di custodia delle
chiavi private, le modalità di emissione e diffusione dei certificati, le
responsabilità dei soggetti coinvolti, e principalmente una presunzione di
attribuzione delle firme digitali a coloro che risultano dai corrispondenti
certificati e quindi un'equipollenza di questi atti con la scrittura privata.
Una legge che risponde a tutte le esigenze esposte è stata di recente emanata
nello stato americano dello Utah.
In conclusione, la contrattazione telematica nel nostro paese è ancora oggi
destinata a muoversi su un terreno piuttosto incerto, legata alla buona
coscienza dei contraenti e condizionata da tutti i classici problemi che
limitano la diffusione del documento elettronico.
Comunque, anche in queste condizioni, l'impiego di sistemi di criptazione non è
punto sconsigliabile. In primo luogo la criptazione consente di raggiungere le
certezze sub a) e sub b). E ciò non è di poco conto in un sistema insicuro
come Internet. In secondo luogo, per quanto riguarda l'attitudine a costituire
mezzi di prova utilizzabili in giudizio va ricordato che il documento
elettronico con firma digitale potrebbe costituire principio di prova per
iscritto e quindi giustificare una deroga al divieto della prova testimoniale
che vige per certi contratti (art. 2724, n. 1 c.c.). Infine, la firma digitale
può certamente contribuire alla formazione del libero convincimento del giudice
(art. 116 c.p.c.).
E' pertanto auspicabile che le nuove autostrade dell'informazione che
dovrebbero nascere nei prossimi anni sul modello di Internet si stacchino da
quest'ultimo per quanto riguarda l'approccio globale ai problemi della sicurezza
e adottino dei sistemi efficaci di controllo degli accessi, imputazione e
integrità dei documenti. I numerosi documenti sul tema (ad esempio il Rapporto
Bangemann e il documento conclusivo del vertice dei G7 di Bruxelles)
sottolineano tutti questa priorità essenziale menzionando a tal fine quasi
sempre specificamente l'impiego di tecniche criptografiche e di firma digitale.
(06.06.95)
Il dr. Raimondo Zagami è praticante notaio e collaboratore presso la
cattedra di Informatica giuridica della Luiss Guido Carli.