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Le regole dell'internet

Se lo Stato minaccia democrazia su internet

di Diana Bautista* - 12.04.07

 

Nel dicembre del 2006 il settimanale statunitense “Time” ha scelto come personaggio dell’anno tutti noi navigatori della Rete. Cito testualmente Lev Grossman Per aver preso le redini dei media globali, per aver fondato e aver dato forma alla nuova democrazia digitale, per aver lavorato gratis e aver battuto i professionisti al loro stesso gioco, il personaggio dell’anno 2006 di Time siete voi. Se avessimo scelto un individuo avremmo dovuto motivare perché questa persona ha influenzato milioni di altre persone: scegliendo invece milioni di persone, come accade quest’anno, non siamo obbligati ad alcuna motivazione”.

Voglio sottolineare il termine utilizzato: “per aver dato forma alla nuova democrazia digitale”. Per arrivare a questa democrazia bisogna soprattutto non dimenticare la natura di internet, che è precisamente trasmettere informazione attraverso la rete utilizzando bene le parole, i giochi, i video, ecc.
Regolare giuridicamente internet nella stessa forma con cui si regolano gli ordinamenti non virtuali, tanto dal punto privatistico come dal punto da vista pubblico, sarebbe restringere il suo sviluppo. Questo non significa negare l’importanza del diritto su internet, ma ciò che si richiede è che non esista una eccessiva proliferazione delle norme.

Nel momento dell’apparire del mondo dell’informatica non esisteva una legislazione che avesse previsto situazioni giuridiche che questo nuovo mondo virtuale avrebbe portato e che ovviamente si sarebbe collegato con il diritto non virtuale.
L’uso d’internet ha permesso di concertare contratti fra le società, fra le società ed i consumatori, fra le società e gli enti, e cosi fra una ampia gamma di soggetti che operano su internet.
Nasce con questo un commercio elettronico e con esso i contratti.

Il contratto elettronico ha diverse definizioni. Alcuni autori lo considerarono come contratto celebrato senza la presenza fisica simultanea degli attori, dando infatti il consenso in origine e il destinatario per mezzo di apparecchi elettronici con trattamento ed archivio dei dati connessi via cavo, radio, fibre ottiche (vedi www.injef.com “ El contrato electronico y el Derecho Internacional Privado”).
Altri autori lo definiscono come quello in cui l’accettazione si trasmette per mezzo di apparecchi elettronici di trattamento e archivio dati, connesso a una rete di telecomunicazioni.

Ogni dottrina interpreta la definizione di contratto elettronico come meglio ritiene arrivando infine a concezioni per niente omogenee. Nascono allora i problemi che questi contratti virtuali non corrispondono agli impianti teorici della dottrina dei contratti, per il momento ed il luogo dell’accettazione del contratto, se si parla di contratti fra assenti o a distanza, come anche per quella della capacita effettiva delle parti: un esempio recente è stato quello di un bambino di tre anni che ha comprato su eBay un’auto da 14mila euro: il bambino era da solo davanti al computer, ha cliccato sull’immagine della machina, scegliendo un’offerta. L’ordine è stato poi cancellato per l’intervento del padre che ha contattato il venditore. (Martedì 26 settembre 2006, giornale “Fatti”).

Se lo Stato intendesse di essere l’unico soggetto capace di esaurire tutte le possibili norme riguardo a internet, allora comprometterebbe la vera natura della democrazia su internet.
Le nuove disposizioni dovrebbero prevedere una speciale disciplina proprio per lo strumento usato, dove la sua peculiarità pone nuovi problemi nell’ applicazione delle regole fino adesso ordinarie, tipiche, o non virtuali per chiamarle in qualunque modo.
Pretendere di ordinare giuridicamente internet comporta che si creino nuovi casi e nuove situazioni legali e la proliferazione della normativa su internet diventa complessa, ampia e con tendenze restrittive.

Il complesso mondo dei contratti si incrementa su internet per l’enorme diffusione dello strumento usato, come mezzo di comunicazione per concludere rapporti fra le parti. Da parte sua lo Stato comincia a fornire le norme di diritto imperativo con le quali pretende d’imporre il suo monopolio su internet, con la conseguenza di smentire e stravolgere la vera natura d’internet. Ovviamente non si pretende di lasciare internet senza un ordinamento giuridico, né potrebbe negarsi l’importanza del diritto su internet, ma sempre in un senso ampio e generale, di carattere internazionale, che permetta fluidità, garanzia, equilibrio tra le parti nel rapporto, e che indichi la legge applicabile nei confronti delle parti.

Questo non significa che gli Stati firmino accordi internazionali dove in modo generale si protegga qualunque materia, come è il caso del Trattato internazionale del 2001sul cybercrimen. Esso ha suscitato polemiche sul rispetto della “liberta digitale”, giacché veniva considerato, per il Consiglio dell’Unione europea, come un documento che tendeva a rafforzare la democrazia ed i diritti umani. Rodotà, allora presidente del Garante italiano della privacy e presidente dei Garanti europei, segnalò “che nuovi metodi di salvaguardia e polizia sono necessari, ma nei sistemi democratici la lotta alla criminalità non può mai sacrificare i diritti fondamentali" (vedi Cybercrimine/ Rodotà ferma la UE su Punto informatico).

Il trattato indica le misure legislative che dovranno essere adottate per consentire alle autorità competenti di "ordinare o ottenere la registrazione tempestiva di specifici dati informatici, incluso il traffico di dati, che siano stati archiviati da sistemi informatici, soprattutto laddove si possa ritenere che queste informazioni siano a rischio di perdita o modifica"

Il primo elemento che mette in pericolo la libertà/democrazia di internet è la proliferazione della produzione del diritto ,a fronte della necessità di rafforzare i diritti umani, lottando contro il terrorismo, la droga ecc. Il che fino a certo punto sarebbe logico, ma al tempo stesso va ricordato che esistono altri meccanismi fuori della rete per prevenire questi tipi di crimine. E’ sempre più facile reprimere che interpretare il diritto tenendo in considerazione il contesto nel quale si sviluppa.

Infatti secondo ACLU l’approccio del trattato in materia di crittografia solleva numerosi problemi in materia di "auto-incriminazione", una possibilità osteggiata dagli ordinamenti giuridici di molti paesi. Un imputato, infatti, in molti paesi non può essere obbligato a testimoniare contro se stesso e l'ACLU sostiene che una misura del genere contravviene dunque anche alla Convenzione europea sui diritti umani. "Questo trattato - spiega l'associazione americana per i diritti civili - dovrebbe affermare senza ambiguità che nessun utente debba essere costretto a fornire chiavi di cifratura o a decriptare i propri documenti".

Questo dimostra che la eccessiva produzione di regole giuridiche non riesce a tutelare i diritti soggettivi ed invece li può infrangere, e dal punto di vista della sovranità statale diventa una circostanza per la quale al fine di salvaguardare alcuni principi, si attribuisce un surplus di poteri.
Questo mi ha fatto ricordare il caso Francia contro Yahoo, dove fra altri aspetti di diritto internazionale privato si fa riferimento alla Primo Emendamento della Costituzione degli USA. Infatti la convenzione sul Cybercrime del 2001 è stata firmata da 30 paesi, insieme a Canada, Giappone, Africa del sud, ma gli USA hanno aderito solo per quanto riguarda i contenuti relativi alla pornografia infantile. Ma non per l’incitazione all’odio poiché questo sarebbe in contrasto con i principi del Primo Emendamento eviterebbe che si firmasse per essere in contrasto con i principi politici, sociali degli EUA (vedi El Derecho Internacional Privado en Internet ).

Logicamente non pretendo di prendere come esempio fatti come quelli che hanno dato motivo alla causa, ma voglio far notare l’importanza che riveste il firmare accordi o creare norme interne che possano lacerare diritti previsti nella Costituzione.
La libertà di manifestazione del pensiero è la liberta di dire e divulgare le notizie, opinioni, commenti ed ha un carattere fondamentale in quanto è la pietra angolare dell’ordine democratico, e più generalmente in quanto origine del modo di essere e dello sviluppo della vita di un paese in ogni suo aspetto, culturale, politico e sociale.

Oggi la produzione delle norme giuridiche che intendono controllare l’uso di internet è ampia: possiamo citare, solo a titolo di esempio, la legge 23 dicembre 2005 (legge finanziaria) in Italia in cui si vieta ai fornitori di connettività di rete a comunicarsi tra loro, vale dire quelli giochi di azzardo o scommesse. Altro aspetto che limita l’uso di internet è il paragonare la stampa cartacea, che risulta improponibile ed è all’origine di tante polemiche, diverse interpretazione e di violazione dei diritti fondamentali i come quelle previste nella costituzione italiana art 15, 21 .

Quando si pretende di affidare allo Stato la totale normativa su internet (metodo tecnologico di trasmissione del pensiero a distanza mediante l’impiego di un linguaggio computerizzato che veicola informazioni automatizzate) questa democrazia che ha permesso il suo sviluppo e che oggi fa sì che noi tutti siamo, secondo Time, il “personaggio dell’anno” potrà essere dichiarata oramai perduta.

Bibliografia
- Aurelio Gentili (professore ordinario di Istituzioni di diritto privato nell’università Ca’Foscari di Venezia) L’inefficacia del contratto telematico http://www.studiocelentano.it/lenuovevocideldiritto (Seconda parte)
- Livio Paladin, Diritto Costituzionale, pag. 623
 

 * Avvocato in Cuba

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