Libertà, trasparenza e
compatibilità: non è solo un problema di software
di Giancarlo Livraghi* - 18.07.02
(Sintesi della relazione presentata per ALCEI al convegno AICA
"Conoscere per Scegliere
promuovere una cultura del software" - Milano, 18 aprile 2002)
Premesse
1. Il tema che va genericamente sotto
il nome di "opensource" o "software libero" non riguarda solo i
sistemi operativi o i programmi software, ma più estesamente tutti i sistemi
di gestione dell'informazione e della comunicazione. Non si tratta solo del
"codice sorgente" ma anche più in generale di trasparenza, compatibilità
e libertà dell'informazione, del dialogo, della comunicazione in tutte le
sue forme.
2. Non si tratta di una semplice
contrapposizione fra Windows e Linux. È vero che il monopolio Microsoft
occupa oltre l'80 % del mercato mondiale e che l'alternativa più
diffusamente disponibile (per quanto riguarda i sistemi operativi) è Linux.
Ma al di là di questa specifica situazione è essenziale definire criteri
generali e sostanziali che riguardino ogni genere di software, o soluzione
tecnica, disponibile oggi o proponibile domani.
3. È illusorio pensare che
questo problema possa essere risolto dal "mercato". I fatti dimostrano che
il mercato è profondamente distorto e non è stato capace di sviluppare
anticorpi efficaci. Perché il mercato possa funzionare in un regime di reale
concorrenza occorrono interventi forti.Da parte delle autorità politiche, dei
servizi pubblici e del mondo scientifico. Per la soluzione di questo problema
non sono sufficienti le procedure antitrust in corso da anni negli Stati
Uniti. A parte il fatto che finora non hanno ottenuto alcun risultato... anche
se avessero un esito positivo risolverebbero solo in parte il problema.
4. Non si tratta solo di un problema
tecnico. Attraverso il monopolio dei sistemi operativi si può arrivare al
controllo dei sistemi di rete e di conseguenza al controllo dell'informazione.Questa
non è un'ipotesi ma un fatto concreto. Ed è esattamente ciò che il
monopolista del software vuol fare (e anche altri che, con vari sistemi e
metodi, cercano di "centralizzare" e dominare i sistemi di comunicazione).
Finora (nel caso dell'internet) con successo solo parziale. Ma con la
dichiarata intenzione di fare molto peggio.
5. Per esempio un "linguaggio"
usato per la comunicazione in rete non è un sistema operativo. Non è, in
senso stretto, un software. Non ha (o non sembra che abbia) problemi di "codice
sorgente". Ma anche questi sistemi, nati per essere totalmente aperti,
trasparenti e compatibili, si stanno deformando. Per esempio se un singolo
soggetto riesce a imporre un suo browser, un suo sistema di posta elettronica,
eccetera, e a integrarli con il sistema operativo, acquista una indiscriminata
e poco controllabile possibilità di "pilotare" i sistemi di
comunicazione, e le attività di singole persone, imprese e organizzazioni,
senza che queste se ne rendano conto. Senza entrare in dettagli tecnici, che
sarebbero complessi, non è affatto esagerato dire che ci stiamo avvicinando
al modello del "grande fratello" di Orwell.
6. Dal punto di vista della privacy il problema non è meno grave.
Un sistema operativo gremito di
funzioni occulte, integrato con le applicazioni software e i sistemi di
comunicazione, apre inaudite possibilità di invasione, controllo e
manipolazione, che nessuno (neppure le autorità pubbliche) può controllare.
7. Questo problema, per molti
anni, è stato capito e dibattuto solo in un mondo relativamente ristretto di
tecnici, accademici, "addetti ai lavori" - e da un numero abbastanza
piccolo di persone attente agli aspetti culturali, sociali e civili.Da qualche
anno se ne parla un po' più diffusamente, ma secondo l'impostazione
limitata di cui al punto 2: "competizione" fra due sistemi operativi. Solo
recentemente ha cominciato a diffondersi una visione più sostanziale: cioè
la necessità di usare soluzioni "aperte", specialmente nei servizi
pubblici. Un "movimento" diffuso in varie parti del mondo (dall'Europa
all'America Latina) e che comincia ad arrivare anche all'attenzione dell'Unione
Europea. Vedi il documento online Libertà di software: un movimento mondiale? http://gandalf.it/mercante/merca59.htm
È significativo che in alcuni paesi (ma purtroppo non in Italia) il sistema
scolastico - a tutti i livelli - sia il settore prioritario per cui si
considera fondamentale l'uso di sistemi compatibili, aperti e trasparenti.
Il ruolo della scuola
Occorre, purtroppo, affrontare una realtà. La diffusione di sistemi "proprietari"
e incompatibili (come Windows) è così estesa che non si può evitare di
tenerne conto. Gli allievi si trovano e si troveranno, nella famiglia, nella
vita di relazione e poi nel lavoro, a dover usare e capire le soluzioni
software più abitualmente diffuse. Non è praticamente possibile insegnare
solo l'uso di altre risorse. Ma ciò non significa che non sia opportuno,
anzi necessario, dare una formazione aperta che comprenda chiare nozioni sulle
esigenze e sul potenziale dei sistemi a di là di specifiche soluzioni
tecniche.
Le possibilità sono molte. In sintesi, ecco alcuni criteri che spero possano
essere praticamente utili.
- Valori umani prima delle tecnologie
Ogni "alfabetizzazione" tecnica è secondaria rispetto alla
comprensione culturale dei valori intrinseci offerti dalle risorse di
formazione e di comunicazione. Le tecnologie sono e devono essere al
servizio delle persone, della cultura e della società - mai viceversa.
- Insegnare le funzionalità, non le funzioni
Anche nella specificità dell'insegnamento tecnico la didattica è
troppo spesso basata su un insegnamento "a pappagallo" delle
applicazioni senza capirne la natura e la funzionalità. Occorre
rovesciare radicalmente questa prospettiva così che gli studenti
comprendano i valori di funzionalità indipendentemente dalle logiche
apparenti (spesso bizzarre) delle specifiche applicazioni - e così
sappiano come adattarle alle proprie esigenze e come orientarsi quando
avranno il desiderio, o la necessità, di usare soluzioni tecniche
diverse.
- Insegnare (e praticare) un ruolo attivo
È troppo diffusa la tendenza ad accettare "passivamente" ciò che la
tecnologia propone o ciò che viene offerto online. Con il rischio non
solo di "asservimento" culturale e tecnico ma anche di subire, senza
neppure rendersene conto, ogni sorta di invadenze e manipolazioni. Un
compito essenziale della scuola, come di ogni forma di educazione, è
insegnare e praticare un costante impegno a svolgere un ruolo attivo, di
scelta e di proposta, così che ognuno sia in grado non solo di
interpretare, ma anche di modificare e adattare i sistemi alle proprie
esigenze e a un costante desiderio di allargare i propri orizzonti.
- Scegliere le applicazioni più efficienti
Anche quando sfortunatamente si è costretti a usare un sistema operativo
"chiuso", ciò non significa che se ne debbano utilizzare tutte le
applicazioni. È importante far capire agli studenti che non sono "obbligati"
a usare tutte le soluzioni così come le trovano installate, ma che
possono modificarle per renderle più funzionali e adattarle alle loro
esigenze. E anche che possono scegliere per specifiche applicazioni
software diversi, spesso disponibili gratuitamente o a prezzi molto più
bassi del software monopolistico e dei suoi "aggiornamenti forzati".
Per esempio ci sono sistemi di posta elettronica molto migliori di Outlook
(e anche meno rischiosi dal punto di vista dei virus e di altre
invadenze).
- Potenziare a basso costo le risorse tecniche
È abbastanza facile trovare sul mercato, o farsi "regalare" dalle
aziende, computer "dismessi" con capacità più che adeguate.
Ed evitare totalmente il costo del software dotandoli di un sistema
operativo opensource - come Linux.
- Usare sistemi opensource nei server
Se la scuola è dotata di un sistema centrale, o se ha un sito web, è
molto più efficiente basare il server su sistemi aperti (come Unix e in
particolare Linux, come Apache, eccetera). Questo permette, fra l'altro,
di avere una buona funzionalità con macchine meno potenti e meno
costose.
- Usare l'opensource come "chiave di volta" didattica
Le "soluzioni aperte" (nella definizione più estesa del concetto)
sono anche una "piattaforma didattica" per l'insegnamento, la
formazione, l'apprendimento e l'approfondimento di qualsiasi materia
- che sia arte o letteratura, storia o filosofia, fisica o scienze,
diritto o economia.
L'informatica e la telematica non dovrebbero essere concepite come un
settore didattico separato, ma come strumenti al servizio di tutte le
discipline e di ogni forma di sviluppo cognitivo e culturale.
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