La piaga dello spam
di Giancarlo Livraghi* - 12.09.02
Il cosiddetto spamming non è un problema nuovo. Era noto, definito e
condannato vent'anni fa. Ma continua a imperversare e il problema si sta
aggravando. Il fatto curioso è che, mentre nella cultura "tradizionale"
della rete c'era generale concordia sull'inaccettabilità dello spam,
oggi c'è chi lo difende - soprattutto come strumento commerciale. Mentre è
evidente che un eccesso di invasività nell'uso dell'e-mail è un
danno per tutti - e in particolare per le imprese che svolgono attività
online.
L'invasione di spam è continuamente crescente e le iniziative per
frenarlo si sono rivelate, finora, inefficaci. Anche le "buone intenzioni"
dell'Unione Europea, che (con molto ritardo) dichiara di aver preso coscienza
del fenomeno e di volerlo contrastare, rimangono teoriche. Sembra molto
improbabile che provvedimenti restrittivi possano essere efficaci, mentre c'è
il palese rischio che il rimedio possa essere peggiore del male se anche questo
fosse un ennesimo pretesto per ingombri burocratici o interferenze con la
libertà della rete.
Intanto il malanno è ulteriormente aggravato da un particolare tipo di virus
che genera automaticamente una grande quantità di posta insensata e ingombrante
(si tratta di worm come "kletz", di cui avevo già parlato in un articolo dell'aprile 2002).
La soluzione del problema non è facile, ma è chiaro che si tratta
soprattutto di un fatto culturale. Non c'è sufficiente informazione fra le
persone sui danni dello spam e su come difendersi. E non c'è
sufficiente chiarezza nelle imprese sui motivi per cui questo comportamento deve
essere evitato.
Oltre a essere una mostruosa seccatura per chi lo riceve, lo spam
ormai è un marchio d'infamia per chi lo manda. È usato in prevalenza da
gente molto ambigua, compresi pataccari, truffatori e imbroglioni di ogni
specie. Credo che sia molto pericoloso per qualsiasi impresa (o persona) seria
confondersi con quella gentaglia.
Fra gli imbroglioni, naturalmente, ci sono i venditori di liste. Che
spudoratamente promettono di offrire liste "selezionate" o addirittura di
persone che "hanno accettato di ricevere" questa o quella cosa - quando
palesemente non è vero. Chi ci casca o è in malafede o è imperdonabilmente
cretino.
Ma se è ragionevole dire che sono sciocche e autolesioniste (oltre che
scorrette) le imprese che fanno spam non è accettabile che si trattino
con disprezzo le persone che lo ricevono. È un po' troppo facile dire «lo spam
è stupido e chi ci casca è scemo» (come fanno alcuni difensori di questa
pratica perversa). Conosco persone di notevole intelligenza, e non prive di
esperienza della rete, che sono cadute in ogni sorta di trappole - da "catene"
falsamente umanitarie a hoax di varia specie, cioè burle spesso innocue
ma talvolta pericolose, come le segnalazioni di finti virus. (Non tutto lo spam
è un tentativo di vendere qualcosa).
La definizione di spam, naturalmente, è soggettiva. Ciò che a una
persona sembra interessante o "perdonabile" per qualcun altro può essere
inaccettabile - e viceversa. Questo è uno dei motivi per cui i tentativi di
soluzioni "generiche" o "imposte" non funzionano (se non forse nel caso
degli imbroglioni e truffatori sistematici, che producono una parte importante
dello spam in circolazione, e che non sarebbe difficile identificare e
perseguire se ci fosse davvero la volontà di farlo). Comunque il principale
rimedio sta in una migliore diffusione della conoscenza del problema e in una
migliore capacità delle persone di difendersi da sole, secondo criteri di loro
scelta (e con strumenti, anche tecnici, che in parte esistono, ma potrebbero
essere molto migliorati).
Sarebbe utile anche che le aziende fossero più coscienti dei rischi che
corrono se si confondono con i pataccari e gli imbroglioni - o se si fanno
illudere da uno dei tanti venditori di liste fasulle.
Mi scuso (specialmente con i miei "lettori abituali") di essere tornato
su un argomento su cui scrivo da molti anni. Ma il fatto è che il problema
continua a esistere, anzi si sta aggravando. Non è una malattia "letale"
della rete ma è un'infezione perniciosa. Come sempre per questo genere di
malanni la premessa di ogni terapia è una più diffusa e chiara conoscenza del
problema.
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