Note minime sul codice dei fornitori
di Andrea Monti - 30.07.98
Il tema dell'autodisciplina nell'erogazione di
servizi di telecomunicazioni basati sul TCP/IP (in breve, servizi internet)
torna periodicamente alla ribalta ogni volta che - nel bene e nel male - la
cronaca si occupa della Rete.
Negli ultimi tempi, grazie anche all'impulso dell'Unione Europea, in Italia si
sono moltiplicati gli sforzi per giungere ad una formulazione quanto più
coerente possibile di un vero e proprio codice, ma i risultati non sono stati -
in generale - affatto soddisfacenti. La situazione, poi, è ulteriormente
complicata per via della pluralità dei soggetti normativamente legittimati ad
interloquire sul punto, basta pensare all'Antitrust, all'Autorità per le
comunicazioni, all'AIPA e - da ultimo - al Garante per i dati personali
(brillano per la loro sostanziale assenza le associazioni dei fornitori di
servizi), anche se appare possibile individuare alcuni punti fermi.
In primo luogo quello della vincolatività:
avendo a mente l'esperienza compiuta nell'ambito della pubblicità, un eventuale
codice di autodisciplina non potrebbe che riguardare i fornitori di servizi
di telecomunicazioni essendo gli utenti soggetti soltanto alla legge.
In secondo luogo quello dell'afflittività: un
codice di autoregolamentazione privo di sanzioni effettivamente comminabili è -
in punto di fatto - inutile.
In terzo luogo quello della natura giuridica:
siamo di fronte ad uno strumento pattizio complementare rispetto alla Legge,
privo di automatica efficacia erga omnes.e di rango normativo. Del resto
è la formulazione letterale dell'art. 31 lett h) della 675/96 che attribuisce
all'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali il compito di promuovere
nell'ambito delle categorie interessate, nell'osservanza del principio di
rappresentatività, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona
condotta per determinati settori, verificarne la conformità alle leggi e ai
regolamenti anche attraverso l'esame di osservazioni di soggetti interessati e
contribuire a garantirne la diffusione e il rispetto; ad evidenziare come
l'eventuale strumento regolatore non sia oggetto di una "recezione" ma
goda di un "semplice" imprimatur che è certo più di una mera
presa d'atto, ma non abbastanza da qualificare il nascituro codice come fonte
del diritto.
Ritengo tuttavia che il nodo da sciogliere
relativamente al tema trattato sia quello del evidentemente quello del
"riparto di competenza".
La cognizione del Garante per la protezione dei dati personali è evidentemente
limitata appunto alle modalità di erogazione dei servizi internet che incidono
sui beni giuridici tutelati dalla legge 675/96 e difficilmente potrebbe
estendersi ad altri settori (tutela del consumatore, garanzie per gli operatori,
responsabilità civile) di competenza di alcuni degli organi suindicati.
Due sono le possibilità: ognuno corre da solo, e le conseguenze sono talmente
evidenti da non richiedere spiegazioni oppure si concorda - nell'ambito dei
rispettivi spazi - un testo unitario.
Quand'anche si arrivasse a questo risultato
comunque comunque saremmo solo all'inzio, perché il passo successivo - ottenere
la sottoscrizione da parte degli operatori - si presenta almeno altrettanto
complesso di quello appena compiuto.
|