Hacker contro pedofili: crociata o
istigazione a delinquere?
di Andrea Monti*
- 03.12.98
(Anticipiamo, per gentile concessione
dell'editore, l'articolo che sarà pubblicato sul numero di gennaio 1999 del
mensile Computer Programming)
La notizia è pubblicata sul "Corriere della
Sera" del 13 novembre scorso: un sacerdote del siracusano - già noto per
le sue crociate anti-pedofili culminate nella denuncia di siti contenenti
materiale osceno, sconsolato per la pochezza dei risultati (operazioni
internazionali che scovano quattro gatti, per di più solo "guardoni")
decide - in ossequio alla universale massima filosofica "chi fa da sé, fa
per tre" - di farsi giustizia da solo... Beh, quasi, visto che per
raggiungere lo scopo avrebbe radunato una quarantina di (sedicenti) hacker.
Il gruppo coordinato dal sacerdote ha pensato di darsi una veste giuridica, e
dunque - da quanto è dato di capire - pare sia costituito in un'associazione
che - come vedremo - potrebbe sconfinare nell'associazione a delinquere.
Una delle prime uscite pubbliche di questa APHC (Anti-Pedo Hacker Crusade) è un
comunicato dal tenore inquietante sia per la forma (alquanto sgrammaticata) sia
per i contenuti (inni al vigilantismo e alla limitazione della libertà di
espressione, deliberata violazione di leggi) che commenterò qui di seguito.
A scanso di equivoci
Tanto per essere chiari: ho intenzione di
esprimere opinioni fortemente critiche su questa vicenda e quindi, per una
questione di correttezza, non citerò dei passi ma il testo integrale del
comunicato stampa in questione.
Credo inoltre necessario fare alcune precisazioni.
Come oramai saprete, la recente storia giudiziaria è piena di indagini
costruite sulla minaccia del "pericolo elettronico numero 1" di turno,
di volta in volta incarnato da gente che cerca di non pagare la bolletta o
dedita al cambio delle home-page. Intendiamoci, non che tutto questo sia
accettabile (se il fatto è previsto dalla legge come reato, c'è poco da
fare), ma certamente non si tratta di emergenze di sicurezza nazionale. Ogni
volta i mezzi di informazione hanno fatto a gara per rappresentare questi fatti
come un allarme per il futuro prossimo venturo, auspicando interventi normativi,
processi e quant'altro.
Ora siamo di fronte ad un fenomeno (almeno per i più) nuovo: niente geni dei
computer, niente server supersegreti, nulla di tutto ciò; soltanto delle
persone che hanno deciso di farsi giustizia da sole usando una tecnologia
complessa invece di forche e roghi.
In altre parole, siamo di fronte al tentativo di legalizzare (o moralizzare) l'intolleranza,
tentativo che, se dovesse giungere a compimento, produrrebbe effetti devastanti.
Andiamo a incominciare
Lettera aperta degli hackers contro la
pedofilia in rete
Credo di poter vantare una certa esperienza nel settore che impropriamente
viene definito hacking e fra le tante incertezze, uno dei pochi punti
fissi è che la "categoria" non è sindacalizzata, non ha - cioè -
rappresentanti o rappresentanze che possano arrogarsi il diritto di parlare a
nome di tutti. Il comunicato stampa risulta dunque quantomeno ambiguo già dal
titolo (BTW, non mi risulta che Richard Stallman o Lee Felnstein o Steve Jobs o
qualsiasi altro hacker vero abbia aderito a questa campagna)
La recente alleanza con il Telefono Arcobaleno
di don Fortunato Di Noto per la lotta alla pedofilia in rete, ha posto gli
hackers al centro di un interessante dibattito nel quale gli hackers stessi non
intendono svolgere un ruolo di spettatori, ma al contrario desiderano
partecipare in una logica di dialogo e di massimo rispetto verso le più diverse
opinioni. Don Fortunato è un innovatore e forse un rivoluzionario perché ha
deciso di allearsi con i pirati o forse ha saputo semplicemente sfruttare le
potenzialità e la buona fede di persone scarsamente capite e spesso inutilmente
combattute?
Facciamo a capirci: è vero che sull'hacking è in corso un dibattito
scientifico e giudiziario molto acceso, nel quale ho assunto spesso posizione di
forte contrasto con la formulazione della legge vigente, ma non mi sono mai
sognato di considerare martiri dei soggetti che commettono atti illeciti.
La verità e che la rete, al di la delle sue
infinite doti, della sua straordinaria essenza libertaria, della sua natura
democratica, oggi, cosi come è, offre notevoli vantaggi a criminali di vario
genere tra cui si annoverano in prima linea i pedofili. Chi voglia negare tale
ultima circostanza difficilmente potrebbe essere giudicato intellettualmente
onesto.
Questa è una bufala bella e buona. Nonostante i metodi di indagine - a
volte discutibili - adottati dalle Forze dell'ordine, non si può discutere il
fatto che la trasparenza della Rete consente di raggiungere e identificare
abbastanza facilmente i responsabili di certe azioni (poi si può discutere su
come sono state fatte le indagini, sulla correttezza tecnica della formulazione
degli articoli di legge, ma questo è un altro paio di maniche).
Quanto alla questione dell'onestà intellettuale, sarebbe interessante
conoscere le fonti che vedono i pedofili ai vertici dell'Internet criminale,
specie perché anche le pubblicazioni scientifiche più recenti (es.
Serra-Strano Nuove frontiere della criminalità Milano 1997) non
forniscono dati rilevanti sul punto. Di regola, quando si citano dati si
dovrebbe fare altrettanto con la loro provenienza, altrimenti si fa strada il
sospetto che i dati non sono attendibili o che non esistono.
Il dibattito circa una eventuale
regolamentazione della rete delle reti pone difficili questioni di diritto, con
delicati risvolti sociologici e filosofici che non riteniamo di dover
affrontare.
Internet è già ciò che desideriamo e la legge italiana e già fin troppo
efficace, sulla carta.
Resta un problema. La normativa e assolutamente inutile. Perché il
cyberspazio non conosce confini ne delimitazione geografica e non ha
giurisdizione. Allora, il dibattito dovrà necessariamente svolgersi su scala
mondiale perché la rete e una questione globale.
Spirito di John Perry Barlow se ci sei batti un colpo. Evidentemente gli
"hacker" autori di questo comunicato vivono in un mondo tutto loro.
Oramai nessuno più crede alla favole del ciberspazio (che non si scrive con la
"y") e i casi giudiziari dei quali in molte occasioni ho parlato su
queste pagine hanno chiaramente sgombrato il campo da queste fandonie. La legge
prevede una serie di criteri per l'individuazione del locus commissi
delicti e - a condizione di avere una buona preparazione tecnica - non è
difficilissimo risolvere buona parte dei problemi teorici che si incontrano.
Altro discorso è quello della effettiva perseguibilità dei sospettati nel caso
di reati commessi parzialmente all'estero o di soggetti dimoranti all'esterno
dei confini nazionali, ma i problemi causati dall'estradizione non sono
affatto ignoti al diritto penale internazionale e non ci voleva certo la Rete
per farli emergere.
A tale dibattito noi non vogliamo partecipare,
almeno in questa circostanza.
Ma cosa fare se ci si imbatte in una bambina di soli 8 anni che viene
brutalmente stuprata?
Se ciò accadesse per strada, anche il più pacifista degli uomini
interverrebbe, e, forse, metterebbe a repentaglio la propria stessa vita per
salvarla. Se accadesse sulla prima pagina del Corriere della Sera o del New York
Time, probabilmente lo sdegno sarebbe generale. Se accade in Internet, ma
solo in Internet, i nemici della bambina divengono due: il pedofilo stupratore e
la libertà. Cioè la libertà del pedofilo di stuprare in rete. E la
libertà della bimba?
A parte che non riesco ad immaginare come si possa stuprare qualcuno sulla
prima pagina del Corriere della Sera, (si stende il giornale per terra e poi si
fa attenzione a non uscire dal foglio di carta?), ancora più difficile è
immaginare come lo si possa fare su Internet. Forse gli estensori di questo
documento, oramai prigionieri del "virtuale", hanno una scarsa
dimestichezza con le questioni fisiche. Al di là della boutade, l'affermazione
grave è quella secondo la quale la libertà sarebbe nemica della tutela dei
minori, un ritornello che è stato già suonato molte volte, per esempio ai
tempi del Communication Decency Act
Ecco perché ci siamo alleati con don
Fortunato, perché crediamo che l'esercito dei difensori della libertà della
rete e, indirettamente, dei pedofili fosse già fin troppo affollato.
Bell'argomento. siccome non c'era posto da un lato, ci siamo buttati
sull'altro, complimenti! Bell'esercizio di democrazia e senso civico è
invece affermare che la difesa della libertà sia atto diretto a garantire la
commissione di reati. E' abbastanza banale notare che se non ci fosse questa
vituperata libertà di espressione, bestialità del genere (mi riferisco al
comunicato stampa) sarebbero state censurate ab ovo. Ma a differenza dei
miei contraddittori, pur criticandone ferocemente le posizioni, non mi sognerei
mai di invocare la loro riduzione al silenzio!
E' quella bambina che ci interessa (Freud
avrebbe molto da dire in proposito.) e tentiamo di proteggerla non
violando la legge ma sfruttando, questa volta a nostro vantaggio, le molte
lacune giuridiche che tuttora permangono e che ci consentono buon margine di
manovra.
Mi dispiace deludere questi signori, ma le "molte lacune
giuridiche" alle quali fanno riferimento non esistono, anzi grazie a loro
abbiamo finalmente uno dei primi casi di applicazione della legge sui reati
informatici che prescinde dagli scopi classici degli intrusori (curiosità,
sfida e via discorrendo). Siamo in presenza di atti al limite del terrorismo
E tuttavia ci siamo dati anche noi un nostro
codice etico:
Che notoriamente non costituisce una scusa: è una questione di par
condicio, se vanno condannati quelli che accedono ad una macchina per il
puro gusto di farlo, identico trattamento dovrebbe essere riservato a questi
tizi. In ogni caso, per il codice penale tutto questo può rilevare ai fini
della configurazione di un'attenuante, non certo per escludere l'esistenza
del reato.
quando facciamo chiudere un sito, noi non lo
"distruggiamo", perché sarebbe stupido distruggere le prove del
reato, e far chiudere un sito, senza fare arrestare il proprietario; non serve
proprio a nulla, in quanto se il pedofilo ha le sue pagine Web, e le sue
immagini su hard disk, bastano 20 minuti per aprire un nuovo sito.
Interessante. Mica non fanno danni perché è illegale. si astengono dal
provocarli solo perché non serve a nulla, dal che si deduce che se ritenessero
necessario radere al suolo un server non si farebbero scrupoli.
Quando troviamo un sito per pedofili, noi
semplicemente ci entriamo, raccogliamo quante più informazioni possibili sul
possessore, e le rendiamo note ai responsabili della compagnia che ospita il
sito incriminato, saranno poi loro a passare tutte le informazioni da loro e da
noi raccolte alle forze dell'ordine competenti.
Il tutto in evidente violazione delle norme che puniscono l'accesso
abusivo, la detenzione e lo scambio di codici di accesso necessari per l'intrusione,
l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni; e delle norme sulla tutela della
legge sui dati personali.
Si precisa, che chiudere i siti per pedofili,
non è l'unico servizio offerto dall'APHC (Anti-Pedo Hackers Crusade) Infatti
offriamo assistenza ai genitori, preoccupati della sicurezza dei loro figli in
Rete; e aiutiamo le famiglie di bambini gravemente malati (attualmente ne stiamo
aiutando due) pubblicizzando in modo massiccio le informazioni riguardanti i
loro bambini, in modo che il numero più alto dei medici ne sia a conoscenza, e
possa aiutare quelle famiglie.
Qui siamo al puro grottesco.
Ma se involontariamente abbiamo violato
qualche regola possiamo solo dire che ci dispiace ma se questo può evitare che
anche solo un bambino subisca delle violenze, siamo pronti a rifarlo non una ma
cento volte.
Il fatto che costoro abbiano violato la legge mi sembra pacifico, come è
altrettanto pacifico che sappiano perfettamente quali norme stavano violando
(ancora una volta la storia delle lacune normative), quindi questa
giustificazione non richiesta mi pare alquanto indicativa.
Don Milani violò la legge ma fu assolto anche
perché seppe spiegarne la ragione.
Egli disse: "in quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso
dire ai miei ragazzi che l'unico modo di amare la legge è d'obbedirla. Posso
solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da
osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole).Quando
invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del
forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate".
Bello! Ho imparato qualcosa! Non sapevo che gli hacker, fra un Linux
How-To e uno schema elettrico si dilettassero pure di certe letture, dopo
Confucio, anche la Conferenza Episcopale entra nel computer!
Con questo non intendo mancare di rispetto alle convinzioni religiose di
nessuno, ma in uno stato laico quale è il nostro, non si può ritirare fuori
una costruzione teocratica volta ad affermare il primato della norma morale su
quella giuridica. Sono d'accordo che se una legge è sbagliata si deva far di
tutto per farla cambiare, ma quando si sceglie questa strada comunque si è
disposti a pagare di persona (come insegnano le iniziative promosse da Marco
Pannella sulla liberalizzazione delle droghe leggere). In ogni caso c'è modo
e modo di ottenere l'abrogazione o la modifica di leggi vigenti o l'emanazione
di nuove: a Roma esiste una cosa che si chiama Parlamento, never heard about?
Vi sono bambini stuprati da cani, venduti
all'asta come carne da macello mentre il mondo si affanna a scandalizzarsi se un
prete si allea con gli hackers per cercare un rimedio ed invece non affila le
armi a difesa dell'infanzia.
Fatti che esistevano ben prima della diffusione della Rete ed è
assolutamente improprio associarli ad un strumento tecnico che - come
dimostrano le recenti indagini di polizia, addirittura facilita (e mi ripeto) l'identificazione
dei soggetti agenti (a prescindere da cosa abbiano fatto in concreto)
I giovani rischiano di non capire.
E continueranno a non capire se i problemi sono posti in questi termini
confusi e deliranti.
"C'è un modo solo per uscire da questo
macabro gioco di parole - dice ancora don Milani - avere il coraggio di dire ai
giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una
virtù ma la più subdola delle tentazioni, che non credono di potersene far
scudo né davanti agli uomini né davanti a dio, che bisogna che si sentano
ognuno l'unico responsabile di tutto. A questo patto l'umanità porta dire di
aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo
progresso tecnico".
Se non ricordo male uno dei principi che regolano l'agire dei Gesuiti -
un ordine che dell'obbedienza ha fatto un modello di comportamento - è perinde
ac cadaver.
APHC (Anti-Pedo Hackers Crusade)
Il Presidente
Il Vicepresidente
In Rete si trovano informazioni su molti gruppi hacker wanna-be che
pubblicano e-zine, come The Black Page o System Down e
francamente non mi sono mai imbattuto in presidenti, vice-presidenti, tesorieri,
segretari.
http://members.xoom.com/AP_C/index.html
Per i più curiosi questa è la home-page
dei vigilantes
Conclusioni
Tiriamo le somme.
Questa vicenda è stata liquidata da molti come una sciocchezza priva di reale
consistenza, ma non sono d'accordo con questa analisi: il documento citato
nelle righe precedenti è un condensato di vuoto culturale, e di pericolosa
istigazione a delinquere.
Siamo di fronte ad un gruppo di persone che esplicitamente dichiara di avere
lanciato (o di avere intenzione di lanciare) azioni dirette alla commissione di
una serie di reati, invocando a scusa il perseguire una "giusta
causa". Sostiene inoltre il gruppo che la difesa della libertà di
espressione non può essere una scusa per consentire la commissione di atti
illeciti.
Ciò significa in altri termini arrogarsi il diritto di stabilire
unilateralmente ciò che è giusto e ciò che non lo è, in spregio a qualsiasi
norma positiva. E' fin troppo facile immaginare che - passato il principio -
questo esercito privato possa decidere di rivolgere le proprie
"giuste" attenzioni verso altre confessioni religiose o gruppi etnici
indesiderati o verso chi esprime opinioni in contrasto con le loro... basterà
semplicemente innalzare lo stendardo della "guerra santa".
Liberi ovviamente di esprimere le loro opinioni, ma obbligati a subire le
conseguenze delle loro azioni (a tal proposito, sarebbe interessante sapere come
mai, se sono convinti di non fare nulla di male, questo gruppo non fa nomi
diversi da quelli del sacerdote che lo avrebbe costituito).
In ogni caso credo che la parola dovrebbe essere lasciata alla magistratura,
perché verifichi se effettivamente sono stati commessi i reati ipotizzati,
perché - lo ripeto - a nessuno può essere consentito di farsi giustizia da
sé; nemmeno a degli anacronistici crociati teocratici. Ho la sensazione
tuttavia che non succederà nulla di tutto questo. spero, una volta tanto di
sbagliarmi.
Il dato che invece mi pare interessante sotto il profilo criminologico è che
forme di criminalità - come quelle a sfondo integralista - normalmente
lontane dalla tecnologia cominciano ad interessarsi sempre di più ai nuovi
mezzi.
Certo per i rivoluzionari di AHPC è molto più sicuro andare a caccia di
presunti pervertiti piuttosto che provocare sommovimenti di piazza, magari
rischiando di inciampare con la faccia su qualche sfollagente.
Che ci volete fare, è il segno dei tempi, non ci sono più i Pancho Villa di
una volta...
* Avvocato
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