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Pubblica amministrazione

Restituire al CNIPA il ruolo di autorità indipendente

di Massimiliano Minerva* - 24.07.06

 
Il nuovo assetto costituzionale dei diversi livelli di governo (stato, regioni, autonomie) introdotto dalla riforma del titolo V della Costituzione e ormai consolidato attraverso, soprattutto, l'interpretazione delle relative disposizioni offerta dalla Consulta, sembra ormai suggerire una rivisitazione dei soggetti istituzionali che si occupano di informatica pubblica.

Un recente segnale in questo senso è stato offerto dal nuovo governo, fin dalla sua costituzione, con l'accorpamento del Dipartimento per la funzione pubblica e del Dipartimento per l'innovazione in un unico dicastero, nell'evidente consapevolezza dell'esistenza di un inscindibile rapporto (biunivoco) tra organizzazione e innovazione tecnologica. Una consapevolezza che, del resto, il mondo aziendale ha acquisito da tempo (e che, nel settore pubblico, è stata confermata anche normativamente dal progetto "protocollo amministrativo informatico", introdotto, a suo tempo dal DPR n. 428/1998 e ora disciplinato dal titolo IV del Testo unico della documentazione amministrativa, che prevede, tra le altre cose, la costituzione, rectius l'individuazione, nell'ambito dell'ente di aree organizzative omogenee, intese come "gli uffici da considerare ai fini della gestione unica o coordinata dei documenti"). Senza dimenticare che le competenze del Dipartimento per l'innovazione varcano i confini del pubblico, per avventurarsi nei vasti territori del rapporto cittadini (e imprese)-innovazione tecnologica.

Parallelamente sembra giunto il momento di ripensare il ruolo, la natura e, soprattutto, l'ambito soggettivo di esplicazione delle funzioni, di un altro organismo, impegnato fin dal 1993 in prima persona nel processo di informatizzazione della pubblica amministrazione, l'ex Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (AIPA), ora Centro nazionale per l'informatica nella PA (CNIPA), il quale dopo aver dato una spinta propulsiva determinante nello sviluppo dell'informatica pubblica, è stato oggetto nel 2003 di un discutibile intervento normativo di deminutio istituzionale (art. 176 del DLgv 196/2003), attraverso la ricollocazione presso la Presidenza del consiglio dei ministri sotto forma di agenzia, lasciando tuttavia inalterate tutte le funzioni ad esso già intestate.

Diverse sono le ragioni di questo ripensamento.
In primo luogo, va registrata la costituzionalizzazione dell'informatica pubblica: la lettera r) del nuovo articolo 117 della Costituzione riserva alla Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di coordinamento informatico tra stato, regioni e autonomie locali. Al riguardo, va rammentato che la Corte costituzionale è intervenuta più volte sulla questione, definendo tale materia (fin dalla sent. n. 371/2004) come "una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione".

Con la successiva sentenza n. 31 del 2005 (ma si vedano anche le sentenze n. 307/2004, n. 50/2005 e n. 271/2005) la Corte ha poi precisato ulteriormente che il coordinamento tecnico può ricomprendere anche profili della legislazione relativi ai seguenti aspetti:
a) garantire l'interoperabilità e la cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni;
b) assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica;
c) generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso;
d) indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia.

La Corte costituzionale, dunque, non si limita ad affermare che il coordinamento informatico è finalizzato alla "comunicabilità" tra i sistemi informativi pubblici, ma stabilisce un sinora inedito (non solo nella sua giurisprudenza) rapporto strumentale (di garanzia) tra il "coordinamento tecnico" e "l'interoperabilità e la cooperazione applicativa tra tutte le pubbliche amministrazioni", a tutti i livelli di governo (Stato, Regioni, autonomie), i quali ultimi obiettivi (interoperabilità e cooperazione) altro non sono che il secondo e il terzo livello (oltre l'interconnessione) di quel complesso ed ambiziosissimo processo di integrazione in rete delle amministrazioni (all'inizio solo quelle statali), iniziato dall'AIPA con il progetto di Rete unitaria e proseguito con il Sistema pubblico di connettività, che intende creare una infrastruttura di rete comune a tutti i soggetti pubblici (cfr. DLgv 42/2005, oggi confluito nel Codice dell'amministrazione digitale, CAD, di cui al DLgv n. 82/2005 e successive modifiche).

Siamo alla fase finale del progetto, ma occorre un impegno forte, soprattutto da parte del nuovo governo: tutti gli sforzi tecnologici, organizzativi e finanziari dovrebbero oggi essere rivolti alla completa e omogenea (sul territorio) realizzazione della fase della cooperazione applicativa, dato che essa rappresenta la ragione ultima della progettazione della rete unitaria (e della sua evoluzione nel sistema pubblico di connettività): un sistema telematico in grado di far interagire tra di loro le amministrazioni (a tutti i livelli di autonomia e di governo) in modo da erogare servizi (amministrativi e prestazionali) ai cittadini e alle imprese, secondo criteri di omogeneità ed uniformità sul territorio nazionale. Non certo un sistema telematico in grado di veicolare soltanto messaggi di posta elettronica e traffico web.

Certo, come ricorda anche il Consiglio di Stato nel parere sulle modifiche al CAD (febbraio 2006): "su questa strada l'impegno è particolarmente complesso, soprattutto se si tende ad una cooperazione applicativa diffusa ed omogenea sul territorio nazionale. Prospettiva questa che rende ancor più evidente la necessità di un forte coordinamento dei vari livelli di autonomia".

E proprio questo è il punto che ci interessa in questa sede, il coordinamento tecnico dei vari livelli di autonomia: perché si realizzi la piena integrazione in rete di tutte le amministrazioni - e dunque, non è inutile sottolinearlo, si imbocchi la via più moderna ed efficace per innovare, razionalizzare e semplificare le procedure e la "burocrazia" italiana, adeguandola agli standard europei - è necessario che vengano adottati da tutti i soggetti pubblici "comuni linguaggi, procedure e standard omogenei" (nel che consiste, propriamente, anche nella terminologia della Corte costituzionale, il coordinamento tecnico).

Né va dimenticato che l'intero processo di innovazione deve avvenire nel rispetto del principio di solidarietà (tecnologica), che impone di garantire la diffusione delle nuove tecnologie in maniera uniforme nelle diverse realtà territoriali del Paese, in modo da evitare il fenomeno del digital divide nel settore pubblico (che aggiungerebbe arretratezza tecnologica ad arretratezza economica, del resto interdipendenti): principio, del resto, già codificato in una norma vigente del Codice dell'amministrazione digitale, il cui art. 14, comma 3, ultima parte, afferma che "lo Stato, .previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale".

Ulteriore ragione a sostegno della rivisitazione del ruolo del CNIPA nel senso di intestare ad esso funzioni generali di coordinamento tecnico, è rappresentata dal nuovo ruolo e dall'attuale assetto dei poteri e delle funzioni amministrative delle Regioni e delle Autonomie, che, come noto, costituiscono oggi il principale vettore per l'erogazione dei pubblici servizi al cittadino e alle imprese, rendendo ormai essenziale il loro coinvolgimento nelle strategie generali e il loro diretto apporto per raggiungere un livello omogeneo di sviluppo nell'offerta di servizi (art. 117, quarto comma, art. 117, sesto comma, art. 118 Cost.).

Tale riassetto istituzionale comporta notevoli conseguenze anche sul piano dell'erogazione dei servizi pubblici (amministrativi o prestazionali) in via telematica, in cui sono sempre gli enti locali a costituire il front end con il cittadino-utente: già la legge delega all'origine del CAD (la legge di semplificazione 2001, n. 229/2003), all'art. 10, co. 1, lett. b), tra i criteri di delega, riporta proprio il fine di "garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni", senza operare alcuna distinzione tra i diversi livelli di governo; lo stesso Consiglio di Stato nel citato parere sulle modifiche al CAD afferma che "la disponibilità dei servizi in rete e il godimento uniforme sul territorio nazionale dei diritti tecnologici costituisce attuazione del principio del coordinamento informatico di cui alla lettera r) del 117 Cost, oltre che della già citata esigenza di garantire livelli essenziali comuni delle prestazioni di teleamministrazione".

Si consideri, inoltre, che la delega conferita a suo tempo al Governo riguardava (co. 2 dell'art. 10) il documento informatico, la firma elettronica e la firma digitale, la sicurezza informatica dei dati e dei sistemi e che "le disposizioni relative a tali ambiti, rientrano in larga misura nella materia dell'ordinamento civile e in quella dei livelli essenziali delle prestazioni, si applicano a tutte le pubbliche amministrazioni ed ai privati." (Consiglio di Stato, parere u.c.).

Va ricordato, infine, sul fronte della tutela dei diritti, l'ampliamento, operato dal decreto modificativo del CAD, anche alle amministrazioni regionali e locali dell'ambito di applicazione del disposto di cui all'art. 3 del decreto legislativo n. 82 del 2005, che, con una disposizione dalla portata innovativa, prevede un vero e proprio diritto (immediatamente azionabile) all'uso delle tecnologie, da intendersi come diritto dei cittadini e delle imprese all'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni.
Con l'unica limitazione, per le regioni e le autonomie, costituita dalla disponibilità di "risorse tecnologiche ed organizzative" e dal "rispetto della loro autonomia normativa"; a tale ultimo riguardo si osserva che, almeno per le regioni, si potrebbe prescindere dalle suddette limitazioni tecnologiche e organizzative, tenendo presente che la disposizione disciplina il diritto all'uso delle tecnologie nelle sole "comunicazioni" con l'amministrazione (altra ben più importante limitazione oggettiva, da ripensare) e non nella generalità dei "rapporti" con la stessa (quindi, in sostanza, limitatamente all'uso del sito web istituzionale e della posta elettronica).

In sostanza, la costituzionalizzazione del principio del (necessario) coordinamento tecnico tra tutte le amministrazioni, la prospettiva (vicina) di un'infrastruttura di rete estesa a tutto il settore pubblico (e, in futuro, aperta a categorie di privati e imprese), l'erogazione di servizi secondo il modello del front-end locale e del back-office telematico, l'introduzione nel nostro ordinamento di un diritto all'uso delle tecnologie da parte di tutte le amministrazioni (con i limiti di cui si è detto), rappresentano altrettante ragioni a favore di un ripensamento del governo dell'informatica pubblica, che parta proprio dalla potestà regolatoria tecnica.

Né, a tal fine, il nuovo ruolo della Conferenza unificata e l'istituzione presso di questa di una commissione permanente in materia (art. 14 CAD, testo modificato) appare sufficiente dato che la specificità, la complessità e la rilevanza della materia sembrano richiedere stabili soluzioni organizzative che valutino, oltre agli aspetti politici, i profili strettamente tecnologici. Come ricorda anche il Consiglio di Stato nel più volte citato parere del febbraio 2006, è stato già rilevato che "L'attuazione dell'e-government nel contesto di una profonda riorganizzazione dell'Amministrazione pubblica in senso federale, richiede necessariamente un'intensa ed efficace cooperazione tra tutte le diverse tipologie di amministrazione pubblica. Tale cooperazione per essere efficace non deve limitarsi al livello della concertazione politica ma deve trasferirsi nei processi di attuazione e di gestione mediante la costituzione di specifiche strutture amministrative condivise" (v. il documento, approvato dalla Conferenza unificata il 24 luglio 2003, "L'e-government per un federalismo efficiente" del Comitato tecnico della Commissione permanente per l'innovazione e le tecnologie costituita tra i Presidenti delle regioni e il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in www.innovazione.gov.it).

In realtà, più che pensare all'istituzione di nuovi organismi (difficilmente conciliabile con il quadro generale attuale della finanza pubblica) - del tipo "Agenzia nazionale federata per l'e-government" o centri territoriali di servizio per l'e-gov, come raccomandava il Consiglio di Stato nel primo parere sul CAD (7 febbraio 2005, n. 11995/04) e la Conferenza unificata nel parere del 20 gennaio 2005 - andrebbe rafforzato il ruolo del Centro nazionale per l'informatica, in quanto principale organo di consulenza informatica di questo Paese (come del resto lo stesso Consiglio sembra dire nel secondo parere sul CAD), estendendo l'ambito soggettivo di alcune sue funzioni anche al mondo delle autonomie e, in parte (tenendo presente quanto affermato dalla Corte cost.) alle Regioni.

In particolare, tale estensione dovrebbe riguardare:
- la potestà regolatoria tecnica prevista dall'art. 7, comma 1, lett. a), del DLgv 39/1993: le regole tecniche, gli standard e le linee guida in materia di firma digitale, archiviazione su supporto informatico, protocollo informatico e, soprattutto, interconnessione, interoperabilità e cooperazione applicativa, devono essere vincolanti per tutte le amministrazioni, comprese le Regioni e gli enti locali, in quanto presupposto per la garanzia di un effettivo "coordinamento informatico" tra tutti i soggetti coinvolti;
- il potere di composizione e risoluzione dei contrasti operativi (in campo tecnologico-informatico) previsto dall'art. 7, comma 1, lett. i), del DLgv 39/1993, una disposizione forse dimenticata, certamente poco utilizzata, ma che oggi nel nuovo assetto costituzionale, andrebbe rivitalizzata, disciplinando dal punto di vista procedurale questa importante funzione (iniziativa, contraddittorio, organo "giudicante", valore della decisione, ecc.) ed estendendone soggettivamente la portata applicativa, nella consapevolezza che, nella prospettiva della piena interoperabilità e della cooperazione applicativa estesa, sempre più numerosi saranno i contrasti operativi dei vari livelli di governo della repubblica in materia di sistemi informativi e relative interconnessioni;
- la funzione di consulente privilegiato per l'informatica, almeno per i progetti di grande rilievo o di rilevante entità economica (cfr. art. 7, co. 1, lett. f) del DLgv 39) delle regioni e delle autonomie, tenendo presente che questa estensione avrebbe anche una conseguenza diretta, misurabile, in termini di minori spese per le consulenze esterne in materia informatica.

La natura eminentemente tecnica (informatica) delle regole da emanare e dei criteri in base ai quali risolvere i contrasti operativi tra gli attori pubblici esclude che tali compiti possano essere svolti dal Dipartimento dell'innovazione, anche perché non appare opportuno che tale dipartimento, emanazione diretta del governo centrale, emani regole tecniche valide anche per le autonomie o che, sotto altro profilo, possano avere l'effetto di escludere dal mercato informatico aziende o gruppi imprenditoriali e, soprattutto, risolva contrasti operativi che coinvolgano le autonomie ed altri enti dell'amministrazione centrale (risultando leso il principio di terzietà e di imparzialità di giudizio).

Mentre un'autorità indipendente, che agisca con "piena autonomia, indipendenza di giudizio e di valutazione" (art. 4 del DLgv. 39/1993, versione originaria) - motivo per il quale andrebbe restituita al CNIPA la sua originaria natura, attraverso la soppressione dell'art. 176 del DLgv n. 196/2003, citato all'inizio - risulterebbe più coerente con il concreto atteggiarsi dei compiti da svolgere e con la diversa collocazione istituzionale dei vari soggetti coinvolti nel processo di modernizzazione del Paese.

Un'autorità (non di nuova istituzione, in quanto ritorno all'originaria natura di organismo già esistente) che risulterebbe, tra l'altro, del tutto coerente con le più recenti affermazioni della dottrina sul ruolo e la natura di questi organismi, che tendono a sottolineare (in opposizione alla tendenza verso l'eccessiva proliferazione di tali modelli) la necessità di una copertura costituzionale della missione istituzionale (oggi, l'art. 117, lett. r, "coordinamento informatico di tutti i soggetti pubblici") e, soprattutto nella nuova prospettiva di maggiore valorizzazione delle autonomie, la funzione di garanzia dell'omogeneità dei livelli essenziali delle prestazioni sul territorio nazionale (nel nostro caso, con riferimento ai servizi pubblici erogati via rete, alla validità del documento informatico pubblico, ecc.), attraverso il riconoscimento di una generale potestà regolatoria tecnica e del potere di risoluzione dei contrasti operativi tra tutti i soggetti coinvolti.
 

* Magistrato della Corte dei conti - Docente di Informatica giuridica presso l'Università del Sannio di Benevento

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