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 Le regole dell'internet

Considerazioni sul convegno "I diritti telematici"
di Andrea Monti - 05.03.99

La "internet.it" si avvia a compiere il suo quinto compleanno, ma non è ancora passata dall'infanzia all'adolescenza (e l'età adulta - il che è peggio - è ancora molto lontana). I numeri sono estremamente chiari: sia in valore assoluto, sia come tasso di crescita - vedi le recenti analisi condotte da Il mercante in Rete - lo sviluppo della Rete italiana è a livelli molto bassi e non sono certo le dichiarazioni trionfalistiche sul numero di utenti in perenne "crescita esponenziale" a mutare lo stato di fatto.

Nel frattempo il mondo dell'impresa - dopo una prima infatuazione - comincia a recuperare pragmatismo e a chiedersi senza mezzi termini: "internet... che ci faccio?"
Di certo non ci si può fare commercio elettronico visto che il 70% della Rete è in America, e il mercato dell'utenza italiana consumer è quasi inesistente.
I fornitori di servizi (contenuti e connettività) navigano a vista in un tempestoso mare legislativo che si occupa sistematicamente di cose inutili e affollato di iceberg giudiziari (sentenze a dir poco pazzesche che puniscono la detenzione di programmi privi di licenza con pene superiori a quelle applicate per l'omicidio colposo).

Gli utenti - grazie alla disinformazione organizzata dei media tradizionali - sono da un lato terrorizzati di subire chissà quali vessazioni se collegano il PC alla linea telefonica, dall'altro sentono aleggiare attorno al modem schiere di controllori abbigliati con le uniformi più diverse (non solo quelle con le stellette, ma anche quelle dei grandi potentati economici) che vigilano scrupolosamente sui contenuti di mailing list, chat, newsgroup e web pronti a reprimere ogni "voce fuori dal coro".

Dal canto loro politici e legislatori si ostinano a considerare questo strumento come un giocattolo per intellettuali o per adolescenti perdigiorno, avallando prassi giudiziarie (lo scandalo dei sequestri di computer che si consuma ininterrottamente da cinque anni) e norme clamorosamente dirette alla tutela di specifici interessi economici (la riforma sul diritto d'autore attualmente in discussione al Senato o la proposta di direttiva comunitaria sullo stesso argomento).

Certo, a sentire le dichiarazioni ufficiali rilasciate in occasioni pubbliche da questo o quel rappresentante di partito sembra esattamente il contrario: pare che nessuno possa fare a meno della Rete e dunque si moltiplicano iniziative volte a promuovere incentivazioni, feste europee dell'internet e chi più ne ha più ne metta, ma - si dice - i notebook superattrezzati consegnati ai parlamentari sono finiti nelle mani di figli e nipoti (sarà mica peculato?), e nonostante ciascun politico sia dotato di e-mail, le convocazioni delle assemblee avvengono ancora con sistemi cartacei. Le proposte di incentivazioni (condivisibili in sé) vengono orientate al raggiungimento di obiettivi sbagliati come l'acquisto di computer ultrapotenti, quando per usare bene la Rete non sere un mega-computer, basta un pentium 133 o addirittura un 486.

Breve: la realtà dei fatti suggerisce considerazioni di segno assolutamente contrario e non stupisce che l'andamento del PIM (Politico Italiano Medio) sia a livelli di minimo storico. Ci sono timidi segnali di apertura al dialogo (come nel caso di questo convegno, organizzato a Roma dal gruppo parlamentare dei Verdi al Senato) ma la percezione generale, è che, salva qualche eccezione, il mondo della politica sia ancora molto, troppo lontano dal percepire i problemi veri che affliggono la Rete. Le priorità sono chiare da tempo: occorrono minori costi per la connettività, una concorrenza effettiva e trasparente, la creazione di un mercato, ma non solo. Serve soprattutto la diffusione di una cultura nell'impiego di questo mezzo, che ne evidenzi nuovamente la caratteristica principale, quell'interattività caduta nel dimenticatoio a vantaggio di una visione web-centrica che trasforma l'internet in un parente povero della televisione, altrettanto se non più desolatamente produttore di passività

Ma se il Parlamento continua a gingillarsi con questioni fumose e trendy, l'alba di questo giorno è rinviata a data da destinarsi.