Gli accaparramenti dei nomi a
dominio: lei non sa chi sono io!
di Andrea Monti - 16.03.2000
Roma, 25 gennaio 2000
Registration Authority Italiana
Istituto per le Applicazioni Telematiche del CNR
Via Vittorio Alfieri, 1
56010 Ghezzano (Pisa)
e p.c.
Sen. Stefano Passigli
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Sede
Prof Stefano Rodotà
Presidente Garante tutela dati personali
L.go Teatro Valle, 6
00186 Roma
Sen. Franco Bassanini
Ministro Funzione Pubblica
C.so Vittorio Emanuele, 116
00186 Roma
Gentile Prof. Denoth
com'è noto, in data recente, il Sen. Stefano
Passigli è stato nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per
l'Innovazione tecnologica e Intemet. E' stato inoltre istituito un Comitato di
Esperti con il compito di definire le linee strategiche di indirizzo per un
approccio globale e sistematico alle problematiche inerenti alla rete INTERNET.
L'introduzione alle regole di naming già entrate in vigore il 15 dicembre us..
e l'apertura della possibilità di registrazione alle persone fisiche, che è
operativa dallo scorso 15 gennaio, sollevano problematiche che verranno
esaminate anche nei sopra citati contesti.
Nell'attesa di un intervento organico in materia, per quanto concerne le
richieste di registrazione a dominio in Intemet sotto il Top Level Domain
".it" di nomi e cognomi di persone fisiche, credo sia opportuno, per
il momento, limitare al massimo le registrazioni ai casi in cui sia provato il
titolo all'uso di quello specifico "nome cognome" da parte del
richiedente.
Vista la delicatezza della materia, sono fiducioso per la collaborazione della
Registration Authority e auspico un solerte intervento da parte degli organismi
competenti.
Cordialmente
Claudio Caprara
Consigliere Presidente del Consiglio (c.caprara@palazzochigi.it)
Questa è la lettera inviata alla Registration
Authority italiana (potete trovare l'originale sul sito
del NIC) dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito delle
polemiche scatenate dalla massiccia operazione di registrazione di nomi a
dominio da parte di alcune società, che fra l'altro si sono
"aggiudicate" anche svariati "nomicognomi.it". Curiosamente,
tra i numerosi indirizzi dell'intestazione, non compare quello dell'Autorità
per le comunicazioni (l'unica ad avere titolo istituzionale per occuparsi della
questione), mentre vengono tirati in ballo altri soggetti che ben poco c'entrano
con le regole sui domini.
In realtà si tratta di una tempesta in un
bicchier d'acqua, perché le attuali Regole di Naming consentono (magari con
qualche aggiustamento) di gestire bene le problematiche legate alla
"appropriazione indebita" di nomi a dominio. E se non dovessero essere
sufficienti, può intervenire la legge, che già prevede istituti - tutela del
diritto al nome, legge marchi - già applicati con successo anche alle
controversie sorte in questa materia.
Contro ogni buon senso, invece, il risultato di questo bailamme è -
manco a dirlo - l'invocazione dell'ennesima (inutile) regolamentazione
diretta ad aumentare i già pesanti vincoli che gravano sulle aziende
interessate (in qualità di cliente o fornitore) al mondo ICT. Alcuni
addirittura si sono sbilanciati a chiedere un decreto legge, equiparando qualche
"sveltina" commerciale alle emergenze provocate da terremoti o da
attentati alla sicurezza dello Stato.
Che l'operato degli accaparratori - come quello
di tutti gli altri che hanno fatto lo stesso pur in misura ridotta - sia
fortemente discutibile mi sembra fuori di dubbio, così come è altrettanto vero
che le regole per l'assegnazione dei nomi a dominio italiani sono sicuramente
perfettibili e le procedure di registrazione risultano ancora farraginose e
complesse.
Ma sono state fatte in modo trasparente e in buona fede, con la collaborazione
di un "esponente" pubblico (un istituto del CNR), alla presenza dell'AIIP
(Associazione Italiana Internet Provider), il cui componente Joy Marino è anche
vice presidente della Naming Authority (il soggetto che stabilisce le regole di
naming) e di due osservatori dell'Autorità per le comunicazioni (peraltro
tutti assenti all'assemblea in cui vennero prese le decisioni).
Dopo anni di inerzia, nel corso dei quali l'esistenza
dell'internet ".it" è stata affidata alla buona volontà di una
sparuta pattuglia di tecnici del CNR e di quella sgangherata e simpatica - e
onesta - "armata Brancaleone" che è la Naming Authority, ecco che il
burosauro si sveglia dal letargo per reclamare "quello che gli
spetta". E lo fa come sa, con un linguaggio cordiale ma esplicito e
perentorio: levatevi dai piedi, perché ora (???) ci pensiamo noi.
L'aspetto singolare di questa vicenda non è
tanto il fatto che il Governo abbia "scoperto" di doversi occupare
anche dei nomi a dominio (cosa che ci saremmo potuti risparmiare, se non ci
fossero stati gli stolti e inutili accaparramenti) ma il "perché"
questo accade. Fonti ufficiose, ma attendibili, riferiscono che quando alcuni
politici hanno saputo che qualcun altro aveva registrato il loro nome e cognome,
hanno perso il loro aplomb cercando a modo loro di chiudere la stalla
dopo che i buoi sono scappati. Così, invece di rivolgersi alla Magistratura per
ottenere giustizia (e magari rischiando pure la sconfitta) hanno rispolverato il
caro, vecchio "leinonsachisonoio" pensando bene di prodursi in
interrogazioni parlamentari confuse ed imprecise e in "veline" dal
contenuto inequivocabile. E si che di occasioni per occuparsi dei nomi a dominio
ce ne sono state parecchie, compreso il Forum per la società dell'informazione
(istituito proprio dalla Presidenza del Consiglio) che invece sul punto è stato
assolutamente latitante.
Ancora una volta la classe politica - e in
particolare quella che avendo specifici incarichi istituzionali in ambito ICT
dovrebbe rivelarsi maggiormente competente - si è mostrata superficiale e
impreparata.
Stando ai dati di fatto, sembra proprio che più di usare l'internet come
scusa per andare a cena, i politici non siano in grado fare.
(Per gentile concessione della rivista Web
Marketing Tools - febbraio 2000) |