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Giovani Buonomo

Processo telematico e firma digitale

Giuffrè editore, Milano, 2004
pp XIII - 322, € 22,00
 
Giovanni Buonomo è stato uno dei componenti della commissione dell'AIPA che tra il '96 e il '97 ha scritto il DPR 513/97, la prima normativa organica nel mondo che ha accolto nell'ordinamento giuridico gli strumenti messi a disposizione dalle tecnologie. Oggi è giudice presso il tribunale civile di Roma: quanto basta per rendersi conto, prima ancora di aprire il libro, del livello di competenza dell'autore.
Ma "Processo telematico e firma digitale" non è solo un libro che offre un quadro completo e corretto della materia, perché Buonomo nell'affrontare i problemi mette in campo anche uno spirito critico e una passione  non comuni.

Dunque non solo l'analisi delle norme e il loro inserimento nel quadro generale, non solo la ricostruzione della loro genesi, ma anche una attenta e impietosa indagine sugli aspetti problematici. Così per la prima volta leggiamo l'esposizione dei meccanismi e dei vantaggi del processo telematico, ma possiamo anche renderci conto di come sia difficile la loro adozione nei tribunali, a causa di non poche "illusioni" o sviste del legislatore. La seconda parte, sulla firma digitale, può essere considerata il testo "definitivo" sulla materia prima del Codice dell'amministrazione digitale, a chiudere una letteratura sterminata e troppe volte non corretta negli agganci alla tecnologia e superficiale nell'analisi normativa.

Ora non resta che aspettare una nuova edizione, che affronti i non pochi problemi sollevati dal "Codice", con il rigore e la chiarezza che fanno di ogni testo di Buonomo un esempio di come si dovrebbero affrontare i progressi (e i regressi) del diritto di fronte alla diffusione delle tecnologie dell'informazione.

Purtroppo ancora una vola si impone un post-scriptum sulle scelte dell'editore: più di metà del volume è occupata dalla solita appendice normativa. Inutile, perché oggi tutti questi testi si trovano in rete. Dannosa, perché fa lievitare il prezzo di copertina e quindi nuoce a una più ampia diffusione della conoscenza. E non si dica che il volume più grosso si vende di più, perché chi conosce i libri sa che spesso sono come i vini: nella botte piccola c'è quello buono.

(M. C. 12.05.05

 
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