Protocollo informatico, la sfida
della complessità
di Manlio Cammarata - 20.11.03Il conto alla rovescia è agli sgoccioli: esattamente tra sei settimane, il
1. gennaio 2004, dovranno essere attuate le disposizioni del Capo IV del DPR
445/2000 (testo unico sulla documentazione amministrativa, brevemente TUDA), che riguardano la gestione informatica dei documenti delle
pubbliche amministrazioni. Sono venti articoli (dal 50 al 70) che affrontano ogni
aspetto della vita del documento amministrativo, dal momento in cui viene
prodotto o acquisito da un ufficio fino alla sua archiviazione (o conservazione)
definitiva.
L'approssimarsi della scadenza, secondo la migliore tradizione italica, vede
ancora molti uffici impreparati e una percezione ancora non del
tutto chiara di diversi aspetti dell'innovazione da parte di non pochi
"addetti ai lavori". Lo testimoniano diversi messaggi che giungono in
questi giorni a InterLex con richieste di soccorso che è molto difficile
soddisfare, perché il progetto costituisce un esempio della complessità che
caratterizza le organizzazioni del nostro tempo e la sua realizzazione è una
sfida. Cerchiamo almeno di fare il punto della situazione.
La norma-chiave è il terzo comma dell'art. 50 del TUDA:
Le pubbliche amministrazioni provvedono entro il 1° gennaio 2004 a
realizzare o revisionare sistemi informativi automatizzati finalizzati alla
gestione del protocollo informatico e dei procedimenti amministrativi in
conformità alle disposizioni del presente testo unico ed alle disposizioni di
legge sulla tutela della riservatezza dei dati personali, nonché dell'articolo
15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e dei relativi regolamenti di
attuazione.
"Sistemi informativi automatizzati finalizzati alla gestione del
protocollo informatico e dei procedimenti amministrativi": che significa,
nei fatti, questa contorta formulazione? Significa che entro la scadenza
prevista le pubbliche amministrazioni interessate dovrebbero avere
"pronti" i sistemi informativi necessari alla completa trattazione
digitale delle pratiche. Questo però presuppone che le pratiche stesse siano in
formato digitale, ma in molti casi non lo sono ancora. Dunque i sistemi devono
essere "pronti", anche se ciò non significa necessariamente che
debbano essere usati in ogni caso.
Un punto molto importante che si deve tenere presente è che il protocollo è
solo una parte - essenziale - dell'intero procedimento amministrativo, una sorta di
"libro di bordo" che accompagna il procedimento da un ufficio
all'altro. E' evidente che la sua efficacia è tanto più forte quanto più alto
è il livello di digitalizzazione dell'intero procedimento, e in particolare
della documentazione.
In sostanza il protocollo informatico non può essere considerato separato dagli
altri aspetti della digitalizzazione del procedimento amministrativo, in
particolare da quelli che vanno sotto le definizioni di "gestione
informatica dei documenti" (art. 52
del TUDA), alle funzioni di accesso ai documenti e alle informazioni (art. 58 e seguenti), passando per la
"gestione dei flussi documentali" (art.
64 e seguenti), fino alla gestione degli archivi dei procedimenti conclusi (art. 67 e seguenti).
Il tutto comporta, è ovvio, la trasmissione dei documenti per posta
elettronica. Che deve essere "certificata" (vedi le Linee guida del servizio di trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata).
Per tutte queste funzioni, naturalmente, ci sono le indispensabili regole
tecniche. Così, dalla normativa specifica sul protocollo
informatico si passa a quella sulla firma digitale, alle disposizioni
sull'archiviazione ottica, sulla sicurezza e infine, ma non ultime, a quelle
sulla protezione dei dati personali. Il testo unico non è più
"unico" e l'intero quadro normativo appare piuttosto frammentato e
difficile da comprendere in una chiara visione d'insieme.
Si devono aggiungere, ancora, le disposizioni del Ministro per l'innovazione,
come la direttiva del 9 dicembre 2002 "sulla trasparenza dell'azione
amministrativa e gestione elettronica dei flussi documentali" e il decreto
del 14 ottobre 2003 sulle "linee guida per l'adozione del protocollo
informatico e per il trattamento dei procedimenti amministrativi.
Questi documenti non aggiungono nulla di sostanziale al quadro normativo
preesistente, ma cercano di chiarirlo e renderlo attuabile. Tuttavia è molto
difficile fare previsioni sul tempo che dovrà passare prima che si possa
compiere la transizione effettiva dalla "amministrazione di carta" a
quella digitale, al di là delle scadenze formali e dei risultati non
trascurabili che sono stati conseguiti negli ultimi anni.
C'è un aspetto essenziale da considerare: il sistema potrà funzionare solo
quando tutta la "filiera" sarà attiva, cioè quando un procedimento
potrà nascere e vivere in formato digitale in tutto il suo percorso . E'
sufficiente che una "stazione" sia ancora legata alla procedura
cartacea per far inceppare il sistema.
E poi non basta "realizzare o revisionare" i sistemi. Occorre
"revisionare" buona parte della cultura della burocrazia, ancora
fatalmente legata alla visione della carta e del faldone, nonostante la
massiccia diffusione degli strumenti informatici.
Ne è un chiaro esempio la persistente abitudine di diffondere i documenti delle
pubbliche amministrazioni in formato PDF, perché - si afferma - riproduce
esattamente il documento cartaceo. Ma quello che conta è l'informazione, non la
sua rappresentazione grafica!
Il PDF, un formato "culturalmente" sbagliato, perché estende al
mezzo digitale la rigidità del documento di carta. La pagina che state leggendo
è un perfetto esempio di questa affermazione: dei documenti in formato HTML è
stato facile inserire citazioni o link a specifiche informazioni, mentre quelli
in PDF possono essere richiamati solo nella loro interezza, con i relativi
lunghi tempi e alti costi di acquisizione per chi non dispone di un collegamento a larga
banda.
La rappresentazione in PDF o la "fotografia" in TIF sono necessarie
solo per la conservazione e la gestione informatica di documenti nati su carta,
e quindi per tutto il materiale prodotto "prima della rivoluzione". Il
grande punto di forza del documento informatico "lavorabile" è la flessibilità, mentre
l'inalterabilità del contenuto è assicurata dalla firma digitale o dai
"contrassegni" digitali (quelli che vanno sotto l'errata e
confusionaria definizione di "firme elettroniche" nell'attuale
contesto normativo).
In tutto questo rimangono questioni che non sembrano ancora risolte in modo
soddisfacente, come il
problema tecnico che riguarda l'apposizione e la verifica di firme o
contrassegni su specifiche sezioni dei documenti o l'aggiunta di altre
informazioni da validare mantenendo una facile verificabilità delle validazioni
parziali o precedenti.
Il sistema, nel suo insieme, appare ben congegnato ed efficiente. Ma per
funzionare, per essere efficace, richiede un intreccio di funzioni, soluzioni
tecniche e normative, oltre che di competenze che non appaiono abbastanza
diffuse.
E' stata escogitata una soluzione brillante almeno per quanto riguarda gli
aspetti applicativi: l'affidamento dei servizi in outsourcing a strutture
selezionate e certificate (vedi il documento del CNIPA Protocollo informatico: un nuovo approccio per la fornitura dei servizi alle
amministrazioni). La relativa gara è "in corso di espletamento" e
quindi dovranno passare molti mesi prima che i servizi siano effettivamente
disponibili e vadano a regime. Il che significa un sostanziale differimento
della scadenza del 1. gennaio 2004.
Comunque le linee
guida per l'adozione del protocollo informatico e per il trattamento informatico
dei procedimenti amministrativi del ministro Stanca danno un quadro
esauriente dei problemi sul tappeto.
E pure fra tante difficoltà e perplessità si deve concludere con una nota
di cauto e paziente ottimismo: di passi avanti ne sono stati fatti molti, da
quella visionaria prescrizione dell'art. 21
del DPR 513/97:
Entro il 31 dicembre 1998 le pubbliche amministrazioni dispongono per la
tenuta del protocollo amministrativo e per la gestione dei documenti con
procedura informatica al fine di consentire il reperimento immediato, la
disponibilità degli atti archiviati e l'accesso ai documenti amministrativi per
via telematica tra pubbliche amministrazioni e tra queste ed i soggetti privati
aventi diritto.
In fondo sono stati necessari cinque anni per passare dall'utopia alla
fattibilità. Considerando la situazione di partenza non è un cattivo
risultato.
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