di Fulvio Sarzana di Sant'Ippolito*
- 17.04.2000
Il Governo si accinge a presentare al Parlamento un disegno di legge recante
disposizioni in materia di disciplina dell'utilizzazione di nomi per la
identificazione di domini internet e servizi in rete. Il principio cardine del
provvedimento in oggetto è quello del divieto di utilizzazione di alcuni nomi
dettagliatamente indicati nell'art 1, comma 1, lettere a), b), c), d), e).
Per quanto riguarda in particolare la registrazione di nomi identici da parte
del soggetto legittimato, resta il dubbio nei casi di perfetta omonimia.Come
andrà risolto il problema? Con l'aggiunta di altri elementi tali da evitare
possibili confusioni? La regola del "primo arrivato, primo servito"
nata nel mondo anglosassone qui può creare ingiustizie ed interminabili
controversie.
Tra le prime soluzioni prospettate per risolvere il problema, che non viene
affrontato espressamente dal legislatore, vi è anche l'aggiunta di un suffisso
numerico al nome dei successivi aventi titolo con conseguenze che però
rasentano il paradosso: il signor Mario Rossi che arriva per secondo infatti
potrà al più registrare il dominio "MarioRossi2" e così via per i
successivi richiedenti: considerato il numero dei Mario Rossi esistenti in
Italia potremmo agevolmente ipotizzare una sorta di interminabile
"saga". Se poi desiderassimo ulteriormente diversificare i nomi di
dominio potremmo aggiungere anche le parole "mariorossi2-la-rivincita"
o "mariorossi3-la-vendetta" completando così il processo di
immedesimazione del sistema di assegnazione dei nomi a dominio con i migliori
film d'azione americani!
Passando ora all'esame degli altri principi, occorre evidenziare i profili
della retroattività della norma e della incommerciabilità dei nomi di dominio
ove iscritti in violazione dei divieti di cui all'articolo 1. In ordine al primo
punto è da dire che la istituenda anagrafe nazionale dei nomi di dominio ha il
potere di disporre la cancellazione della iscrizione ancorché precedente alla
data di entrata in vigore del provvedimento. In merito al secondo punto occorre
registrare una sostanziale differenza della legislazione italiana rispetto alla
normativa ed alla prassi negoziale statunitense.
Gli americani infatti, pur avendo approntato una legislazione estremamente
severa in tema di cybersquatting non si sono neppure sognati di rendere
incommerciabile qualcosa che potesse essere venduto ed infatti i contratti
relativi ai nomi di dominio, in via generale, sono perfettamente validi. La
soluzione scelta dal legislatore italiano determina invece una nullità
"assoluta" degli atti dispositivi sui domini. Questa asserzione così
netta dovrebbe in sede di approvazione del provvedimento essere rivista: la
compravendita di domini non può essere considerata, a parere di chi scrive,
illecita "di diritto": ciò che deve essere considerato illecito è il
domain grabbing ed il cybersquatting cioè l'occupazione
arbitraria di siti a scopo di illecito concorrenziale e a scopo meramente di
disturbo, ma non l'iniziativa del povero "mariorossi2-la-vendetta",
che vuole a tutti i costi, magari per fare piacere a mammà, essere identificato
solo con Mario Rossi, e che dunque agisce per vie strettamente privatistiche per
riappropriarsi del suo dominio.
E nemmeno l'iniziativa di una famosa attrice che, avendo lo stesso cognome di
un macellaio di Modena che ha messo in onda una pagina web con due enormi corna,
tenti di riappropriarsi del dominio prima che l'eventuale compagno decida di
fare un giro su internet digitando il nome della fidanzata.
In ordine poi ai poteri della "anagrafe" istituita dall'art. 2 del
disegno di legge è da osservare che la Registration Authority, istituita
presso il CNR, provvede alla registrazione dei domini e a dirimere le eventuali
controversie, nominando i membri un collegio di conciliazione ed arbitrale.
Non è specificato, ma dal testo della norma sembra potersi escludere, invece
se i soggetti coinvolti nelle controversie possano partecipare alla scelta dei
conciliatori. Dunque è lecito presumere che il soggetto che ha delle doglianze
da esprimere si deve affidare all'Autorità senza poter in alcun modo influire
sulla scelta degli arbitri. Dato l'alto livello di cointeressenza tra
l'istituenda struttura e gli organi politici potrebbe non essere facile la
situazione di un imprenditore che decida di far valere le proprie ragioni in
materia di nomi di dominio e non sia gradito all'establishment
politico-amministrativo.
Sarebbe stato più utile fornire informazioni sull'istituzione che presiede
alla creazione ed alla gestione dell'anagrafe ed affermare con chiarezza che
stiamo assistendo alla creazione di una nuova Authority (un'altra!!!),
che dispone, decide e emette provvedimenti vincolanti per i richiedenti in una
materia così rilevante (è forse utile ricordare che la valutazione dei nomi di
dominio si aggira in alcuni casi attorno a diversi miliardi) senza nemmeno una
norma istitutiva che almeno specifichi l'indipendenza degli organi di vertice
dal potere politico.
Sotto il punto di vista della tutela giurisdizionale dei richiedenti
l'attribuzione, in ultima istanza, della competenza del giudice amministrativo
in materia di controversie sui nomi di dominio suscita perplessità. Come
specificato dall'art. 1 del disegno di legge governativo infatti è vietata, se
non si è titolari del relativo diritto o non si è ottenuto il consenso
all'utilizzo, la registrazione di nomi di persone fisiche e la registrazione di
marchi e altri segni distintivi. La materia involge profili attinenti da un lato
i diritti della personalità (il diritto al nome) e dall'altro fattispecie in
violazione della legge sui marchi, aspetti tutti di spiccata rilevanza
civilistica. Così facendo si attribuisce al giudice amministrativo la tutela di
fattispecie che avrebbero dovuto ricadere nell'orbita di giurisdizione del
giudice civile, creando confusione sulla natura dei diritti tutelati.
Per concludere, l'impianto normativo relativo alla tutela dei nomi di dominio
appare alquanto fragile, probabilmente influenzato dalla fretta di rispondere
alle pressioni dell'opinione pubblica e di mostrare qualche concreto risultato
dopo il vertice dei Ministri europei a Lisbona. Gli stessi Ministri i quali,
presi dal nuovo clima di intesa tra governi dell' UE, non si sono accorti che la
predisposizione di documenti unicamente programmatici serve solo a far spendere
soldi allo Stato che invia i propri funzionari governativi. In campo nazionale,
poi, una norma tecnicamente imperfetta come quella in commento potrebbe
costituire un ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico perfino più
grave del maldestro tentativo da parte di alcuni soggetti di fare del domain
grabbing il business della vita.