Il diritto del titolare
del marchio
di Andrea Palazzolo* -
07.09.2000
Il tema affrontato dal Tribunale di Firenze
con l'ordinanza del 29 giugno scorso
rappresenta, ad avviso di chi scrive, una novità nel panorama delle pronunce
giurisprudenziali in tema di nomi di dominio (DN).
Mentre infatti la giurisprudenza si è abbondantemente occupata dei temi della
concorrenza sleale, e dei profili di carattere processuale, ci risulta che
questa sia la prima volta che si discute della questione del diritto in capo al
titolare del marchio di registrare un corrispondente nome di dominio.
Si passa pertanto ad analizzare immediatamente la questione.
L'unicità del DN preclude la registrazione
di più DN identici, e pone la questione della sussistenza o meno di un diritto,
in capo al titolare di marchio, all'ottenimento di un DN identico alla parte
nominale del proprio marchio. Ciò avrebbe notevoli conseguenze; da una parte
infatti, in forza del principio dell'unicità della registrazione,
precluderebbe la coesistenza di DN corrispondenti a marchi nella realtà uguali
tra loro, ma legittimi perché registrati per settori merceologici differenti, e
dall'altra esporrebbe chi l'abbia effettuata al risarcimento dei possibili
danni che la registrazione può recare al titolare del marchio a prescindere
dalla circostanza che tale registrazione risulti contraffattoria. Secondo l'art.
2569 c.c., "chi ha registrato (.) un nuovo marchio (.) ha diritto di
valersene in modo esclusivo per i prodotti e i servizi per i quali è stato
registrato". Analogamente, l'art. 1 l.m. prevede che "i diritti del
titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare
uso esclusivo del marchio". Occorre pertanto stabilire in
cosa consista l'uso esclusivo, per poi vagliare l'ipotesi che in tale uso
rientri implicitamente anche un diritto al DN.
A questo proposito, non bisogna dimenticare
che il titolare del marchio può comprimere la libertà dei terzi non
indiscriminatamente, ma solo in funzione del bene protetto dall'ordinamento
che tale titolarità gli accorda: la capacità distintiva del segno. Ciò è
confermato dal principio di relatività del diritto di marchio e da molte norme
della l.m., quali quelle concernenti il tipo di comportamenti che il titolare
può vietare ai terzi ex lett. a), b), c) del comma
1°, art. 1 l.m., nonché dalla liceità dell'uso descrittivo del marchio
altrui e dell'uso del proprio marchio di fatto nei limiti del preuso.
I terzi hanno pertanto diritto di usare il
marchio altrui in qualsiasi modo che non ne violi la funzione distintiva; nel
rispetto di questo limite possono anche registrarlo come DN. Pertanto, salvo che
provare la confusorietà, il titolare non ha nessuno strumento giuridico per
costringere l'assegnatario ad abbandonare o modificare il DN ottenuto. Di
conseguenza, non è neanche prospettabile l'imposizione di modifiche del DN da
parte dell'autorità giudiziaria, volte a consentire la coesistenza di due DN
corrispondenti ad altrettanti marchi legittimi: l'autorità giudiziaria potrà
imporre solo modifiche volte ad evitare, ove sussista, un rischio di confusione.
Il titolare di un marchio non vanta pertanto un positivo diritto ad ottenere un
DN corrispondente al marchio, bensì solo un diritto negativo di impedire che
terzi adoperino un DN con esso confondibile.
Bisogna tuttavia notare come la
confondibilità sia censurata a prescindere dalla circostanza che il DN abbia
precluso o meno, al titolare, l'assegnazione del DN identico al proprio marchio.
Infatti, l'interesse ad agire del titolare consiste, come in ogni normale
azione di contraffazione, nell'interesse alla cessazione dell'uso di un
segno distintivo altrui confondibile con il proprio. Non è necessario che a
ciò si aggiunga l'interesse a sostituirsi al convenuto nella titolarità del
DN.
Tuttavia il titolare del marchio sembra poter richiedere, oltre alla cessazione
della condotta lesiva, anche il trasferimento a proprio nome dell'assegnazione,
secondo quanto previsto dall'art. 25 l.m. per la registrazione del non avente
diritto.
Ciò è coerente con quanto in precedenza sostenuto: non si tratta infatti di un
positivo diritto all'ottenimento del DN corrispondente al marchio, ma di una
registrazione atta a tutelare il titolare da registrazioni che siano già state
giudicate confusorie.